La prima estate di guerra si sta concludendo.
Di solito, durante i conflitti ad alta intensità come questo, l’estate è il periodo più frenetico, dove le forze della parte che ha l’iniziativa compiono il massimo sforzo per sfruttare le condizioni meteorologiche favorevoli, manovrando su fronti più ampi possibli, muovendo anche fuoristrada e cercando di spremere il massimo dalla loro superiorità numerica e/o di fuoco raggiungendo obiettivi posti in profondità che il nemico non potrà riconquistare durante la stagione fredda.
Spesso, settembre è il mese dello sfruttamento del successo in profondità, quando il fronte difensivo avversario si è rotto e si cerca di avanzare il più possibile, prima che il freddo e la neve impediscano il movimento fuoristrada e rendano i rifornimenti così difficili da obbligare tutti a rallentare prima e a fermarsi poi.
Niente di tutto questo sta accadendo in Ucraina.
Il fronte era già quasi bloccato all’inizio dell’estate; per tutta la buona stagione gli attaccanti hanno cercato di sfondare il fronte difensivo avversario, subendo perdite gravissime e riuscendo appena a farlo flettere di poche decine di chilometri al massimo e solo in pochi punti… E alla fine ogni anelito offensivo si è arrestato già a fine luglio.
Adesso per assurdo sembra quasi che l’iniziativa sia passata di mano, e sono i russi a subire gli attacchi mirati degli ucraini, diretti non tanto a riconquistare territorio, quanto ad interdire i rifornimenti alle forze russe in prima linea e impedire ad esse non solo di attacccare, ma anche di organizzare la resistenza per l’inverno sulle posizioni raggiunte.
Come ho cercato di spiegare nei post precedenti, la logistica russa viaggia su treno. Le munizioni, il carburante, mezzi e pezzi di ricambio, perfino il cibo viaggiano su ferrovia dalla Russia profonda fino alle “Supply Heads”, i centri logistici di smistamento dove il materiale viene spostato su camion che lo trasportano poi verso il fronte per accumularlo nei depositi provvisori presso cui le Brigate in prima linea vanno ad approvvigionarsi con i propri mezzi.
Il fuoco a lungo raggio di precisione fornito agli ucraini dall’occidente ha colpito questi depositi, obbligando i russi a spostarli all’indietro, lontano dal fronte; questo ha più che raddoppiato i tempi di rifornimento delle Brigate, che ora devono spostarsi per una distanza doppia sia all’andata che al ritorno e quindi i tempi di rifornimento sono quadruplicati. I materiali al fronte scarseggiano sempre di più, e non ci sono prospettive di migliorare tale situazione. Con i rifornimenti di munizioni ridotti ad un quarto, è come se tre quarti dell’artiglieria fossero stati distrutti; e l’artiglieria era l’unica cosa che consentiva ai russi di mantenere una superiorità tattica dopo che le unità corazzate erano state decimate dai missili controcarri forniti dalla NATO.
Parliamoci chiari: gli ucraini non sono messi molto meglio. La loro artiglieria spara meglio e più lontano, ma è numericamente scarsissima: nella misura di uno contro dieci. I carri armati sono anche pochissimi, e vengono impiegati con parsimonia. Gli aerei ancora di meno, e fanno pochissime sortite dove cercano di ottenere il massimo effetto evitando il più possibile di subire perdite. I soldati ci sono, grazie alla mobilitazione generale, ma sono quasi tutti militari di leva: alcuni ormai sono veterani, ma fra di loro le perdite sono state molto pesanti… Moltissimi sono reclute fresche di addestramento, e intere Brigate sono appena arrivate in linea e ancora non hanno mai combattuto.
In queste condizioni gli ucraini non sono in grado di arganizzare una controffensiva; la possono solo annunciare per innervosire i nemici, ma sono fiducioso che i generali ucraini scelgano di risparmiare perdite inutili ed evitino contrattacchi che potrebbero apparire eroici ma risolverebbero poco. La liberazione di Kherson dovrà aspettare che arrivino nuove armi occidentali durante l’inverno, e che le reclute appena addestrate abbiano l’opportunità di diventare veterani anch’essi prima di ingaggiare i russi in operazioni controffensive.
L’estate finirà presto. Molto presto: è l’Ucraina, non la Pianura Padana: la neve cade presto, e non si scioglie più per mesi. La temperatura cala velocemente e i campi diventano prima fangosi e poi gelano. Presto la mobilità fuoristrada sarà quasi azzerata, e ci si potrà muovere solo per strada… Questo significa anche che si potrà COMBATTERE solo su strada; e quindi che i fronti veramente attivi (o potenzialmente tali) saranno pochi, e cortissimi. Non sarà possibile sfruttare una superiorità numerica locale per cercare di sfondare, e anche se si riuscisse ad ottenere uno sfondamento con un attacco di sorpresa, non sarebbe possibile alimentarlo perché unità di attacco, rincalzi e rifornimenti si dovrebbero muovere tutti sulla stessa strada, intasandola e creando bersagli facili all’artiglieria nemica.
Se il fronte è già bloccato oggi, durante l’inverno congelerà completamnte.
Durante l’inverno, le forze regolari di entrambe le parti sono costette nelle trincee e nei ricoveri fortificati, da dove scrutano la terra di nessuno, pronte a difendersi ma impossibilitate ad attaccare. Quelle che si difendono e operano in territorio amico hanno il vantaggio delle fonti logistiche più vicine, il sostegno della popolazione locale, e la conoscenza approfondita delle vie di comunicazione, compresi i sentieri nascosti sotto la neve.
Gli invasori invece sono lontani dalle fonti logistiche (abbiamo visto il perché), sono circondate da una popolazione ostile e non conoscono il territorio. Saranno anche russi e quindi abituati al freddo, ma per loro sarà dura passare l’inverno…
Nel frattempo però la guerra continua. Ci sono forze che nell’ambiente invernale operano meglio che d’estate, almeno in termini relativi all’avversario: sono le Forze Speciali, addestrate appositamente ad operare in ambienti estremi. Ne dispongono entrambe le parti, ma quelle russe hanno subito perdite spaventose in febbraio e marzo, ed infatti di loro non si è quasi più sentito parlare; mentre quelle ucraine sono attive più che mai (si è visto in Crimea), e operano in territorio amico.
Ma soprattutto, ci sono i partigiani. Da sempre, l’inverno è la loro stagione: quella in cui si moltiplocano e prosperano, assumendo il controllo di tutto il territorio dove gli occupanti non si possono spostare. Il territorio lontano dalle poche strade percorribili di cui è possibile mantenere il pieno controllo con le forze di sicurezza, diventa territorio ostile per l’invasore: territorio dove i partigiani nati sul posto si sanno spostare anche con la neve e con il ghiaccio, al buio, senza luci. Spostandosi anche a piedi attraverso i campi ghiacciati su piste e sentieri che solo loro conoscono, predisponendo rifugi e depositi per le Forze Speciali e per i loro stessi gruppi di fuoco, le unità della Resistenza sono in grado di interdire buona parte del territorio occupato agli invasori.
Per i russi, quello che già d’estate è un serio problema logistico, d’inverno diventerà un incubo. I camion malandati che trasportano i rifornimenti dai lontani depositi di scambio dovranno percorrere strade ghiacciate sempre meno sicure e sempre più esposte ad attacchi improvvisi di partigiani e Forze Speciali.
Unità in prima linea dovranno essere richiamate nelle retrovie per sorvegliare le strade, assottigliando il fronte e affrontando una guerrra ancora più cattiva contro una Resistenza arrabbiata per le devastazioni subite.
Intanto l’artiglieria ucraina continuerà a crescere in numero e in precisione, colpendo sempre più in profondità le linee di rifornimento che adducono ai centri logistici, come già ha fatto colpendo le ferrovie in Crimea e a Belgorod.
La primavera riscalderà un esercito d’invasione stremato e affamato, che non avrà ricevuto rinforzi da un’industria ferma e da centri di reclutamento vuoti in un Paese che avrà subito le sanzioni ormai per un anno intero.
Sarà con questo esercito che l’orso Vladimiro dovrà riprendere a combattere contro un’Ucraina che avrà continuato a ricevere armamenti dall’Occidente per tutto l’inverno, e che avrà avuto anche il tempo di addestrarsi ad usarli.
Orio Giorgio Stirpe