Per uno Stato in pieno inverno demografico,il fatto che aumenti il lavoro soprattutto per che la fascia di lavoratori ultracinquantenni e per giunta è all’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile è un problema enorme, non solo ci sono solo pochi giovani, ma li si lasciano o fuggire all’estero o ai margini del mercato
Il megafono pubblicitario del governo enfatizza i dati sull’occupazione pubblicati a gennaio 2025 che secondo gli ultimi dati Istat, il numero di occupati è salito a ventiquattro milioni 222 mila, il dato più alto da quando vengono rilevati, con una crescita di 145mila posti di lavoro rispetto a dicembre, in un anno, si contano oltre mezzo milione di posti di lavoro in più, un numero certamente positivo.
A leggere solo i dati dell’occupazione, verrebbe da dire; “tutto va bene madama la marchesa”, ma guardare solo i dati assoluti non aiutano a comprendere le debolezze dietro la crescita del mercato del lavoro, i cui effetti, non a caso, non si vedono né sul Pil, fermo al 2024 a +0,7 per cento, né sulla produttività.
Per farla breve l’Italia ha pochi giovani e li lascia ai margini del mercato del lavoro, lo stesso per le donne, nonostante gli uni e gli altri costituiscono la fetta più istruita della forza lavoro.
Il tasso di occupazione è arrivato al 62,8%, diminuisce la disoccupazione, al 6,3,%, e quello di inattività, al 32,9%, ma su 513 mila occupati guadagnati in un anno, 481 mila hanno più di cinquant’ anni, mentre solo 70 mila si trovano nella fascia tra i venticinque e i trentaquattro anni, addirittura i giovanissimi perdono addirittura 22 mila occupati.
A gennaio, gli uomini guadagnano 116 mila occupati, le donne solo 29mila, nei dodici mesi, dei nuovi occupati, 378 mila sono maschi e solo 135mila donne, quasi tre volte in più.
Anche la riduzione degli inattivi, scesi di 158mila unità, riguarda solo e unicamente uomini e lavoratori anziani, per le donne il tasso di inattività è rimasto stabile, tra i giovanissimi under 25 gli inattivi sono invece aumentati di 116 mila unità.
A gennaio 2025, nella fascia 15-24 anni in un mese si contano tredicimila posti in più, in quella 25-34 anni si registra un aumento di 38 mila unità, mentre tra i trentacinque e i quarantanove anni si contano trentanovemila occupati in meno, con una crescita di 26 mila inattivi, situazione opposta invece tra gli over 50, che registrano ben 133 mila occupati in più in un solo mese.
A trainare il mercato continuano a essere i contratti a tempo indeterminato, storicamente più diffusi tra i lavoratori anziani e meno tra i giovani, in un mese sono 60 mila in più, quasi il doppio dei 34mila contratti a termine aggiuntivi, e più della crescita degli autonomi di 51 mila unità.
In un anno, i contratti stabili in più sono ben 702 mila, a fronte di un crollo dei contratti a tempo determinato di duecentotrentamila unità e un aumento degli autonomi di 41mila.
I dipendenti permanenti salgono a 16 milioni 447 mila. I dipendenti a termine scendono a 2 milioni 663 mila, gli autonomi toccano la soglia dei 5 milioni 111 mila, questa composizione evidenzia un mercato del lavoro formato da persone anziane.
Il trend prosegue da tempo e si spiega per la maggiore presenza nel mercato di molti over 50, la cui permanenza al lavoro è prolungata per effetto dell’allungamento dell’età pensionistica, ma anche per la carenza di manodopera, per cui si usano i contratti a tempo indeterminato per attirare e trattenere lavoratori esperti che difficilmente si trovano sul mercato.
Dal 2015 al 2024, tra i 15 e i 34 anni i lavoratori a tempo indeterminato sono cresciuti di 493 mila unità, tra i 35 e i 49 anni sono diminuiti di 629 mila unità, ma tra gli over 50 sono aumentati di ben 1,88 milioni. Quasi quattro volte in più degli under 35.
L’aumento dei lavoratori più anziani si registra in tutta Europa, ma in Italia è leggermente superiore rispetto alla tendenza europea, il tasso di disoccupazione degli over 50 è addirittura più basso rispetto alla media europea, 2,8% rispetto al 5,7%, caso in cui superiamo i competitor europei.
I dati Istat certificano che sono gli over 50 a guidare la crescita occupazionale italiana dell’ultimo anno, gli occupati tra gli under 35 in un anno sono cresciti dello 0,5%, mentre nella fascia sopra i cinquant’anni si registra un +3,8%.
C’è poco da festeggiare, intanto perché la crescita dell’occupazione è dovuta soprattutto al permanere dei sessantenni sul luogo di lavoro, non certo per crescita del valore aggiunto e di produttività, che, addirittura nel 2023 è rallentata, con la mancata crescita dei salari.
Lo scenario che si aprirà con il pensionamento, seppur ritardato, della generazione dei baby boomer. avrà un forte impatto sul mercato del lavoro perché non verrà compensato da quelle successive, più ridotte anche se con livelli di istruzione superiori. Questa dinamica dovrebbe orientare le politiche del lavoro e dell’innovazione sia sui flussi migratori e sia sulla formazione verso nuove competenze e automazione, altrimenti l’alternativa potrebbe essere un’economia meno produttiva, più povera e destinata allo svuotamento.
Alfredo Magnifico