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Aveva dimenticato di fare alcuni scontrini, l’azienda dopo l’iniziale contestazione l’aveva licenziata in tronco, giudice ha annullato il provvedimento reintegrandola sul posto di lavoro, la decisione è arrivata dal tribunale di Frosinone che ha accolto, il ricorso di una lavoratrice licenziata da una società multinazionale con un punto vendita a Fiuggi.

Il caso si è verificato a Fiuggi e riguarda la cassiera di un esercizio commerciale, che per; o sbadatezza, o negligenza o fretta di assolvere ai propri compiti, ritardava la battitura degli scontrini fiscali senza, però, appropriarsi mai degli importi incassati.

La lavoratrice ha vinto la causa con un risarcimento di 50 mila euro oltre alla regolarizzazione contributiva previdenziale ed assistenziale, ed ora ha la facoltà di rinunciare alla reintegra in cambio del pagamento di ulteriori 15 mensilità, cioè ulteriori 60 mila euro, nelle sue considerazioni il giudice ha ritenuto che la lavoratrice non andava licenziata, ma al massimo sanzionata.

La società aveva accertato che la dipendente, in alcune occasioni, non aveva battuto gli scontrini fiscali, ogni volta, però, sebbene in un secondo tempo ma nella stessa giornata, provvedeva, in modo che nessun ammanco di cassa venisse a determinarsi, per questo motivo le aveva prima contestato l’addebito e, poi, nel maggio dello scorso anno, l’aveva licenziata in tronco, non accogliendo le giustificazioni rese dalla dipendente.

A giudizio della società la condotta contestata era, in ogni caso, idonea a minare irreparabilmente il rapporto di fiducia e portava al recesso immediato della lavoratrice.

La lavoratrice impugnava il provvedimento di licenziamento in tronco, in via stragiudiziale, e aveva depositato ricorso dinanzi al Tribunale di Frosinone, in cui aveva esposto le proprie ragioni. L’avvocato difensore, nel dettaglio ,sosteneva, che; non si era in presenza di una fattispecie di appropriazione indebita né di una omessa scontrinatura al fine di appropriarsi degli importi di cui agli scontrini non battuti, per cui non ricorrono i presupposti per intimare il licenziamento, potendo, tutt’al più, il dipendente ricevere un provvedimento disciplinare di tipo conservativo.

Sulla tesi difensiva ha aderito appieno il Tribunale, che, dopo aver attentamente esaminato la previsione del contratto collettivo applicato al caso in esame, ha ritenuto non «sussistenti gli estremi del licenziamento», pur ritenendo accertato il fatto posto a base del recesso, inoltre aderendo alle tesi giuridiche del legale della donna, il giudice, nel dichiarare l’illegittimità dell’ impugnato licenziamento disciplinare, ha ritenuto ricorrenti gli estremi per la reintegra ed il risarcimento del danno pari a tutte le mensilità decorrenti dal recesso alla reintegra, nonostante oggi sia del tutto ridotto, dopo la riforma Fornero, lo spazio per la reintegra, in caso di licenziamento ritenuto illegittimo.

E’ bello constatare che ogni tanto La Giustizia “è giusta” premiando i deboli e castigando i forti.

Alfredo Magnifico