Come quasi ogni altro militare professionista italiano, ho sempre avuto un debole per le “Sturmtruppen” di Bonvi
Per essere uno che non ha mai fatto il soldato, bisogna dare atto a Franco Bonvicini di aver centrato quasi tutte le nevrosi tipiche della vita militare con una precisione psicologica davvero notevole. Naturalmente molti dei moti di spirito contenuti nelle strisce di Bonvi fanno particolare riferimento al periodo delle Guerre Mondiali, ma molti altri trovano ancora riscontro al giorno d’oggi e la satira che le guida è sempre un ottimo vaccino contro il rischio da parte nostra di prenderci troppo sul serio.
Recentemente però, cercando di rispondere alla domanda di un interlocutore ancora convinto che Putin sia nonostante tutto un grande statista, mi sono trovato quasi d’incanto a rivedere una “striscia” in particolare.
La domanda sostanzialmente verteva sul fatto che, anche se le ultime decisioni dei Vertici russi apparivano del tutto prive di senso, sicuramente questo doveva dipendere dal fatto che “i russi ragionano in base a criteri diversi dai nostri”, e che pertanto “doveva necessariamente esserci un buon motivo” per quello che invece a me appariva semplicemente un errore madornale.
La “striscia” che mi era tornata alla mente mostrava due “soldatinen” ormai a mal partito nella loro “buken” sotto attacco, che si dicevano però convinti che i loro superiori sapessero cosa stavano facendo, e che sicuramente da un momento all’altro sarebbero stati soccorsi e il “nemiken” sarebbe stato messo in fuga. La vignetta successiva mostrava un campo allargato fino alla tenda sotto cui gli “uffizialen” disperati tenevano una seduta spiritica invocando lo “Spiriten di von Clausevitz”.
Pochi giorni più tardi, dopo che la Russia aveva annunciato la mobilitazione parziale, si è effettivamente avuto notizia del grande raduno degli sciamani di tutta la Federazione per invocare la protezione degli spiriti sulle Forze Armate russe…
La caustica striscia di Bonvi mi ha però rimandato con la sua ironia ad una riflessione seria. Perché da una parte siamo sempre portati a ritenere che i NOSTRI Vertici siano costituiti da perfetti incompetenti, mentre quelli altrui dovrebbero essere sempre presidiati da gente che sa quello che fa? Perché per metà degli italiani tutto quello che fa Biden è o stupido o rivolto a nostro danno, mentre tutto ciò che fa Putin dovrebbe necessariamente essere giustificato e dipendere da un piano ben preciso?
Questo non vale solo per i minions e per i tifosi sfegatati della Russia: anche moltissime persone perfettamente obiettive vivono nella convinzione che se Putin decide di fare una cosa, sicuramente è perché sa quello che fa.
Ma siamo veramente sicuri che sia proprio così?
L’aggressione all’Ucraina sembra dimostrare l’esatto contrario.
Putin ha ordinato un’invasione in massa nella certezza di un rapido successo (certezza dimostrata dal fatto che i soldati russi entrando in Ucraina avevano al seguito le uniformi da parata), e nella convinzione che l’Occidente non avrebbe reagito a causa delle sue divisioni e della dipendenza europea dal gas russo.
L’autocrate del Cremlino (i minions si offendono se lo chiamo “lo zar”) non era solo convinto che gli ucraini “non avrebbero combattuto”, ma anche che i russi mandati a invadere il loro vicino fossero tutti professionisti e che fra loro non vi fossero militari di leva… Il che significa anche che non era del tutto consapevole della composizione esatta del personale delle sue stesse Forze Armate.
Quando le perdite hanno cominciato a montare, tanto nel personale che nei mezzi, il grande leader russo ha disposto di reclutare volontari con ottime paghe e di attingere ai famosi depositi dell’ex-Armata Rossa, chiaramente ignorando la scarsa propensione dei russi di oggi per una vita militare di per sé poco attraente di norma e a maggior ragione in tempo di guerra (c’è una ragione se il personale non era tutto professionista e la Russia ricorreva ancora alla leva per cercare di riempire i ranghi), e anche ignorando le condizioni dei materiali bellici stipati nei famosi depositi.
In occasione dei primi rovesci ha ordinato rappresaglie apocalittiche da effettuare impiegando le suo potenti “forze aerospaziali”, immaginando flotte di bombardieri e sciami di missili di precisione andare a distruggere i gangli vitali delle città nemiche, senza avere una chiara idea delle pessime condizioni reali dell’aviazione e del numero disastrosamente basso delle scorte di missili moderni effettivamente disponibili.
Quando poi le sconfitte sono diventate davvero cocenti indicando l’avvenuto passaggio dell’iniziativa agli ucraini, lo zar (pazienza se i minions si offendono, ma ho finito i sinonimi) ha dovuto studiarsi un altro modo per alzare la posta e mostrare al mondo la sua collera per mezzo di un’escalation.
Scartata per ovvie ragioni l’ipotesi nucleare (alla quale ormai credono solo più i pacifisti italiani ma di cui nel resto del mondo si parla ben poco se non per ribadire come questa sia impraticabile), alla fine Putin ha optato per la mobilitazione.
Siccome moltissimi consiglieri lo avevano messo in guardia contro i problemi che questa avrebbe comportato a fronte degli scarsi vantaggi che avrebbe potuto portare, ha optato per una soluzione “all’italiana”: una mobilitazione “parziale”. In sostanza non ha chiamato alle armi le classi più giovani ma solo quella prevista per quest’anno, e in più ha fatto richiamare trecentomila uomini che il servizio militare lo avevano già fatto.
Probabilmente pensava che fosse possibile scegliere quei trecentomila con un minimo di criterio selettivo, richiamando i più idonei fra quelli con le specializzazioni più necessarie nell’ambito delle classi più recenti. Naturalmente evitando di colpire troppo le città e le regioni più produttive e pesando maggiormente su oblast e repubbliche maggiormente arretrate…
Di fatto, il sistema di mobilitazione russo si è rivelato del tutto incapace di assolvere il compito, e la mobilitazione si è trasformata in un incubo che ha messo in fuga la gioventù più colta e produttiva, ha colpito le categorie più diseredate, e alla fine ha obbligato a rastrellare la gente all’uscita delle metropolitane per raggiungere le quote previste.
Putin si illudeva che lo spirito patriottico russo fosse ancora quello degli anni ’40… Ma evidentemente si sbagliava anche qui.
Naturalmente esistono ancora ampie fasce di popolazione dispostissime a sacrificarsi per la Patria, ma senza l’entusiasmo patriottico che l’autonominato erede di Pietro il Grande si sarebbe aspettato; esistono poi anche ampie fasce che nutrono sicuramente sentimenti nazionalisti, ma che preferiscono coltivarli davanti alla televisione gustandosi gli eroismi altrui. Soprattutto esistono anche quelle fasce che invece tutto questo entusiasmo non solo non lo provano, ma non lo capiscono neppure; purtroppo per Putin queste ultime sono particolarmente visibili fra le classi che vanno dai 18 ai 25 anni: quelle richiamate in servizio.
La propaganda russa è uno strumento efficace e formidabile: così efficace da aver convinto gli stessi Vertici del Regime. Ma non abbastanza formidabile da iniettare fervore patriottico in richiamati che non hanno voglia di farsi ammazzare.
La mobilitazione, nonostante tutto, avrebbe potuto ancora funzionare se fosse stata organizzata da personale istruttore idoneo, in aree addestrative funzionali ed equipaggiando i richiamati in maniera accettabile: la propaganda avrebbe rinvigorito lo spirito dei richiamati, l’esercito li avrebbe addestrati a dovere e la loro immissione in combattimento avrebbe potuto avere l’impatto desiderato.
Purtroppo per Putin, nessuna di queste condizioni è stata raggiunta.
La mobilitazione si sta rivelando una sorta di boomerang che arriva a colpire il morale della popolazione che finora aveva retto abbastanza bene a dispetto delle avversità, senza apportare per il momento alcun visibile sollievo alle Unità al fronte.
Francamente non credo affatto che l’orso Vladimiro sappia quello che fa. Originariamente credeva di saperlo, e dopo aver visto crollare i suoi castelli di carte all’impatto con la realtà cruda della guerra, è ormai ridotto a tenere la sua seduta spiritica al Cremlino, invocando lo “spiriten di Pietro il Grande”… O magari quello di Stalin.
Orio Giorgio Stirpe