Nell’analizzare il fenomeno sotto aspetti storici, è da ricordare il ruolo dei Pontefici del
secolo scorso, in primis quello di Eugenio Pacelli.
Il 13 marzo del 1946 Pio XII trattava la questione dell’immigrazione rivolgendo un
saluto a due personalità americane: il sig. Ugo Carusi, del Dipartimento della Giustizia,
Commissario per l’immigrazione e il sig. Howard R. Travers, del dipartimento di stato USA.
Il Papa precisava che, in un momento storico come quello che si viveva negli anni
difficili del primo ‘900, in cui l’America aveva offerto un generoso e ospitale asilo a genti di
altre terre, oppresse dalla tirannia, forzate dalla povertà o dalla persecuzione religiosa e
indotte a cercare la salvezza nell’esilio, era necessario tenere presente «non solo l’interesse
dell’immigrato, ma anche il benessere della nazione. Tuttavia non è esagerato – ne siamo
certi – se Ci ripromettiamo che nel processo della restrizione, non sarà dimenticata la
cristiana carità e la solidarietà umana esistente tra gli uomini, figli tutti di un unico Dio ed
eterno Padre. L’immigrazione può portare il suo contributo nella soluzione di uno dei più
gravi problemi dell’Europa, problema che è stato aggravato dalla inumana deportazione
forzata di popolazioni inermi ed innocenti».
Il Venerabile Pio XII è stato autore del primo documento pontificio sulla cura degli
immigrati: si tratta della costituzione apostolica “Exsul familia”, pubblicata il 1° agosto
1952 con cui si davano istruzioni in materia di assistenza spirituale dei migranti. Gran parte
del documento riguarda l’emigrazione italiana che era un fenomeno rilevante in quel tempo .
La “Exsul Familia” è considerata la Magna Charta della pastorale dei migranti, data
alle stampe pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e il Papa scelse tale titolo
per un esplicito riferimento alla “Sacra Famiglia di Nazareth” costretta dagli eventi storici a
vivere una migrazione forzata, in maniera uguale a quanto accadeva a molte famiglie italiane
nel secolo scorso.
«La situazione dell’Europa e del mondo, sette anni dopo la conclusione del sanguinoso
conflitto costato la vita – secondo le stime prevalenti – a circa 55 milioni di persone, per la
maggior parte civili, registrava ancora un numero elevato di sfollati di guerra». Ed è in tale
scenario di devastazione e di ricostruzione, segnato da forti movimenti di masse popolari, che
s’inserisce la costituzione apostolica di Papa Pacelli, colui «che quella guerra aveva cercato
di evitare per poi prodigarsi in favore delle vittime».
Pio XII aveva previsto una cura pastorale specifica, per i migranti, fino alla seconda
generazione. Il Papa ricorda gli ordini religiosi che, attraverso i secoli, si prodigarono per la
cura dei migranti e degli stranieri. Anche a Roma vennero istituiti appositi ricoveri e alloggi,
fin dall’VIII secolo, per disposizione pontificia.
Pio XII presenta Pio VI e Pio VII che accolsero gli emigranti nello Stato Pontificio. Poi
ancora Leone XIII, San Pio X e Benedetto XV. Passa inoltre in rassegna i Santi e i Beati che
spesero la loro vita nell’assistere gli stranieri, i profughi e gli apolidi.
La “Exsul Familia” ha orientato la politica relativa all’immigrazione di molti paesi
cattolici. La Chiesa ha intrapreso specifiche attività per l’assistenza di tutte le persone “in
movimento” e, proprio in questo, il documento di Papa Pacelli oggi continua a offrire un saldo
punto di riferimento. Questo è stato spiegato da Benedetto XVI (6) , nell’Udienza concessa ai
partecipanti al VI Congresso Mondiale della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati, tenutosi a
Roma nel 2009: «In effetti se il fenomeno migratorio è antico quanto la storia dell’umanità,
esso non ha mai avuto la grande importanza di oggi, a causa del numero e della complessità
dei suoi problemi. Esso colpisce ormai quasi tutti i paesi del mondo ed è parte del vasto
processo della globalizzazione» osservava Papa Ratzinger nell’accogliere i partecipanti al
congresso il 9 novembre 2009, presso la Sala Clementina.
Anche il magistero di Papa Francesco su migranti e rifugiati è particolarmente ricco;
sono numerosi i messaggi, le omelie e i discorsi che il Santo Padre ha voluto dedicare alla cura dei migranti. Chiari riferimenti allo stesso tema sono presenti anche nei documenti più corposi, quali le esortazioni apostoliche Evangelii gaudium (2013), Amoris laetitia (2016),
Gaudete et exsultate (2018), Christus vivit (2019), e l’enciclica Laudato si’ (2015).
In questi insegnamenti vengono ripresi e rivisitati alcuni temi già presenti nella Exsul
familia. Si tratta di elementi importanti della pastorale migratoria che il Santo Padre
reinterpreta e contestualizza nel mondo di oggi, nello spirito dell’aggiornamento auspicato dal
Concilio Vaticano II. È possibile evidenziare una coincidenza tra i contesti storici dei due
Pontefici, la quale è facilmente deducibile dal numero 99 della “Exsul familia”, dedicato a
spiegare la ragione dell’excursus storico del primo titolo; ciò appariva tanto più necessario in
questi nostri giorni, in cui la provvida attività della Madre Chiesa viene dagli avversari tanto
falsamente criticata, ignorata e contestata proprio su quel terreno della carità, che essa si trovò
per prima a dissodare e non di rado fu lasciata sola a coltivare. Tra le importanti azioni della
Chiesa a favore dei migranti, Pio XII non tralascia di annoverare le attività promosse da
Vescovi e Presbiteri per facilitare il processo di adattamento e le costruzioni di società conviviali. Facendo tesoro dei risultati delle più recenti scienze umane e sociali, Francesco preferisce parlare d’integrazione, «che non è né assimilazione né incorporazione, è un
processo bidirezionale, che si fonda essenzialmente sul mutuo riconoscimento della ricchezza
culturale dell’altro».
Il Papa ha sempre dichiarato di considerare l’integrazione tra migranti e autoctoni come
un elemento fondamentale per la costruzione di comunità veramente cattoliche.
Gli elementi illustrati sono sufficienti a evidenziare una chiara continuità nel magistero
dei due Pontefici. Rileva in maniera particolare nelle preoccupazioni pastorali esposte, nelle
raccomandazioni dirette ai diversi attori e nelle risposte operative abbozzate. Ancora una volta
si rivela l’estrema utilità di rifarsi alla tradizione della Chiesa per interpretare le sfide attuali
in ambito migratorio. Essa costituisce una vera miniera di riflessioni e intuizioni operative che
dovrebbero essere considerate attentamente per elaborare risposte pastorali adeguate ed
efficaci. Il fenomeno migratorio si caratterizza per un’estrema variabilità, imprevedibilità e
complessità. Tali connotazioni impongono una continua revisione delle letture tese a
individuare le sfide pastorali e le risposte che la Chiesa è chiamata a dare. Tanto Pio XII come
Papa Francesco si sono impegnati profondamente in questo esercizio di contestualizzazione e
aggiornamento, necessario per rendere più
profetica, adeguata ed efficace l’azione
missionaria della Chiesa per, tra e con i migranti.
Infine, anche se mai citati in modo esplicito, non è
difficile leggere tra le linee della Exsul familia i
quattro verbi cui Papa Francesco ha voluto
articolare il ministero tra migranti e rifugiati: “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”.
Quanto affermato nel punto Premura
nell’ospitalità ben può essere inteso come esplicitazione del primo verbo. I punti Preservare
dalle insidie e impegno contro la schiavitù si possono correttamente ascrivere al verbo
“proteggere”. Al verbo “promuovere”, poi, si può riferire il punto Azione di advocacy. Quanto
espresso come Impegno per l’integrazione può essere facilmente compreso come la
realizzazione dell’ultimo verbo.
Pertanto, anche ora nella situazione attuale globale, grandemente caratterizzata da una
diversità culturale, politica, economica, religiosa e sociale, dove il fenomeno migratorio
sollecita Paesi e Comunità internazionali a promuovere iniziative, la “Exsul familia” fornisce
delle risposte, indicazioni per cogliere le nuove opportunità.
Dott. Vincenzo Gaglione