La conferenza di Ramstein si terrà domani. Si tratta di un evento fondamentale per la guerra in Ucraina, di gran lunga più della battaglia di attrito ancora in corso a Bakhmut.
Si tratta dell’incontro periodico dei Paesi donatori di aiuti per il Governo di Kyiv, generalmente rappresentati dai rispettivi Ministri della Difesa, e che raggruppa oltre alle Nazioni membro della NATO, del G7 e/o della EU, tutti gli altri Paesi appartenenti alla coalizione occidentale, quali l’Australia o la Corea del Sud. Durante questi eventi si coordinano gli invii di materiale in Ucraina in modo da evitare inutili o pericolose sovrapposizioni e da cercare di coprire tutte le necessità note.
La conferenza di domani è particolarmente importante perché vi si definiranno le modalità esecutive del previsto salto di qualità nel supporto occidentale all’Ucraina: dopo aver provveduto a fornire tutti quegli armamenti fondamentali per arrestare l’invasione ed imporre alla Russia un conflitto di posizione ad alto coefficiente di attrito – che ha costretto l’aggressore ad una mobilitazione del tutto imprevista non tanto per proseguire l’offensiva ma anche solo per stabilizzare il fronte – si intende infatti cominciare a inviare i sistemi d’arma fondamentali per consentire a tempo debito la controffensiva destinata a recuperare i territori ancora sottoposti ad occupazione militare.
Fra questi sistemi, i più noti e controversi sono i carri armati.
Nel post precedente abbiamo cercato di inquadrare natura, caratteristiche e capacità dei diversi tipi di carro armato disponibili, e abbiamo concluso come il modello tedesco di carro Leopard 2 – nelle sue diverse versioni – sia sostanzialmente una scelta obbligata, e che il suo invio costringe il Governo tedesco ad un salto di qualità politicamente scomodo alla coalizione al potere, ma necessario per conseguire gli obiettivi di politica estera perseguiti non solo dalla coalizione ma dallo stesso governo di Berlino: al di là della retorica politico-diplomatica, l’autorizzazione all’esportazione dei carri non è mai stata veramente in discussione, ma lo sono le sue modalità ed è importante che queste siano definite chiaramente una volta per tutte.
La conferenza rappresenta dunque un punto di svolta importante, che segna il cambio di passo fondamentale che ho cercato di inquadrare negli articoli precedenti facendo le mie (controverse) previsioni sull’andamento futuro del conflitto.
Cerchiamo quindi di ricapitolare.
L’aggressione russa è stata condotta con forze soverchianti in termini di potenziale militare, soprattutto esaltato dalla superiorità qualitativa, ma senza numeri particolarmente elevati e soprattutto con un piano operativo del tutto inadeguato. Dal momento stesso in cui l’Ucraina ha dimostrato la ferma determinazione a resistere e ha avviato la sua mobilitazione generale (accuratamente predisposta), il Momentum è stato a suo favore, con il potenziale russo che calava e quello ucraino che cresceva.
A metà estate l’andamento di tale curva ha fatto sì che il potenziale russo scivolasse al disotto di quello ucraino, segnando quello che si chiama “culmination point”, e l’offensiva russa si è arrestata, consentendo anche un certo numero di contrattacchi ucraini che hanno recuperato ampi territori, perfino superiori alle aspettative. Questo ha costretto la Russia, che aveva ormai subito perdite esiziali per il suo esercito professionale, a ordinare a sua volta la mobilitazione (a cui NON era preparata); la mobilitazione russa ha modificato profondamente la natura dell’esercito, che ha visto crescere drasticamente il numero dei suoi soldati e contestualmente calare la qualità di uomini e mezzi impiegati. Il potenziale russo ha smesso di calare e la curva del Momentum si è stabilizzata dopo la liberazione di Kherson da parte ucraina.
Il potenziale di entrambi i contendenti è adesso in lenta crescita, con entrambe le mobilitazioni ormai a regime, l’industria russa che cerca di aumentare la produzione bellica a dispetto delle sanzioni economiche occidentali che riducono drasticamente le sue possibilità tecnologiche, e l’Occidente continua a fornire equipaggiamenti avanzati.
Questo significa che mentre la crescita del potenziale ucraino vede anche un miglioramento qualitativo, la crescita di quello russo ne comporta un peggioramento. Inoltre mentre l’Ucraina eleva lentamente ma costantemente la meccanizzazione del suo esercito con i materiali occidentali, la Russia stenta a mantenere il numero dei propri mezzi da combattimento e ne vede ridotta progressivamente la qualità a causa dell’inserimento di materiale obsoleto, a fronte di un aumento costante del numero di soldati scarsamente addestrati. La crescita dei due potenziali è quindi sbilanciata qualitativamente a favore dell’Ucraina… Almeno finora.
La situazione militare al momento è di stallo operativo, con i due avversari alle prese con problemi differenti. Gli ucraini non dispongono ancora del potenziale necessario per la controffensiva con cui intendono liberare i territori occupati, e patiscono una cronica scarsità di munizionamento d’artiglieria dovuto anche alla frammistione di materiale di origine sovietica e occidentale (di calibro differente); i russi vedono aumentare il numero dei propri soldati ma non quello dei loro mezzi da combattimento, per i quali non riescono ancora neppure a ripianare le perdite subite, e soffrono di gravissimi problemi sia addestrativi che logistici. Entrambi al momento cercano di logorare il potenziale avversario attraverso attacchi locali (rispettivamente a Bakhmut e a Kreminna) tesi a catturare obiettivi limitati e ad infliggere danni al nemico per ridurre la crescita del suo potenziale.
Se la situazione attuale si consolidasse, andremmo ad uno stallo definitivo nello stile della Prima Guerra mondiale o in quello della Guerra del Golfo fra Iran e Iraq, entrambi durati molti anni.
Le mie previsioni, viste da molti come ottimistiche nei confronti delle prospettive ucraine, derivano dal fatto che ho sempre considerato la situazione non per come si presenta al momento ma per come ne vedo l’evoluzione a medio e lungo termine, assumendo che la strategia occidentale mantenga una linea coerente con le affermazioni pubbliche, e che quindi il supporto all’Ucraina si sviluppi in maniera congrua alla strategia dichiarata.
Gli scettici e i sostenitori della ineluttabile superiorità russa – fra cui lo stesso Putin – tendono invece a ritenere che il supporto occidentale si mantenga al livello attuale e non sia destinato a crescere a causa delle difficoltà economiche e delle esitazioni politiche dei trenta e più Governi della coalizione, che sarebbero destinati inevitabilmente a piegarsi di fronte ai prezzi del gas.
Parliamoci chiari: se il flusso degli aiuti all’Ucraina rimanesse quello di oggi, 19 gennaio, lo stallo strategico sarebbe inevitabile: l’Ucraina non raggiungerebbe il potenziale necessario per la controffensiva, riuscirebbe a stento a contenere una rinnovata offensiva invernale russa, e il fronte si stabilizzerebbe più o meno sulle posizioni attuali in uno scenario erroneamente definito “coreano” (in Corea sussistono due Governi su territori equivalenti, mentre in Ucraina i russi controllano una percentuale del Paese pari a poco più del 10%) che soddisferebbe almeno in parte le ambizioni del Cremlino e salverebbe la faccia all’attuale Regime russo.
Il fatto è però che io ritengo che la politica occidentale ormai abbia ampiamente superato il punto di non ritorno nelle sue relazioni con il Regime di Putin con le ormai famose dichiarazioni che lo sanzionano quale “sponsor” del terrorismo e quindi lo squalificano quale controparte diplomatica a titolo definitivo; questo indica la determinazione ad andare fino in fondo nel supporto dell’Ucraina.
Un supporto però che non può durare indefinitamente nel tempo, e che quindi va portato a buon fine. Perché questo avvenga senza stravolgere l’attuale situazione economica passando ad un’economia di guerra, occorre proseguire nella naturale evoluzione degli aiuti, passando a fornire quelli che volgarmente si definiscono “armamenti offensivi”: quelli necessari a supportare la controffensiva, e quindi segnatamente i carri armati. Per questa ragione mi aspetto che la Conferenza di Ramstein decida le modalità esecutive della consegna dei mezzi necessari.
La consegna all’Ucraina di equipaggiamenti avanzati per la guerra di manovra (se verrà confermato come credo) cambierà sostanzialmente la situazione sul terreno, rendendo possibile una controffensiva in primavera. L’orso Vladimiro ne è perfettamente consapevole, e per questo cerca di prevenirla cercando di organizzare un’offensiva preventiva in inverno, sperando di sfruttare una rinnovata limitata superiorità numerica in termini di personale, e di riuscire a sfondare almeno in un punto il fronte ucraino approfittando della breve finestra temporale durante la quale i mezzi occidentali per la guerra di manovra ancora non saranno disponibili e il munizionamento di artiglieria ucraino sarà ancora carente.
Un’offensiva d’inverno di successo potrebbe danneggiare le prospettive ucraine per la buona stagione, e pertanto rappresenta a tutti gli effetti l’ultima speranza per l’orso di concludere il conflitto in maniera almeno in parte soddisfacente ed evitare ripercussioni interne per il suo Regime. Difficilmente porterebbe al collasso l’Ucraina, ma potrebbe compromettere le operazioni future riducendone i frutti. D’altra parte un nuovo scacco sul campo sarebbe devastante per il morale dell’esercito russo e creerebbe le premesse per una controffensiva ucraina di successo.
Lo vedremo presto.
Orio Giorgio Stirpe