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L’estate 2022 passerà alla storia per la lagna dei tanti imprenditori, più o meno stellati nella ristorazione che piangono perché non trovano manodopera da inserire nelle loro attività, anche se il problema non sta solo nella ristorazione, anche l’industria soffre, sono molte le aziende di mobili che cercano disperatamente manodopera, per non parlare della metalmeccanica , trovare un saldatore è un’impresa titanica, idem nel comparto della logistica mancano all’appello circa 20mila camionisti, l’elenco potrebbe continuare a lungo.

A questo punto la domanda che ci si pone è: ma dove sono i tanti disoccupati di cui parlano le statistiche? Qualcuno obietta che è soprattutto il Sud il problema. Anche al sud ci sono ristoratori che lamentano le stesse problematiche dei colleghi… del centro e del nord più o meno stellati.

Io sono tra quelli che puntano il dito sulle paghe da fame, gli orari, il sabato e la domenica,il lavoro nero.

Nel mio percorso lavorativo ho conosciuto fior di imprenditori tosti e allo stesso tempo umani che gestivano le loro aziende con lo stesso criterio del Pater Familias sapevano giudicare, premiare e valorizzare le professionalità dei collaboratori.così li definivano.

Poi sono subentrate le multinazionali gestite da iene ridens che consideravano il lavoratore allo stessa stregua del limone o dello scottex usa e getta,poi si sono stufati anche di avere i dipendenti e hanno terziarizzato la forza lavoro con cooperative che usano la manodopera con contratti spuri magari sottoscritti anche da chi si arroga il diritto di rappresentare come unicum il mondo del lavoro e poi la colpa è dei sussidi???’

Troppi tirano fuori la questione del Reddito di cittadinanza, è stata promulgata una legge giusta, aiutare le tante famiglie in difficoltà economica, allora perché non far funzionare i centri di orientamento all’impiego? Perché non sviluppare corsi di formazione che diano sbocchi occupazionali?

Troppo facile puntare il dito e pretendere che si vada a lavorare con contratti da fame, troppo facile dire che con il reddito di cittadinanza si è fatto il gioco di fancazzisti e politicanti (leggi M5S).

Il problema non è solo questo, allarghiamo l’orizzonte, di chi è la colpa quando si sente parlare di ragazzi dai sedici ai vent’anni e oltre assolutamente inoccupati, i famosi Neet, dove sono i loro genitori? Che tipo di educazione gli hanno fornito? Ma questa società cosa fa o ha fatto per integrarli, formarli e avviarli al lavoro?

A casa mia non si è mai disprezzato il lavoro e ognuno ha sempre fatto per quel poco che poteva la sua parte,uscivo dalla scuola elementare e andavo a pascolare le pecore,con mia madre che mi raccomandava ogni tanto di chiamare mia nonna per vedere come stava,anche lei a pascolare le capre e raccogliere erbe che solo lei conosceva i poteri Taumaturgici.

Al liceo classico quando uscivo da scuola, portavo al pascolo le due mucche e nel tascapane ereditato da mio fratello infilavo il libro di latino e greco e sulla montagna declamavo la metrica greca e latina,poi ho imparato a fare foto nei matrimoni e a suonare nella banda del paese.

All’università ho imparato a fare un po ‘di tutto dalla cucina all’attacchinaggio dei manifesti, a scribacchiare qualche articolo con i proventi pagavo la mia permanenza all’università da studente fuorisede.

Mio padre che aveva vissuto alcuni anni chiuso in campo di concentramento aveva nella sua vita due cose famiglia e fatica: questi i due cardini della vita unico lusso che si concedeva una partitella a carte nella cantina del paese. Fin quando è stato vivo non ha mai messo becco nella mia vita di studente o di lavoratore, non è mai entrato nel merito delle mie scelte, anzi nemmeno le capiva, ma non mi ha mai fatto mancare il suo sostegno.

Poi, forse,è subentrata l’arroganza, la fame di denaro facile  qualcuno e si è scordato che il lavoratore è un collaboratore, dall’altra ci si è scordato che il lavoro è sudore, fatica e ansia.

Non è il personale che manca, ma l’etica del lavoro, quella, se non te l’hanno insegnata, è duro impararla da una parte e dall’altra, e come disse San Giovanni Paolo Secondo “Damose da fa”.

Alfredo Magnifico