Tanti sono i motivi che spingono le persone a preferire il lavoro da casa; dall’ evitare il Coronavirus, a godere più luce del sole, stare più comodi in abbigliamento informale, decidere le condizioni ambientali del proprio spazio di lavoro, (temperatura o illuminazione) ,impiegare più quantità e qualità con; figli, famiglia, animali domestici, o dedicarsi di più a passioni o hobby; lettura, sport, attività fisica, ed infine evitare la condivisione di emozioni negative derivanti da giornate o momenti difficili, angoscianti o estenuanti.
Scrollarsi di dosso quella persistente sensazione di vivere e lavorare in spazi costruiti a misura di altri, ai quali tuttavia occorre adeguarsi, non è cosa da poco.
Un’indagine del centro ricerche “Associazione Italiana per le Direzione del Personale”, riferisce che l’88% delle aziende continuerà in modalità smart working per uno o più giorni la settimana, anche dopo il 30 giugno, a emergenza finita, ma….. sembra che un fronte compatto di imprese oppongono resistenza alle nuove esigenze delle persone di vivere e lavorare all’insegne del benessere individuale e della sostenibilità in senso assoluto.
Il 58% delle aziende afferma di incontrare difficoltà nel trattenere i dipendenti o di assumerne di nuovi senza garantire loro la possibilità di smart working, meno del 15% è disposta a consentire ai lavoratori che sono tornati a vivere in altre regioni, di continuare a lavorare da remoto, il 58% ha scelto di non permetterlo e il 28% ci sta riflettendo.
Il mondo del business è chiamato a riempire di significato reale parole come progresso e sviluppo, con l’obbligo e dovere di riconsiderare numeri e modalità con cui misurare il benessere, coniare parametri e misure all’altezza delle nostre vite, perché diventa sempre più desiderata una maggiore qualità della vita, sulla spinta dello slancio proveniente dalla fascia di giovani (tra i 18 e i 35 anni) specie laureati, valorizzata anche dal Pnrr, con i progetti sui borghi, che spingono al coworking.
In Italia come prospettiva si va verso il lavoro ibrido ;un misto tra modalità in presenza e remoto visto che il 38% delle aziende ha già accordato ai dipendenti di poter lavorare da remoto almeno 2 giorni a settimana e il 14% almeno 1 giorno a settimana, in misura minore si registrano casi dove le percentuali vanno dai 5 ai 3 sino a un unico giorno di presenza al mese.
La fiducia sta diventando fattore chiave sul quale costruire le relazioni di lavoro, infatti, il 75% delle aziende non intende attivare processi di controllo dei lavoratori da remoto ,mentre manager e responsabili HR a iniziano a mettersi in discussione rivedendo i propri modelli, ascoltando le esigenze delle persone che, sono differenti, peculiari e non omologabili ,ma tutte esprimono il bisogno di dare maggior peso al benessere individuale.
Alfredo Magnifico