Ci sono segnali dal fronte di Bakhmut secondo i quali sembrerebbe che lo sforzo del primo scaglione tattico russo abbiano raggiunto il culmine senza ottenere lo scopo desiderato, che consiste nell’identificare e impegnare il punto debole della difesa avversaria.
Mentre ancora non si può essere sicuri che il gruppo di forze centrale del Donbass (quello appunto davanti a Bakhmut) abbia culminato, appare abbastanza evidente che questo limite sia stato ormai superato da parte del gruppo meridionale davanti a Vuhledar. In entrambi i casi sono ancora disponibili le forze del secondo scaglione tattico, quindi le cose sono tutt’altro che concluse, ma sicuramente l’offensiva non sta andando “secondo i piani” come lo Stato Maggiore russo continua a ripetere.
Più a nord il gruppo settentrionale continua a premere su Kremina, e qui ancora i segni di esaurimento dello sforzo appaiono meno visibili anche se non si vedono neppure cenni di cedimento delle difese ucraine.
Nel complesso, l’offensiva russa appare essere ancora nella sua prima fase, ma non appare avviata ad avere il successo sperato a Mosca.
Quali sono questi “segnali”?
Innanzitutto la scarsità di risultati ottenuti in rapporto agli sforzi effettuati – e alle conseguenti perdite subite – è indice di resilienza da parte dei difensori; lo è anche l’insistenza degli assalti da parte degli attaccanti, ma a fronte della scarsità dei risultati il difensore appare chiaramente avvantaggiato.
Il rateo di fuoco dell’artiglieria russa appare inferiore al previsto, perfino nel settore di Bakhmut normalmente meglio rifornito grazie al terminale ferroviario; questo può essere dovuto a diversi fattori, quali la minore disponibilità effettiva di munizionamento e il timore dell’arrivo anticipato dei razzi americani da 150 Km che può aver spinto ad un arretramento delle riservette, ma francamente ritengo che ci sia un’altra ragione più importante e meno considerata.
Abbiamo già discusso del fatto che l’esercito russo ha cambiato natura in seguito alle perdite gravissime di personale professionista e all’afflusso di grandi quantitativi di personale mobilitato con scarso addestramento, e questo è ormai appurato per quanto riguarda la fanteria, che infatti si dimostra sostanzialmente incapace di manovrare per reparti come all’inizio del conflitto; esiste però anche il fondato sospetto che il problema ormai abbia raggiunto anche l’artiglieria.
Se anche presso i gruppi di artiglieria di supporto diretto la metamorfosi del personale da professionista a mobilitato è in fase avanzata, la capacità dei serventi e ancor più quella dei Posti Comando di batteria sarà compromessa, e l’efficienza del fuoco ne risulterà gravemente ridotta.
Un’ulteriore ragione che spiegherebbe la ridotta efficacia dell’artiglieria russa, da associare direttamente alla precedente, potrebbe essere l’accresciuta capacità di controfuoco da parte degli ucraini.
In effetti il Comando Est ha vantato di aver raggiunto una sorta di “parità di capacità di fuoco” nel settore centrale del Donbas grazie all’afflusso di ulteriore materiale d’artiglieria e di munizionamento americano da 155mm, che se confermata e unitamente ai radar di controfuoco consentirebbe una capacità di rispondere al fuoco avversario superiore al passato. Questa capacità comporterebbe perdite gravi in termini di obici ma soprattutto di personale fra i russi, e questo a sua volta giustificherebbe l’afflusso di personale fresco e inesperto in rincalzo e quindi la riduzione nell’efficacia del tiro.
Queste brevi considerazioni sono un esempio del modo di analizzare la situazione a livello operativo, associando dati informativi a dati statistici e confrontandoli con la situazione in atto: si disegna così uno scenario e lo si confronta con gli sviluppi di situazione: se tali sviluppi coincidono da quanto ci si aspetterebbe nel quadro dello scenario stesso, questo ne risulta confermato.
La riduzione del rateo di fuoco da parte dell’artiglieria è una pessima notizia per i russi, visto che si tratta del suo fattore più importante nella manovra di assalto frontale condotta finora. Il fatto poi che sia riscontrato in particolare nel settore centrale (quello più prossimo al famoso terminale ferroviario) è ancora più grave.
Se il primo scaglione dovesse effettivamente culminare prima di aver conseguito il suo obiettivo – individuare e ingaggiare il punto debole della linea avversaria – questo obbligherebbe i russi ad impegnare anticipatamente il secondo scaglione per sostituire il primo oppure per alimentarlo, riducendo così le possibilità di poter successivamente sfruttare con esso l’eventuale varco nelle difese (ammesso che si riesca ad ottenerlo).
Che dire dei risultati finora ottenuti a nord e a sud di Bakhmut?
La difesa ucraina in tale settore appare effettivamente tuttora ancorata al centro abitato, ma è sostanzialmente una difesa elastica, condotta con largo impiego di unità meccanizzate. Nell’abitato e sulle colline che lo dominano le fortificazioni sono presidiate da fanteria leggera, ma le linee che raccordano queste posizioni fisse sono difese da reparti montati su veicoli da combattimento corazzati (appunto la fanteria meccanizzata), il cui metodo di combattimento è dinamico per definizione e prevede normalmente la cessione di terreno non fondamentale in cambio di attrito ai danni dell’avversario: fintanto che il difensore non è costretto a cedere posizioni fondamentali da difendere “a tempo indeterminato”, ma si limita a flettere le linee che le collegano fra loro, sta semplicemente conducendo la sua manovra volta ad assorbire e annullare poco alla volta il potenziale offensivo del nemico.
È quanto avvenuto finora intorno a Bakhmut.
Il segnale più evidente che le difese ucraine non siano per il momento sottoposte ad uno stress eccessivo è rappresentato dal fatto che le sostanziose forze corazzate in riserva dietro al fronte non sono ancora state immesse in combattimento; nel contempo, la continua rotazione delle unità in prima linea – resa possibile dalla disponibilità di forze per difendere un fronte relativamente ristretto – assicura che le linee di difesa siano ancora sufficientemente solide e “fresche”.
Naturalmente, quanto lo scenario che ho qui descritto corrisponda alla realtà, lo vedremo già nei prossimi giorni: coloro che leggendolo mi tacceranno di “wishful thinking” dovranno portare solo un po’ di pazienza. Nel frattempo, un consiglio: se sentirete della cattura di questa o quella località dal nome poco familiare, andate a cercarla su Google Maps; probabilmente scoprirete che corrisponde a due case abbandonate o al famoso “numero civico” a cui facevo riferimento negli ultimi post… Il famoso terreno che la fanteria meccanizzata cede nell’ambito della sua manovra difensiva dinamica.
Mentre attendiamo conferme o smentite di questo scenario, riceviamo conferme su quanto affermato nei post precedenti circa il forte degrado qualitativo delle unità di manovra russe in seguito alla mobilitazione, dovuto alla sostituzione dei soldati professionisti con personale mobilitato male addestrato e soprattutto alla carenza di Quadri capaci di guidarli in combattimento.
Risulta infatti ormai accertato come l’impiego dei “BTG (Battalion Tactical Groups)” quali pedine di manovra sia cessato del tutto, e come i russi siano tornati alla manovra per Reggimenti costituiti da più battaglioni. Questo significa formazioni molto più grosse, pesanti e rigide, meno capaci di manovrare e di reagire, meno reattive agli ordini ma anche più semplici da comandare fintanto che gli ordini sono molto semplici; formazioni soprattutto più facili da colpire in quanto più addensate e dai movimenti prevedibili.
Si tratta di un’involuzione classica, in quanto un reggimento di oltre mille uomini richiede in proporzione meno ufficiali per essere comandato rispetto a due battaglioni indipendenti di cinquecento ciascuno, e soprattutto la Brigata (o la Divisione) che lo controlla deve dirigere una manovra molto meno sofisticata e che richiede quindi meno personale nello Stato Maggiore, e professionalmente meno capace.
Insomma: siamo di fronte alla conferma che l’esercito russo è tragicamente a corto di Quadri giovani (capitani, tenenti e sergenti) per comandare le minori unità (compagnie, plotoni e squadre), e quindi anche per servire nei Comandi di brigata che queste unità devono dirigere.
Un esercito in queste condizioni non può vincere…
(“Ma questi problemi li avranno anche gli ucraini…” No, non li hanno: infatti loro manovrano ancora per battaglioni e non per reggimenti).
Orio Giorgio STIRPE