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Ho volutamente aspettato un paio di giorni prima di commentare le ultime notizie relative al mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale contro Vladimir Putin: in questo modo molte delle cose più ovvie sono già state dette e i più sfegatati si sono già espressi, più o meno a proposito.

Io cercherò di ribadire brevemente l’ovvio e poi approfondire gli aspetti di interesse strategico, lasciando quelli giuridici agli esperti del settore.

 

Tanto per cominciare: il mandato di arresto NON fa legalmente di Putin un criminale di guerra. Ne fa un ricercato internazionale per crimini di guerra: non è la stessa cosa, in quanto il processo deve ancora essere celebrato e la presunzione di innocenza si applica a TUTTI. Se ci ergiamo a difensori della civiltà giuridica dobbiamo essere coerenti con noi stessi.

Questo naturalmente è un aspetto formale: a parte che la ICC (International Criminal Court) si muove solo in base a fatti molto consolidati, nel caso specifico le prove sul traffico di bambini sono inoppugnabili. L’accusato se ne è vantato in pubblico sui media di Stato russi e quindi sulla sussistenza del fatto non esistono dubbi; l’unico punto da discutere in aula è se il fatto costituisca o meno reato, visto che la difesa cercherà di dimostrare come l’intento fosse “proteggere” i minori… Tesi ardita ma comunque da confutare in aula e non su Facebook.

 

Quello che sorprendentemente NON ho letto finora nei commenti, è che il presente mandato di cattura fa riferimento solo ad UNO dei molteplici capi d’accusa in esame presso la Corte. Ne esistono molti altri, dai bombardamenti dei condomini delle aree urbane dell’Ucraina, a quello del Teatro di Mariupol fino ai fatti di Bucha, tutti tuttora sotto inchiesta e con la Procura intenzionata a richiedere l’autorizzazione a procedere. Su Bucha in particolare, l’analisi di numerosi inquirenti internazionali non lascia più dubbi sulla solidità delle accuse che si stanno formalizzando a L’Aia. Nuovi mandati di arresto sono estremamente probabili a breve, tanto nei confronti di militari e civili del Regime russo, che del suo Presidente.

 

L’obiezione portata da numerosi minions e sostenitori delle ragioni russe nel conflitto, secondo cui i Capi di Stato sarebbero immuni dall’azione della ICC, cade di fronte all’esplicito richiamo al fatto che tale immunità cessa di fronte all’accusa di genocidio. Cosa del tutto ovvia, visto che la mancanza di tale richiamo invaliderebbe le procedure del Processo di Norimberga.

 

Qual è la validità di un mandato di arresto contro il Capo di Stato di una superpotenza nucleare?

Secondo molti sarebbe nulla: secondo loro non riconoscendo la Russia la ICC sarebbe non valida, e non essendo ovviamente intenzionato il Regime a collaborare non potrebbe avere alcun effetto giuridico, anche in quanto secondo le regole vigenti il processo non può essere celebrato se non in presenza dell’accusato (i.e.: in contumacia).

In realtà l’effetto giuridico è comunque di prima grandezza, in quanto per l’appunto fissa un precedente: ANCHE il Capo di Stato di una superpotenza nucleare può essere perseguito per crimini di guerra. E questa dovrebbe essere una buona notizia anche per i critici del comportamento americano sulla scena globale (infatti per molti ambienti USA non si tratta affatto di una buona notizia).

Inoltre c’è sempre quel fenomeno di miopia di massa per cui l’opinione pubblica tende a leggere la situazione in termini di fotogrammi del momento, senza seguire l’andamento del film: ciò che non è possibile ADESSO, potrebbe facilmente diventare possibile DOMANI. Ricordo a tutti che il mandato d’arresto contro Milosevic fu sbeffeggiato da molti in base al fatto che naturalmente non avrebbe MAI potuto essere portato a termine… E alla fine furono le stesse Autorità serbe ad arrestarlo e a consegnarlo alla Giustizia internazionale, perché quello era l’interesse dello Stato serbo. Di fatto, il criminale di guerra Milosevic è morto in carcere a Scheveningen scontando la sua pena.

 

Naturalmente al momento l’arresto di Putin è un’eventualità remota. Però l’emissione del mandato ha conseguenze dirette.

La più immediata è la certificazione della sua condizione di paria internazionale: ora è ufficialmente un reietto nel mondo della diplomazia, e la maggior parte dei Paesi del mondo hanno l’obbligo giuridico di procedere al suo arresto e alla sua estradizione in caso lui ponga piede sul loro territorio. L’obiezione secondo cui molti di questi “non oserebbero” farlo, oltre a ribadire la natura essenzialmente mafiosa del suo potere, cade di fronte alla perdita di rispetto per la potenza russa a cui stiamo assistendo: la settimana scorsa per esempio il Kazakistan (!!!) ha proceduto al sequestro cautelativo del Centro Comando del Cosmodromo di Bajkonur in seguito al mancato pagamento delle compensazioni dovute da parte russa per i danni ambientali provocati dal fallito rientro in sicurezza di un razzo della Roscosmos. Difficile immaginare uno “-stan” prendere una simile iniziativa quando l’esercito russo incuteva ancora rispetto…

 

Il fatto che la ICC sia del tutto estranea agli USA, che non ne fanno neppure parte ed alla quale anzi si oppongono (per motivi simili a quelli della Russia), toglie fiato a quanti sostengono la versione russa di un mondo sostanzialmente ripartito fra America e Russia intenti ad un “grande gioco” sulla testa di tutti gli altri per contendersi le rispettive “colonie”. Non è infatti l’America ad opporsi al Regime russo, ma la comunità internazionale in quanto tale: la ICC è un organo dell’ONU e non della NATO, e il mandato di cattura è stato emesso il giorno dopo la diffusione di un altro rapporto ONU sulle violazioni russe del Diritto Internazionale commesse in Ucraina.

Il fatto che un numero elevato di Nazioni del “Sud del mondo” si astengano sulle mozioni di condanna alla Grande Assemblea indica le loro preoccupazioni interne, politiche ed economiche, non un sostanziale appoggio alla Russia in chiave anti-occidentale: se così fosse voterebbero “contro” come per esempio l’Eritrea, invece di astenersi.

 

Le conseguenze di questo mandato di arresto sono a medio-lungo termine. La sostanza dei fatti è certificare in maniera definitiva come per l’Occidente (e per larga parte del mondo intero) sia ormai impossibile tornare a ragionare con l’attuale Regime russo come si faceva PRIMA del 24 febbraio 2022: l’invasione è un punto di non ritorno nelle relazioni internazionali. Un fatto di una gravità e di una magnitudine tale da non consentire un accomodamento.

Questa consapevolezza non potrà che sedimentare all’interno della cerchia di potere del Regime, portando chi di dovere (sostanzialmente gli oligarchi) alla conclusione che Putin rappresenta l’ostacolo fondamentale alla ripresa di normali relazioni con il resto del mondo che conta per l’economia russa (e per la loro in particolare), e nel contempo che la sua rimozione potrebbe essere la soluzione ai loro problemi finanziari. Soprattutto nel momento in cui lo stesso Putin batte cassa da loro chiedendogli di finanziare ulteriormente la SUA guerra…

Separare gli oligarchi dal Regime è una condizione indispensabile per indebolire il Regime e portarlo al collasso SENZA provocare quello della Federazione intera.

 

In conclusione, sono costretto a tornare a quanto affermato ormai diversi mesi fa: l’unico modo per porre definitivamente fine al conflitto ristabilendo la pace e la legalità internazionale ed evitare un “conflitto bloccato” è un cambio di Regime che preveda la rimozione dell’orso Vladimiro.

Dal punto di vista russo, l’unico modo per assicurare la sopravvivenza del Regime è una vittoria sul campo, ma questa è ormai manifestamente impossibile e il massimo che si possa ottenere è appunto un “conflitto bloccato”, che lascerebbe la Russia sotto sanzioni e nelle umilianti condizioni di Paria internazionale. Impossibilitati a vincere sul campo e con la prospettiva dello stallo sempre meno attraente, l’idea di rimuovere Putin e scaricare su di lui tutte le responsabilità diventerà sempre meno peregrina per coloro che finora hanno prosperato sotto di lui.

La fine dell’orso si avvicina.

 

ORIO GIORGIO STIRPE