E’ di questa notte la notizia del presunto affondamento (o danneggiamento) dell’incrociatore russo “Moskva”. Si tratta di un vascello ex-sovietico degli anni ’80 di classe “Slava”, ed era la nave “ammiraglia” della flotta russa del Mar Nero. Ora, poco importa se sia stato colpito da un missile ucraino “Neptune” come affermato da Kyiv, oppure se sia vittima di un disastroso incidente come proclamato da Mosca: in fondo è un caso simile a quello dell’incursione sul deposito di carburante di Belgorod. Quello che conta, è che si tratta di brutti colpi per la macchina bellica e per l’immagine di potenza della Russia nel bel mezzo di un conflitto che la seconda potenza militare del pianeta non riesce a vincere.
Innanzi tutto sgombriamo il campo dagli equivoci: “shit happens”. Gli incidenti capitano. Forse in Italia qualcuno ricorderà l’episodio imbarazzante avvenuto nel 1997 nel golfo di Valona, durante l’Operazione “Alba” a guida italiana, quando l’incrociatore “Vittorio Veneto” s’insabbiò in un banco costiero fra l’altro perfettamente cartografato. Si trattava di un’unità navale della stessa categoria del “Minsk”, ed era la nave ammiraglia della Marina Militare. La nave fu recuperata senza troppi problemi, ma la carriera del capitano ne fu rovinata. Cose che capitano.
Quel che lascia perplessi, è che ai russi sembra succedano con frequenza imbarazzante. Come mai?
Una risposta semplicistica sarebbe fuorviante, e probabilmente del tutto errata. L’opinione pubblica tende a reagire in maniera esagerata: il personaggio considerato formidabile che fallisce viene rapidamente degradato a un pallone gonfiato, mentre il nano che vince diventa subito un gigante. Nel caso delle Forze Armate russe il discorso è molto articolato e dipende tanto da fondamenta strutturali che da cause contingenti.
L’esercito russo discende direttamente dall’Armata Rossa sovietica, e nell’immaginario pubblico ne ha ereditato tanto fama quanto dimensioni. In realtà è MOLTO più piccolo e comparativamente meno avanzato. Il motivo fondamentale è che l’economia russa non è significativa quanto l’estensione territoriale del Paese: il PIL russo è molto inferiore a quello italiano, e si avvicina a quello spagnolo. Per quanto il bilancio della Difesa sia superiore all’”uno virgola” dell’Italia, rimane funzione di questo PIL. Inoltre da tale bilancio occorre detrarre l’enorme peso del mantenimento di un arsenale nucleare paragonabile a quello americano, più un altro occorrente a mantenere un’organizzazione territoriale capace di coprire l’immensa superficie del Paese. Infine c’è da tenere presente la corruzione endemica. Quel che resta è superiore al bilancio italiano, ma solo di due o tre volte; le dimensioni delle Forze Armate però sono almeno cinque o sei volte superiori. Se ne deduce che in proporzione i fondi disponibili per reclutamento, addestramento ed equipaggiamento siano molto inferiori. Insomma: la qualità complessiva dello strumento militare è necessariamente bassa per motivi economici, non per colpa del personale o dei comandanti.
Eppure l’immagine delle Forze Armate russe è sempre stata molto positiva, non solo in Italia, ma nel mondo. Questo naturalmente dipende in gran parte da una propaganda asfissiante, alimentata dallo stesso Occidente che tende naturalmente a specchiarsi nel suo avversario, che deve quindi essere considerato all’altezza dell’immagine che si ha di sé (in particolare l’America con i suoi film, dove i russi sono sempre un avversario degno). Ma in realtà la Russia ha recentemente offerto immagini di potenza proiettandosi all’estero in particolare contro il terrorismo islamico. Il fatto è che in questi casi le forze militari proiettate in Siria, in Libia o altrove erano sempre in numero limitato, e corrispondevano all’élite disponibile. Inoltre erano impegnate contro avversari asimmetrici, contro i quali la mancanza di scrupoli per i danni collaterali consente una efficacia che le forze occidentali – sorvegliate dai media internazionali – non possono permettersi. Per intenderci, Aleppo non è stata “liberata”: è stata distrutta completamente. Anche Mosul – dove hanno operato gli occidentali – ha subito danni molto gravi, ma non paragonabili; Baghdad è stata conquistata intatta.
Insomma: la Russia dispone realmente di unità ad altissima capacità operativa, e sa adoperarle in maniera molto efficace; però queste unità costituiscono una parte molto limitata delle sue forze. Il resto è costituito in larga parte da reparti militari di media qualità paragonabili a quelli italiani… E soprattutto da unità che inquadrano personale di leva, di qualità molto inferiore. Per combattere una guerra convenzionale ad alta intensità contro l’Ucraina occorrevano tutte queste forze, e quindi i reparti ad alta capacità appaiono sovrastati da quelli – molto più numerosi – a bassa capacità.
C’è poi il problema tipico delle dittature: lo scarso spazio disponibile per le critiche, e la pervasività della propaganda, che alla fine finisce con l’influenzare anche le élites che la utilizzano. La convinzione che l’Ucraina non avrebbe combattuto ha influenzato la preparazione russa al conflitto, e quella che l’Ucraina non fosse “una vera Nazione” ha portato a sottovalutare l’avversario: una combinazione devastante. Gli ucraini in realtà sono molto simili ai russi: stesso orgoglio, stesso patriottismo, stesso carattere sanguigno. I russi vedevano gli ucraini come “fratelli da liberare”, mentre gli ucraini vedevano i russi come “fratelli che non li avrebbero mai attaccati”. Quando l’attacco è venuto, i russi sono rimasti sorpresi e anche un po’ feriti dall’inaspettata ostilità e combattività degli ucraini: proprio perché questi si sono sentiti traditi dai presunti “fratelli”, e il sangue slavo si è infiammato… Da entrambe le parti. Solo che i russi non erano preparati, e per assurdo pur essendo gli aggressori sono rimasti sorpresi dalla situazione.
Arriviamo così al punto a me caro della motivazione: mentre i russi non sono affatto motivati a combattere, in quanto aggressori di un Paese chiaramente non più amichevole, gli ucraini lo sono due volte perché difendono la loro terra e per di più la difendono da un nemico che li ha “traditi”. Chi è poco motivato combatte male; chi lo è molto, combatte sorprendentemente bene. Aggiungiamo che l’esercito aggressore è in realtà molto meno efficace di quanto esso stesso credesse, mentre quello che si difende è supportato massicciamente dall’Occidente, ed ecco che tutti i problemi russi cominciano ad avere un senso.
La situazione di Putin in Ucraina appare sempre più simile a quella di Mussolini in Grecia: un esercito sopravvalutato dopo l’esperienza dei suoi volontari molto motivati in Etiopia e in Spagna, una volta mobilitato e mandato a combattere in massa contro un avversario non “sentito” come nemico e molto motivato a difendersi, si rivela del tutto inefficace.
In quell’occasione Mussolini fu salvato da una figuraccia spaventosa dal suo complice Hitler. Ma chi potrà intervenire per salvare la faccia all’orso Vladimiro?