L’intervista al Corriere della Sera del Papa ha suscitato grande interesse e attenzione e rappresenta un segnale di fondamentale importanza, che avrebbe potuto imprimere una svolta positiva al conflitto.
Tutto il mondo ne ha parlato per la sua disponibilità ad un incontro diretto con Putin, per avviare un dialogo di pace, e tentare di passare attraverso quella “porta stretta”, come l’ha definita il cardinale Matteo Zuppi, per arrivare alla pace.
A prima acchito sembra che a non voler varcare quella porta stretta sia proprio chi la guerra l’ha voluta e l’ha cominciata.
La chiusura ad un incontro, nel breve periodo, non si è fatta attendere ed è arrivata, con una nota ufficiale del Cremlino, gelando le più incoraggianti speranze.
A far cascare le braccia e rendere più preoccupante la situazione, è la posizione del Patriarca Kirill, lontana dallo spirito di cooperazione e fratellanza che dovrebbe animare tutte le religioni, soprattutto in periodi come questi.
Papa Francesco non ha esitato ad esortarlo a non farsi “chierichetto di Putin”, e a non essere divulgatore della propaganda del governo, perché dovrebbe essere anche lui messaggero di pace e come tale operare, ciò non ha nulla a che vedere con lo spirito e con il ruolo delle religioni ed ha ribadito: “La Chiesa non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù”. “Siamo pastori dello stesso Santo Popolo che crede in Dio, nella Santissima Trinità, nella Santa Madre di Dio: per questo dobbiamo unirci nello sforzo di aiutare la pace, di aiutare chi soffre, di cercare vie di pace, per fermare il fuoco”.
Il cardinale Parolin ha ribadito: «A questo punto non ci sono altri passi da fare, si è offerta la disponibilità del Santo Padre di andare a Mosca, di incontrare personalmente il presidente Putin, aspettiamo che siano loro a reagire, a dirci che cosa vogliono. Più di così non credo che da parte del Santo Padre ci possa essere qualche ulteriore iniziativa da prendere».
Alfredo Magnifico