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Restando nel campo dei “Cigni Neri” e tralasciando le ipotesi “nucleari” di cui abbiamo già ampiamente discusso e che continuano a non essere – checché ne dica Medvedev nei suoi sproloqui sempre più sconclusionati – all’ordine del giorno, vediamo di esaminare più da vicino quella di un potenziale intervento da parte dell’unico Paese al mondo che potrebbe avere un qualche interesse a farlo, e una certa capacità per effettuarlo. Parliamo quindi di un eventuale intervento cinese.

Ci tengo a precisare: considero l’eventualità di un intervento della Cina nel conflitto ucraino come ESTREMAMENTE improbabile. Le conseguenze di un evento simile sarebbero economicamente devastanti per il mondo intero, ma soprattutto per Beijing.
Xi Jinping è profondamente irritato con Putin per il suo avventurismo che ha sostanzialmente ricompattato l’Occidente come non si vedeva da decenni, e lo ha fatto proprio quando la Cina cominciava a vedere qualche risultato nella sua strategia di separare l’Europa dall’America cercando di porre in evidenza gli interessi economici contrastanti fra le due sponde dell’Atlantico. Ancora peggio, Putin ha offerto all’Occidente l’opportunità di sperimentare una politica “muscolare” in termini di sanzioni, e di creare un precedente operativo che non solo si sta dimostrando progressivamente sempre più efficace, ma soprattutto potrebbe essere applicato nuovamente con una maggiore prontezza ed efficacia qualora se ne ripresentasse la necessità: per esempio, proprio contro la Cina.

A differenza della Russia, che è un Paese esportatore di materie prime, la Cina è un importatore netto: in questo, assomiglia assai più all’Europa che non alla Russia o agli Stati Uniti, che un regime di autarchia per un certo periodo possono anche provare a permetterselo (gli Stati Uniti potrebbero anche farlo durare relativamente a lungo).
La Cina importa un po’ tutto: energia, materie prime industriali e perfino cibo. Finanzia le sue importazioni con il ricavato delle esportazioni, che avvengono in massima parte verso l’Occidente. Qualora l’Occidente decidesse di applicare contro la Cina lo stesso genere di sanzioni imposte alla Russia, bloccando tanto l’importazione di prodotti finiti cinesi quanto l’esportazione di materie prime e di tecnologia avanzata, sia l’America che l’Europa soffrirebbero assai più che nel caso attuale, in quanto una larghissima fetta di materiali di consumo e anche di prodotti tecnologici provengono dalla Cina. La recessione sarebbe assicurata, e moltissime compagnie rischierebbero la chiusura… Ma non sarebbe niente in confronto alla catastrofe che colpirebbe la Cina: il blocco degli introiti per le esportazioni occidentali bloccherebbe completamente la possibilità di effettuare acquisti all’estero di materie prime essenziali, primi fra tutti gas e petrolio, ma anche cibo. L’intera economia cinese collasserebbe, molto più rapidamente del lento strangolamento cui assistiamo in Russia, e le rivolte contadine sarebbero assicurate.
Per assurdo, la Cina preferirebbe uno scontro militare con l’Occidente ad uno economico: da quello, potrebbe difendersi molto più a lungo.

Il fatto che l’Occidente abbia dimostrato la volontà di accettare sacrifici economici per sostenere l’Ucraina contro la Russia indica che la probabilità che questo avvenga anche nei confronti della Cina – che gode di simpatie assai minori tanto in Europa che in America rispetto alla Russia – sarebbe assai elevata.
Xi Jinping ha quindi ragione di essere irritato con Putin. Infatti da quanto assistiamo, la Cina si è limitata ad esprimere un generico sostegno alle istanze russe, senza fornire alcun aiuto economico o tantomeno militare, e mantenendo una sostanziale neutralità anche all’ONU dove il rappresentante cinese continua ad astenersi ad ogni votazione piuttosto che votare assieme al collega russo.
La sostituzione di Xi Jinping al Congresso del Partito Comunista cinese che si tiene in ottobre non è affatto probabile: a dispetto del rallentamento economico, la posizione del Presidente cinese rimane piuttosto forte, ed ha buone probabilità di essere rieletto.
Qualora non lo fosse, è altamente improbabile che il suo successore risulti più filorusso di lui; anzi è più probabile il contrario, proprio alla luce delle considerazioni precedenti.
L’interesse fondamentale della Cina è rappresentato da condizioni favorevoli al libero commercio a livello globale; e questo implica assenza di conflitti ad alta intensità e rapporti distesi con l’Occidente che è il suo partner commerciale di gran lunga prevalente.

Detto questo, e tornando ai “cigni neri”, quali potrebbero essere le opzioni cinesi per supportare in maniera consistente la Russia, ad un livello tale da invertire il corso della guerra in Ucraina?

Accettando un pesante contraccolpo economico provocato da sanzioni occidentali magari ridotte, la Cina potrebbe fare un grosso prestito economico alla Russia, rendendole possibile finanziare più a lungo il suo sforzo bellico; accettando sanzioni anche più pesanti, potrebbe esportare in Russia equipaggiamenti militari in quantitativo tale da compensare almeno in parte le perdite subite dai russi in combattimento e non ripianabili a causa del blocco delle forniture militari da parte dell’industria pesante frenata dalle sanzioni occidentali.
Entrambe queste iniziative però oltre a provocare come detto un danno esiziale all’economia cinese, avrebbero comunque vita breve: tanto il sostegno economico che quello industriale non potrebbero protrarsi a lungo una volta che la Cina stessa si trovasse sotto sanzioni, e il materiale bellico cinese disponibile per l’esportazione è comunque limitato.

Addentrandoci ulteriormente nel reame della fantapolitica, proviamo ad immaginare un intervento militare cinese, magari affidato a “volontari” come ai tempi della Corea.
Militarmente, la Cina manca di quella che si chiama “capacità di proiezione”. Si tratta di quell’insieme di capacità di ricognizione avanzata, di Comando e Controllo, di trasporto strategico e di logistica a lungo raggio che consente ad un apparato militare di inviare forze ad operare a grandi distanze dalla madrepatria, e soprattutto di sostenerle per tempi prolungati in Teatro.
La Russia dispone di una limitata capacità in tal senso: lo abbiamo visto con il suo intervento in Siria, che pure è risultato essere piuttosto limitato. In sostanza la Russia è stata in grado di mantenere operativi nel Teatro operativo siriano forze aeree e terrestri sufficienti a supportare i suoi alleati contro un avversario asimmetrico che operava a livello insurrezionale e niente più.
La Cina manca anche di questa capacità limitata.
Per intenderci: la Cina dispone di forze armate perfettamente in grado di difendere il proprio territorio praticamente da qualsiasi avversario, e di operare a partire da esso oltre confine per una certa profondità… Ma sempre e solo assicurando il sostegno logistico a partire dalle basi situate sul territorio nazionale.
Qualora la Cina decidesse di inviare “Brigate di volontari” a combattere al fianco dei russi in Ucraina, in numero tale da sovvertire il rapporto di forze esistente al momento in tale Teatro, non solo queste dovrebbero essere trasportate per ferrovia attraverso la Transiberiana con tempi estremamente lunghi, ma una volta giunte nella zona dei combattimenti, queste forze dovrebbero essere supportate logisticamente dai russi. Cioè proprio da quegli enti logistici territoriali che attualmente hanno grosse difficoltà a supportare le loro stesse forze.

L’ipotesi di sostenere logisticamente un congruo numero di Unità cinesi in Ucraina attraverso la Transiberiana o con aerei cargo è assolutamente fuori questione: la distanza è eccessiva e il quantitativo di materiale necessario ampiamente al di sopra delle possibilità tanto dell’aviazione da trasporto che delle ferrovie in questione.
Insomma: un intervento militare cinese, oltre ad essere politicamente ed economicamente esageratamente costoso per Beijing, sarebbe anche militarmente impossibile.

L’orso Vladimiro potrà ricevere qualche fredda parola di sostegno dal panda suo cliente, ma nulla di più. Il “cigno nero” di Putin non assumerà la forma di un Dragone.

Orio Giorgio Stirpe