Dopo il G7 in Germania, la conferenza della NATO a Madrid.
Con buona pace degli appassionati del “crepuscolo degli dei”, l’Europa è sempre nel centro del mondo.
Con l’Europa, c’è naturalmente la NATO, che è l’alleanza militare che la raccoglie ormai quasi completamente, e che rappresenta ormai un “unicum” nella storia militare. Mai prima d’ora infatti è esistita un’alleanza militare così longeva, coesa e dinamica. L’unico possibile precedente – per quanto distante nel tempo – è la “confederazione romano-italica” che riunì l’Italia alla vigilia delle Guerre Puniche: in quel caso però si trattava di un’organizzazione dove la preponderanza dell’alleato maggiore era tale da sovrastare quella di tutti gli altri membri in modo ben maggiore a quello con cui gli Stati Uniti prevalgono oggi sui propri partner. In realtà il bilanciamento fra le due sponde dell’Atlantico è assai delicato, ma l’esistenza della EU lo rende molto più equilibrato di quanto non fosse fra Roma e gli italici del I Secolo a.C. La NATO è il primo caso nella storia di un’alleanza politico-militare fra democrazie, strutturata e organizzata in maniera permanente per assicurare la difesa e la sicurezza militare di un’ampia regione del pianeta, secondo quanto previsto dal Capitolo VIII della Carta delle Nazioni Unite.
Se consideriamo l’effetto combinato di EU e NATO in prospettiva storica poi, non possiamo non osservare come l’intero continente europeo appaia ad oggi unito per la prima volta nella sua lunga storia. Sovrapponendo le Nazioni membro di entrambe le organizzazioni, incluse quelle con un processo di adesione in corso, scopriamo che non ci sono praticamente “buchi” sulla mappa a ovest della Russia. Irlanda e Austria sono gli unici Paesi significativi che pur essendo membri dell’EU non sono nella NATO, mentre Norvegia e Islanda pur essendo nella NATO non sono nella EU anche se ad essa sono associate insieme alla Svizzera. Alcuni Paesi balcanici sono ancora nel pieno del processo di avvicinamento al sistema euro-atlantico, e fra questi solo uno – la Serbia – rifiuta l’associazione alla NATO.
Restavano più ad est l’Ucraina e la Moldova, che venivano considerati “cuscinetti” fra la comunità euro-atlantica e il “mondo russo”; ma l’aggressione russa ha portato entrambe a stringersi il più possibile al sistema occidentale, portando con sé anche Svezia e Finlandia, da sempre orgogliosamente neutrali ma ormai convinte della necessità di fare blocco contro una minaccia immediata ed evidente.
Per coloro che si crogiolano nella contemplazione di un immaginario “crepuscolo degli dei”, la NATO sarebbe obsoleta e la EU in decadenza. Eppure il nostro continente non è mai stato più unito, coeso, omogeneo e scevro da conflitti interni prima di ora: il successo del sistema di alleanze di cui facciamo parte come fondatori, è sotto gli occhi di tutti. Mai il rischio di un conflitto interno all’Europa è stato così lontano.
Sembra strano affermarlo proprio oggi, quando tutti osserviamo angosciati le notizie provenienti dall’Ucraina, domandandoci se la guerra scatenata dalla Russia si possa estendere fino a noi… Ma è un fatto che l’aggressore potenziale non è mai stata così geograficamente distante. I carri armati più vicini del possibile avversario sono a Severodonetsk, oltre duemila e duecento chilometri da Gorizia.
Certo, ci sono i missili… Lo spauracchio dell’Olocausto continua a far paura: è così da ottant’anni ormai. Ma chi ha il controllo delle armi nucleari conosce bene i criteri del loro impiego e soprattutto le conseguenze di un loro uso effettivo: non verranno usate se non in caso di rischio esistenziale per uno dei contendenti, e nessuno sta mettendo a repentaglio l’esistenza della Russia… Né tantomeno dell’Occidente.
Con l’adesione della Svezia e della Finlandia alla NATO, con la crescita di prestigio del G7 allargato a Nazioni come Argentina, Sudafrica, India e Indonesia, con l’avvio dell’integrazione di Moldova, Ucraina e Georgia nella EU, l’Occidente non è mai stato così vivo e vitale… E la migliore dimostrazione di questo è come i suoi avversari – reali o presunti – adeguino il proprio comportamento ai criteri e ai modelli del sistema Euro-Atlantico.
La Cina ormai si riferisce direttamente alla NATO come ad una controparte diretta, riconoscendo come l’alleanza fra le due sponde dell’Atlantico non è mai stata più stretta, ed ormai ha raggiunto una maturità tale da proiettare la sua influenza a livello globale, associando a sé Paesi geograficamente distanti ma politicamente affini come Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud, tutti invitati alla Conferenza della NATO a Madrid. L’affermazione di Beijing secondo cui la NATO, dopo aver causato “disruption” in Europa si appresterebbe a fare altrettanto nella regione dell’Asia-Pacifico, al di là della definizione curiosa adottata (l’unificazione rappresenterebbe una “spaccatura”?), indica il riconoscimento di un’accresciuta capacità di proiezione e di influenza: non male, per un’organizzazione “obsoleta e decadente” …
La Russia risponde rassegnata alle adesioni a NATO ed EU limitandosi a riconoscerne l’ineluttabilità e a minacciare “risposte adeguate” da mettere però in pratica all’interno del suo territorio, il che naturalmente non fa una grande impressione a nessuno. Dopo aver minacciato fuoco e fiamme, ed aver dichiaratamente aggredito l’Ucraina proprio a causa del suo progetto di adesione alla comunità Euro-Atlantica, tutto quello che Putin può fare contro l’adesione dei Paesi Nordici alla NATO è avvisare che ogni dispiegamento di forze alleate in Finlandia avrà come risposta un analogo dispiegamento da parte russa a ridosso del confine. Ora, a parte che con la guerra in corso in Ucraina la Russia non dispone di alcuna risorsa aggiuntiva da dispiegare di fronte alla Finlandia, se pure questo avvenisse sarebbe nel pieno diritto della Russia e nessuno avrebbe alcunché da obiettare. Insomma, si tratta della minaccia di una pistola scarica, e pure arrugginita.
L’inaspettata aggressione russa all’Ucraina e l’appoggio ad essa fornita dalla Cina ha provocato un inaspettato ricompattamento dell’Occidente e la crescita di un modo di vedere la situazione mondiale come una contrapposizione fra democrazia e autoritarismo che in nessun modo fa il gioco della politica cinese.
A differenza della Russia, la Cina non è particolarmente ricca di risorse naturali: come l’Europa, le deve importare, e le paga con gli introiti delle sue massicce esportazioni in Occidente. Questo significa che l’economia cinese dipende completamente dal suo commercio aperto con Europa e America. Qualora le due sponde dell’Atlantico si trovassero unite nel limitare tale commercio, per Beijing sarebbe la catastrofe… E sempre a differenza della Russia, la Cina non dispone neppure di una seria capacità di ricatto nucleare.
In conclusione, la Cina si trova davanti ad uno scenario assai diverso da quello che aveva previsto a inizio anno: il suo maggior fornitore di materie prime e di deterrenza nucleare è invischiato in una guerra che ne sta erodendo la capacità economica e militare, e nel contempo i suoi principali partner economici e rivali geopolitici hanno unito le loro forze in quella che Beijing legge come una retorica di democrazia contro autoritarismo che pone lei stessa dalla parte dei “cattivi” in un mondo dove invece cercava di apparire come una potenza benigna e positiva.
L’ironia di tutto questo è che la Cina non ha fatto proprio niente per aiutare la Russia nella sua aggressione: anche se si è astenuta sulla mozione di condanna all’ONU e importa sottocosto parte di gas e petrolio precedentemente diretti in Europa, Beijing non ha fornito né denaro né una cartuccia a Mosca, ed ha anzi massicciamente disinvestito dall’economia russa in difficoltà. Ma nonostante questo si vede presa di mira da un Occidente non più disposto a fare sconti alle potenze autoritarie.
L’associazione con la Russia si sta rivelando un pessimo affare per la Cina, che vede ridotto il suo spazio di manovra e la sua stessa influenza nel proprio giardino di casa.
A livello geopolitico, l’aggressione all’Ucraina ha portato ad un rafforzamento dell’Occidente come non si vedeva da almeno cinquant’anni, ad un’erosione sostanziale della potenza e dell’influenza russa, e ad un indebolimento della posizione cinese nel mondo. In cambio ha prodotto un avvicinamento fra le due potenze autoritarie che la Cina non gradisce affatto per le conseguenze che potrebbe avere per le sue relazioni economiche con l’Occidente.
Davvero un bel risultato, quello dell’orso Vladimiro.
Orio Giorgio Stirpe