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A quanto abbiamo avuto modo di vedere, la strategia di Kyiv in risposta alla campagna di bombardamenti contro l’infrastruttura civile ucraina prevede – oltre al rafforzamento costante della difesa aerea – attacchi mirati in profondità alle basi militari russe oltre che a ponti e ferrovie, cioè all’infrastruttura militare che supporta lo sforzo bellico russo.

Possiamo aspettarci a questo punto che la pianificazione del Targeting ucraino sia dettagliata, flessibile, a lungo termine e programmata in base ad un calendario che consente da un lato di erodere sistematicamente le capacità russe e dall’altro di rispondere con forza agli attacchi nemici in modo da sostenere non solo la spinta militare ma anche il morale del fronte interno e degli alleati occidentali.

 

Questa strategia ha un ulteriore ritorno positivo: in seguito agli attacchi ucraini, che sorprendentemente non hanno incontrato alcuna resistenza da parte della difesa aerea russa, Mosca sarà probabilmente costretta a richiamare nelle retrovie parte degli assetti contraerei che aveva precedentemente spinto in avanti a ridosso del fronte per annullare la minaccia aerea convenzionale ucraina.

Se questo probabilmente renderà più difficile continuare a colpire in profondità con droni a lungo raggio, consentirà all’aviazione ucraina di riprendere a sostenere le operazioni militari terrestri; questo diventerà particolarmente significativo nel momento in cui le forze aeree ucraine riceveranno finalmente aerei occidentali con cui contrastare quelli russi e possibilmente stabilire una superiorità aerea locale lungo gli assi di attacco che saranno identificati per la controffensiva dell’anno prossimo.

 

Insomma: la strategia ucraina è ben delineata, e sembra rispondere alle esigenze militari del Paese.

Ma qual è la posizione occidentale in merito?

I cosiddetti Media mainstream e i social tendono ad enfatizzare notizie che sembrerebbero indicare una certa ritrosia occidentale – e in particolare americana – nel sostenere la strategia di attacchi in profondità. Si tende ad enfatizzare la scelta americana di limitare la gittata operativa degli HIMARS, di rifiutare la consegna degli ATACMS e adesso anche di “non approvare” gli attacchi alle basi aeree.

Sembrerebbe quasi che l’America – e quindi la NATO – spinga per una moderazione negli attacchi e quindi anche per un “ammorbidimento” della posizione negoziale del Governo di Kyiv.

Le cose stanno diversamente.

 

Ovviamente esiste una spiccata tendenza dell’ampio fronte “pacifista” occidentale (lo stesso che invoca la sospensione delle consegne militari all’Ucraina come strumento per ridurre la violenza e avvicinare un armistizio) a leggere ogni più piccola notizia come una conferma della realizzabilità dei propri desideri.

Si tratta dello stesso meccanismo per cui quando il Generale Milley afferma (giustamente) che non è probabile che l’Ucraina vinca sul campo “in tempi brevi”, le ultime tre parole vengano “dimenticate” nelle citazioni e si arrivi a spiegare alla gente che l’America sarebbe irritata con Zelensky per la sua testardaggine nel reclamare indietro tutti i propri territori occupati e che starebbe facendo pressione per porre fine al conflitto con un accordo di pace che preveda un compromesso.

Il bello è che si tratta delle stesse persone che in altri momenti sostengono come la guerra converrebbe “solo all’America”, e che l’Europa ne sarebbe la vittima assieme all’Ucraina e alla stessa Russia (che in qualche modo sarebbe stata “indotta” all’attacco). Ora ovviamente non si capisce perché, se l’America si stesse effettivamente avvantaggiando dal conflitto, dovrebbe impegnarsi per porvi fine irritando i suoi alleati.

Al di là di questa chiara contraddizione da parte del fronte pacifista, rimane però il dubbio su quale sia il punto di vista americano e NATO circa la strategia ucraina.

Per rispondere a questo dubbio, forse occorrerebbe andare a rivedere un momento gli ultimi principali eventi internazionali e le dichiarazioni diplomatiche più significative di fonte occidentale.

Fra questi spicca clamorosamente la dichiarazione della Federazione Russa quale “Stato sponsor del Terrorismo”, approvata dalla EU, dagli Stati Uniti, dal G7 e da altri Paesi alleati quali Australia e Nuova Zelanda. Ancora più indicativo è lo sforzo occidentale – e in particolare europeo – per la costituzione di un Tribunale Internazionale “in stile Norimberga” in seno all’ONU per perseguire i crimini di guerra verificatisi in Ucraina. Il fatto poi che queste due iniziative occidentali abbiano avuto luogo all’indomani della Conferenza del G-20 di Bali dove la Russia è stata largamente emarginata, mette ulteriormente in evidenza la portata dei progetti americani ed europei nei confronti della Russia.

L’Occidente ha chiuso con Putin e con il suo Regime. Definitivamente.

 

Una volta sostanzialmente dichiarato l’attuale Governo russo “sponsor del terrorismo” ed essersi sbilanciato al punto di richiedere la prosecuzione per crimini di guerra dei suoi agenti in Ucraina, è evidente che America ed Europa hanno convenuto di non poter più tornare ad un “business asusual” con Putin e la sua cricca.

Poiché però la Russia rimane una superpotenza nucleare, non è nemmeno pensabile che si possa pensare di “emarginarla” alla stessa stregua della Corea del Nord.

Se però si vuole avere relazioni con la Russia senza averne con il suo attuale Regime, se ne conclude che l’Occidente ha ormai irrevocabilmente stabilito di puntare ad un cambio di Governo a Mosca: quel “Regime Change” di cui abbiamo cominciato a discutere anche noi non molto tempo fa.

 

Del resto, stante la situazione attuale, la rimozione di Putin dal potere in Russia rimane l’unica possibile via di uscita da un conflitto nel quale la difesa a spada tratta del Diritto Internazionale – e quindi dei diritti sacrosanti dell’Ucraina –rimane irrinunciabile.

Poiché le condizioni primarie dell’Ucraina e dell’Occidente coincidono in questo, e sono inconciliabili con quelle russe che reclamano delle concessioni territoriali, se ne conclude che una mediazione è impossibile: infatti nessuno al mondo appare disposto a tentarla.

Rimane quindi solo la soluzione militare. Nell’ormai acclarata impossibilità di una vittoria militare russa (non tornerò qui a spiegare questa impossibilità tecnica), rimane la sola soluzione di una vittoria militare ucraina, che per essere raggiunta richiede il sostegno occidentale.

Da quanto sopra si deduce che l’interesse occidentale sia facilitare il successo militare ucraino nella maniera più sicura ed efficace possibile. Non è quindi ragionevole pensare ad un tentativo americano di “contenere” gli ucraini e di voler “ammorbidire” le loro posizioni, perché questo allungherebbe solo il conflitto aumentandone i costi.

Ottenere la vittoria in maniera SICURA ed EFFICACE però ha diverse implicazioni.

 

Gli Stati uniti hanno la responsabilità di mantenere la sicurezza nucleare planetaria, e questa responsabilità ha la precedenza su tutto. In quest’ottica va vista la ritrosia americana a fornire armamenti AMERICANI capaci di colpire obiettivi strategici in territorio russo. Sempre in quest’ottica va vista la puntualizzazione che questi attacchi in profondità vengono eseguiti su iniziativa ucraina e con armi ucraine. Anche perché l’Ucraina è una Nazione sovrana e non uno Stato fantoccio, e dispone di una sua capacità militare di tutto rispetto con cui operare con efficacia, a dispetto di quello che a Putin piaccia pensare.

Il rischio di escalation nucleare è basso, e tale occorre che rimanga: anche a costo di deludere alcune legittime aspettative di un alleato.

Circa poi l’effetto strategico da ottenere sulla Nazione russa, ne abbiamo parlato nel post precedente: è fondamentale impedire che la popolazione russa attraversi la stessa “soglia del dolore” che la violenza nazista nel 1941 la portò ad abbracciare Stalin pur di salvare la Patria in pericolo. Bisogna quindi che la popolazione assista all’umiliazione crescente del Regime senza essere colpita direttamente, in modo da scollarsi sempre di più da esso e lasciarlo infine cadere da solo.

 

Gli attacchi in profondità alla Russia da parte ucraina sono quindi parte di una strategia comune, organizzata e condotta dall’Ucraina ma concepita nell’ambito della stretta cooperazione che Kyiv ha con Washington e con Bruxelles, con lo scopo ultimo di giungere ad un “Regime Change” a Mosca.

Devono però svolgersi con mezzi e modalità tali da non ricompattare la Russia intorno all’orso Vladimiro, e da rendere possibile la prosecuzione dello sforzo occidentale nel sostegno militare ed economico dell’Ucraina con il pieno concorso di un’opinione pubblica giustamente sensibile alle istanze umanitarie e del Diritto Internazionale.

 

Orio Giorgio Stirpe