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Le elezioni politiche del 25 settembre si approssimano e può valer la pena avanzare alcune ipotesi relative ai segmenti sociali che determineranno l’esito della competizione.
La prima riflessione che è possibile proporre è che in questa tornata elettorale, ancor più di come non sia già accaduto nei decenni trascorsi, varrà una motivazione di voto legata alla difesa del portafogli: la grave crisi economica e sociale legata alla pandemia e alla guerra in Ucraina spingerà l’elettore, oggi più che mai, a votare per chi possa maggiormente garantirgli la difesa o il recupero delle proprie risorse e del lavoro. Tale motivazione varrà all’ennesima potenza per i settori più esposti alla crisi, ossia i precari o i dipendenti del settore privato, gli imprenditori, parte dei liberi professionisti. I dipendenti del settore pubblico, per quanto esposti all’inflazione, si sentiranno più garantiti e faranno valere anche istanze di appartenenza politico-ideologica.
È possibile che in queste condizioni l’offerta politica che risulti più aggressiva quanto a difesa della fragilità economica sia quella proveniente dai partiti di destra, uniti su una qualche forma di flat tax e forse più credibili relativamente a possibili iniziative incisive per la difesa delle imprese. A sinistra si farà valere una maggiore affidabilità rispetto alla gestione della politica internazionale e dei rapporti con l’Europa, ma questa motivazione ha un rapporto solo indiretto, o comunque meno percepibile, con la banale materialità del portafogli.
La destra arriverà probabilmente ad obiettivo se riuscirà a porsi come garante dei ceti popolari e medi con la destra sociale di Fratelli d’Italia, dell’imprenditoria e dei ceti produttivi soprattutto del nord con la Lega e del voto moderato di centro con Forza Italia.
Con una legge elettorale mista ma senza personalità maggioritaria, in assenza di premi di maggioranza e a fronte della possibilità che su pochi voti si giochino le sorti del governo, non si può escludere che tutte le forze politiche alternative alla coalizione di destra possano ricompattarsi dopo il voto; anzi può far parte di una tattica deliberata lo scegliere di dividersi prima, per attingere al meglio al proprio bacino elettorale, per riunirsi dopo il voto qualora i numeri lo consentano. È anche evidente che il Terzo Polo di Renzi e Calenda potrà scegliere dopo il voto se ritrovarsi con il centro-sinistra oppure offrire un appoggio alla destra qualora questa non abbia un risultato solido.
La difficoltà degli italiani a dotarsi di una legge elettorale in qualche modo maggioritaria, che possa garantire governabilità e chiarezza anticipata degli intenti dei partiti, deriva probabilmente da fattori ancestrali, legati all’assenza di un humus culturale nazionale unitario e ad un’endemica tendenza alla frammentazione culturale e identitaria. L’Italia soffre oggi di questa grave carenza. Per questo c’è da augurarsi che il risultato elettorale possa almeno garantire una maggioranza chiara e, per quanto possibile, coerente.
Loris Di Giammaria