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Se a livello strategico ormai i giochi del conflitto appaiono sostanzialmente fatti, e la Russia ha perso ogni speranza di conseguire i suoi obiettivi dichiarati al suo inizio, assistiamo sul campo ad alcune contraddizioni che rendono difficile la lettura del conflitto a livello tattico.

 

Innanzitutto, la motivazione al combattimento, che ho citato più volte come il fattore fondamentale ignorato dalla pianificazione russa: è bassissimo nei russi, che subiscono perdite gravissime per guadagni minimi, ed è ancora piuttosto alto negli ucraini che continuano a difendersi con successo. Eppure in qualche modo i russi continuano ad avanzare, seppure in modo troppo lento per essere militarmente significativo.

 

I volontari che Mosca sta inviando al fronte per riempire i ranghi di un esercito decimato dalla resistenza ucraina sono anziani, male addestrati e con una possibilità molto maggiore di rimanere uccisi in combattimento rispetto alle truppe veterane, le quali dimostrano una propensione sempre minore a correre rischi in combattimento. Come riportato da numerosi media internazionali, centinaia di volontari provenienti dalle province più povere della Federazione arrivano ogni settimana sul campo di battaglia dopo una preparazione estremamente limitata e in alcuni casi senza nessun addestramento in quanto considerati già “pronti” a causa di esperienze maturate fino a vent’anni prima. Non ci sarebbero grandi ragioni ideologiche dietro il loro arruolamento: i soldati catturati dagli ucraini che sono stati intervistati spiegano che a spingerli è stata la mancanza di lavoro nei loro territori a fronte dello stipendio offerto.

Si può fare domanda di arruolamento direttamente al ministero della Difesa per l’esercito regolare, iscriversi alla Guardia nazionale russa (milizia detta “rozgvardia”, alle dipendenze del Ministero degli Interni), firmare con le milizie delle auto-proclamate repubbliche del Donbass dove però la paga è più bassa, oppure se si ha un’esperienza pregressa particolarmente appetibile, bussare alla porta dei mercenari del Wagner, che sono quelli che pagano di più.

Quello che sembrano avere in comune i diversi ingaggi però è l’immediata immissione in combattimento nella zona più “calda”, intorno a Severodonetsk, dove le perdite sono estremamente alte e i veterani appaiono riluttanti a rischiare troppo la pelle.

Questo sistema sembra spiegare l’apparente incoerenza di un settore dove le perdite appaiono sempre più elevate fra unità dal morale notoriamente scosso, ma anche dove l’offensiva sembra proseguire seppure a rilento e conseguire anche qualche successo tattico facilmente spendibile a livello propagandistico.

 

L’altra grande contraddizione riguarda la vulgata trionfalistica della propaganda russa – che è perfettamente naturale nelle sue condizioni di Paese in guerra – con la turnazione frenetica all’interno della catena di comando.

Abbiamo recentemente visto come il comandante delle forze di élite aviotrasportate (le famose VDV) sia stato sostituito; ma Gerasimov sembrerebbe intento a rivedere l’intera struttura delle forze d’invasione, che si configurerebbe come una vera epurazione degli alti ufficiali accusati dei fallimenti in Ucraina.

 

Gli stessi media russi hanno confermato che l’attuale capo di stato maggiore del Distretto Militare centrale (la Siberia), il colonnello generale Mikhail Teplinsky, sostituirà l’attuale comandante delle VDV, il colonnello generale Andrey Serdyukov. Fonti ucraine avevano già affermato recentemente che Serdyukov era stato rimosso a causa delle scarse prestazioni e delle alte perdite tra i paracadutisti. Ma ancora più interessanti sembrano alcune affermazioni contraddittorie sulla sostituzione dell’attuale comandante del Distretto Militare meridionale, il generale dell’esercito Alexander Dvornikov, da poco nominato da Shoygu quale comandante operativo delle forze d’invasione dell’Ucraina.

 

Di Dvornikov si era già detto circa un mese fa che il suo impatto fosse in realtà assai più scarso di quanto sperato da Putin, e la sua rimozione era già stata ventilata, soprattutto a causa della scarsa stima di cui godeva presso Gerasimov. Soprattutto la visita del Capo di Stato Maggiore al fronte – a cui sono seguiti numerosi interventi correttivi sulla direzione delle operazioni – aveva dato adito a commenti sui probabili cattivi rapporti fra i due alti ufficiali.

Ora, secondo informazioni non confermate ufficialmente, l’ex comandante delle forze aerospaziali Generale d’Armata Serghey Surovikin avrebbe sostituito Dvornikov, che potrebbe essere stato costretto al ritiro a causa del presunto alcolismo come comandante del Distretto Militare meridionale, la carica che deteneva precedentemente alla sua nomina quale Comandante Operativo.

Contemporaneamente, sempre secondo informazioni credibili ma non confermate, il Colonnello Generale Gennady Zhidko, capo della direzione politico-militare delle forze armate russe, sarebbe stato nominato – evidentemente al posto di Dvornikov – quale comandante delle operazioni russe in Ucraina, nonostante non provenga direttamente da un ruolo di comando. Zhidko attualmente dirige l’Ufficio del Ministero della Difesa russo responsabile del mantenimento del morale e del controllo ideologico all’interno dell’esercito russo, e quindi non proviene dalla sfera di potere di Gerasimov quanto da quella di Shoygu che è appunto Ministro della Difesa; questo indicherebbe l’ennesimo compromesso fra le posizioni piuttosto antitetiche fra i due principali rappresentanti delle Forze Armate russe.

Se entrambe queste operazioni di avvicendamento risultassero confermate, Dvornikov risulterebbe epurato già a due mesi dalla sua nomina a Comandante Operativo.

 

Un tale avvicendamento operazioni durante rappresenterebbe un intervento piuttosto drastico che indicherebbe una grave crisi di fiducia all’interno dell’alto comando russo e forse addirittura un intervento diretto da parte del Cremlino. Qualora confermate, questi improvvisi avvicendamenti all’interno della catena di comando dell’esercito russo contrasterebbero gravemente con l’immagine di una forza prossima ad un grande successo e indicherebbero una seria preoccupazione sulla condotta della guerra in corso da parte dell’orso del Cremlino.

 

Tanto la disponibilità a subire perdite molto elevate in cambio di guadagni tattici minimi da spendere in propaganda, quanto gli avvicendamenti frenetici lungo la catena di comando sono indicatori di un crescente disagio da parte dei vertici sull’andamento delle operazioni militari.

Un andamento che, a dispetto della propaganda e delle dimostrazioni di fede dei minions adoranti, continua ad allontanarsi sempre più dagli obiettivi strategici prefissi dall’orso Vladimiro: la probabilità che l’Ucraina possa essere “normalizzata” (cioè de-nazificata e amputata a piacimento) appare sempre più lontana, mentre una sua integrazione in Europa destinata a rafforzare l’Occidente è sempre più prossima.

Ancora una volta: complimenti all’orso Vladimiro…

 

Orio Giorgio Stirpe