Ultimamente ho scritto poco. Innanzitutto perché sono in mezzo al ventesimo (letteralmente) trasloco della mia vita; e poi, perché ormai c’è sempre meno da commentare sulla guerra in Ucraina.
Niente di significativo, almeno. Quasi.
Di notizie ne arrivano tante: bombardamenti reciproci, cambio di possesso di qualche cascinale abbandonato, abbattimento di un elicottero russo, distruzione al suolo di otto aerei russi, le navi del grano, le purghe di Zelensky, le dichiarazioni di Putin, le testate termobariche…
Rendiamoci conto che – collocate nel quadro di riferimento, che è quello di un conflitto ad alta intensità nell’Europa del XXI Secolo – si tratta più di “incidenti” che non di “eventi”, e che quindi non hanno alcun impatto sull’esito del conflitto, indipendentemente da quanto i tifosi si possano entusiasmare per essi.
Il conflitto è bloccato, ed è altamente improbabile che possa sbloccarsi militarmente.
Un conflitto militarmente bloccato si buò sbloccare in due modi: economicamente (con il collasso finanziario e alimentare di una delle due parti), oppure politicamente (con il collasso del regime al potere in una delle due parti). Generalmente i due fenomeni risultano saldamente interconnessi e uno genera l’altro.
Circa la situazione economica, l’Ucraina sarebbe già abbondantemente collassata senza il sostegno occidentale; ma finché dura tale sostegno può andare avanti indefinitamente. La strategia attuale della Russia è chiaramente quella di porre fine a tale sostegno attraverso la pressione dei minions sull’opinione pubblica occidentale e dunque sui Governi della NATO.
Dalla parte opposta, la Russia è sotto pressione per via delle sanzioni. L’economia russa è messa male e continua a peggiorare, ma benché gli esperti economici ormai concordino sul fatto che le sanzioni funzionano, nessuno si è ancora sbilanciato su quanto tempo occorrerà perché portino il Paese al collasso.
Circa la situazione politica, entrambi i Paesi appaiono ancora relativamente stabili. Grazie al sostegno occidentale e alla tempra del popolo, l’opinione pubblica ucraina appare coesa e salda nel sostenere il conflitto fino alla cacciata dell’invasore; esisteva il rischio di una deriva nazionalista e di estrema destra, ma la posizione risoluta di Zelensky l’ha impedita e finché durerà il sostegno occidentale non ci sarà alcuna crisi politica a Kyiv.
In Russia il regime appare ancora sostanzialmente solido. Esiste sicuramente una fetta di opinione pubblica onestamente contrario alla guerra, ma difficilmente tale fetta eccede il 10%, almeno per ora: il nazionalismo in Russia è forte almeno quanto in Ucraina, e in più la presa della propaganda è fortissima quindi il livello dell’informazione presso la popolazione è di qualità infima. Non esiste opposizione politica organizzata, e Putin è circondato da molti leccapiedi potenti e fedeli anche se poco capaci, e da alcuni professionisti capaci ma politicamente poco potenti, quindi il rischio di “rivolte di palazzo” per lui è molto basso.
In queste condizioni quindi il conflitto bloccato può andare per le lunghe.
La I Guerra mondiale è un esempio eclatante di conflitto ad alta intensità che è rimasto bloccato per quattro lunghissimi anni. Si è sbloccato alla fine per il collasso economico degli Imperi Centrali sottoposti a blocco economico totale, che ha portato a sua volta ad una serie di rivoluzioni che hanno abbattuto i regimi esistenti spedendo in esilio entrambi i Kaiser prima ancora della fine ufficiale della guerra.
Va anche detto che il collasso degli Imperi Centrali è arrivato quasi all’improvviso: i regimi autoritari riescono a nascondere le crepe fino all’ultimo momento, ed è possibile che lo sgretolamento del regime russo sia già iniziato; però noi non ce ne rendiamo conto.
Naturalmente è anche possibile il contrario: noi speriamo esistano crepe che però sono solo il frutto delle nostre speranze.
E’ anche vero che la solidità del regime russo si basa sulla presunzione di invincibilità del suo esercito, di cui la popolazione russa è saldamente convinta. Una dimostrazione della infondatezza di tale convinzione potrebbe aprire un crepaccio nel patriottismo russo.
Ora, la notizia significativa (forse) è che la situazione a Kherson è effettivamente precaria.
La “controffensiva ucraina” annunciata da mesi non si è mai concretizzata per i motivi che abbiamo già analizzato nei post precedenti, ma ha attratto nella testa di ponte russa a ovest del Dnipro considerevoli rinforzi. Gli attacchi di precisione sui tre unici ponti che collegano la testa di ponte con la sponda orientale del fiume hanno letteralmente intrappolato tali forze su quella occidentale, che ormai è diventata una sacca.
Il doppio ponte (stradale e ferroviario) di Kherson è inservibile da settimane e i russi cercano di sostituirlo con zattere e pontoni che però hanno una capacità di trasporto assolutamente non paragonabile a quello delle colonne di camion e ai treni che potevano passare prima.
Ieri è stata annunciata la “neutralizzazione” del ponte-diga di Nova Kachovka. Trattandosi appunto di una diga, che trattiene le acque del Dinpro a nord della barriera e che se crollasse porterebbe ad un disastro ambientale e all’allagamento della città di Kherson, non ho idea in cosa consista effettivamente tale “neutralizzazione”; ma se questa implica l’impossibilità per i russi di impiegare il ponte per il transito delle colonne dei rifornimenti, allora i russi sono davvero nei guai.
Il Dnipro è largo oltre un chilometro e la costruzione di un ponte militare oltre che pericolosissima sarebbe anche tecnicamente una sfida estrema in tempo di pace. L’uso di traghetti è limitato dalla disponibilità effettiva di questi (ce ne sono pochissimi e non si possono “trasportare” dal resto della Russia); le zattere hanno una capacità ridottissima rispetto alle colonne di camion e soprattutto ai treni. Occorre rifornire l’equivalente di tre Brigate circa, che non si limitano a mangiare ma devono anche combattere e consumano quantità enormi di carburante e soprattutto di munizioni: una zattera trasporta l’equivalente di quattro camion, ma le colonne che rifornivano la testa di ponte erano di centinaia di autoveicoli, e le zattere forniscono una percentuale minima di ciò che occorre.
Le fonti ucraine parlano già di evacuazione iniziata: i russi devono assolutamente salvare le Brigate intrappolate, che sono le migliori dell’esercito. Ma d’altra parte Putin non può permettersi lo smacco di perdere Kherson: si tratta dell’unico capoluogo di oblast ucraino che il suo esercito sia riuscito a catturare, e la sua perdita minerebbe proprio quella presunzione di invincibilità che sostiene il morale della popolazione russa.
SE le notizie sulla “neutralizzazione” del ponte-diga di Nova Khachovka fossero confermate, assisteremo ora ai riflessi di un altro scontro fra le gerarchie militari competenti decise a salvare le Brigate intrappolate e il potere politico leale a Putin fermo nel non cedere la città.
L’eventuale caduta di Kherson per il regime di Putin sarebbe un disastro, mentre la sua liberazione per l’Ucraina rappresenterebbe un evento tale da cementare definitivamente la convinzione nella vittoria finale.
Militarmente non sarebbe decisiva, anche se libererebbe molte forze ucraine per rinforzare il fronte del Donbass, ma politicamente rappresenterebbe un colpo gravissimo per Putin, con conseguenze difficilmente prevedibili.
Sicuramente l’orso Vladimiro non sta dormendo tranquillamente in queste ore…
Orio Giorgio Stirpe