Con la Sentenza n° 396 del 5 gennaio 2024, la Corte di cassazione ha affrontato il tema del riconoscimento della NASpI ai lavoratori detenuti, rigettando il ricorso presentato dall’INPS contro la decisione della Corte d’Appello che aveva confermato il diritto all’ indennità di disoccupazione in favore di un lavoratore detenuto, impiegato in una attività lavorativa “intramuraria” alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria.
La Cassazione nel richiamare la normativa in vigore e la giurisprudenza della Corte Costituzionale, ha affermato che:
· il lavoratore detenuto, ha gli stessi diritti e le stesse tutele spettanti alla generalità di tutti i lavoratori.
· il fine rieducativo del lavoro non influisce sui contenuti della prestazione e sulle modalità di svolgimento del rapporto di lavoro.
· il lavoro penitenziario è tanto più rieducativo quanto più è uguale a quello dei lavoratori liberi.
La Cassazione richiama la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo ed afferma che il lavoro intramurario è equiparato al lavoro ordinario ai fini previdenziali e assistenziali e che la normativa (art. 19 L. 56/87) prevede espressamente che lo stato di detenzione non costituisce causa di decadenza dal diritto all’indennità di disoccupazione.
La Cassazione, inoltre, ha stabilito che l’interruzione del rapporto di lavoro per fine pena, con la conseguente scarcerazione, non è equiparabile al licenziamento: lo stato di disoccupazione che ne deriva è involontario ed è rilevante ai fini del riconoscimento della NASpI, e ai fini del riconoscimento della prestazione, non incide il fatto che i posti di lavoro vengono assegnati a rotazione ai lavoratori detenuti.
Per la Suprema corte il lavoro carcerario è tanto più rieducativo quanto più è uguale a quello dei liberi. Stessi diritti, dunque, previdenza compresa.
Stessi diritti goduti dai lavoratori esterni, a iniziare dalla Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (Naspi).
La Suprema corte sottolinea che; “l’evoluzione delle norme e della giurisprudenza hanno eroso nel tempo il carattere di specialità del lavoro intramurario e ha perso il suo carattere afflittivo e obbligatorio come strumento di disciplina e ordine del detenuto, per diventare la via maestra per il reinserimento sociale.
L’obiettivo da raggiungere fare acquisire ai detenuti una preparazione professionale in linea con le normali condizioni lavorative.
L’organizzazione e i metodi di lavoro penitenziario devono, riflettere quelli del lavoro nella società libera, e lo stesso vale per i diritti soggettivi, dalla durata delle prestazioni non superiore ai limiti di legge al riposo festivo fino alla tutela assicurativa e previdenziale.
Alfredo Magnifico