Mille e non più Mille…
Non perché ci sarà l’Apocalisse, ma perché i contendenti non hanno la disponibilità di uomini e mezzi per altri mille giorni di guerra.
Il Potenziale militare si consuma rapidamente in una guerra di attrito, e infatti le capacità dei contendenti continuano a logorarsi – seppure in maniera del tutto asimmetrica – ad una velocità maggiore rispetto a quella con cui si rigenerano.
Ricordate la famosa formula di Edward Luttwak? Il Potenziale militare P di una Nazione è pari alla somma delle sue risorse umane M e materiali R, moltiplicata per la Volontà V.
All’inizio del conflitto le risorse ucraine erano estremamente inferiori, ma vennero sorrette da un elevato valore di V che sparigliò le carte logorando con estrema velocità le risorse russe mentre gli ucraini radunavano le proprie; poi però il V russo non è calato mentre Putin si affannava a rastrellare nuove risorse attraverso la mobilitazione, prima compensando e poi surclassando nuovamente quelle ucraine. Quando i rispettivi P sono andati “a regime”, la V ucraina ha continuato a compensare la superiorità delle risorse russe, e con le rispettive volontà ormai stabili la guerra ha assunto una fisionomia di logoramento reciproco delle risorse: avendone di più, i russi le consumavano più largamente e così guadagnavano lentamente terreno, ma neppure le loro risorse erano infinite; non lo era neppure la V degli ucraini, che per mantenerla dovevano limitare le perdite umane e quindi cedere terreno.
Con le V stabili, in una situazione di logoramento diventa fondamentale analizzare il consumo delle rispettive risorse M e R.
Nel caso russo, M è considerato un valore prossimo a infinito; non è corretto, ma in un tempo limitato (ovviamente i P variano con il tempo) è difficile che scenda a zero. R invece, considerati i limiti della produzione industriale russa e dei suoi alleati non-industrializzati (Iran e Corea del Nord) e quelli politici dell’alleato industrializzato (la Cina, che fornisce solo componentistica a pagamento), dipende fondamentalmente dai depositi sovietici di materiale obsoleto da recuperare, che sono un quantitativo noto (almeno all’intelligence militare occidentale oltre che a Putin).
Nel caso ucraino, M dipende da un’accurata gestione della mobilitazione interna ed è un fattore di debolezza. R invece dipende da due sorgenti differenti: le donazioni occidentali e la produzione interna sostenuta dall’aiuto economico e tecnologico europeo; la caratteristica fondamentale dell’“R” ucraino è dunque quella di dipendere dal sostegno esterno, il cui volume costituisce l’unica variabile incognita dell’equazione.
Da quanto detto, appare evidente che se l’M russo non si può azzerare per tempo e l’R ucraino in sostanza dipende esclusivamente dalla volontà politica occidentale, i valori finiti da misurare e analizzare sono l’M ucraino e l’R russo.
Occorre dire a questo punto che chi subisce il logoramento ha sempre la facoltà di gestire le proprie perdite, scegliendo di spendere o salvaguardare uno o l’altro dei suoi valori di risorsa; ecco dunque che i russi sacrificano più volentieri gli uomini mentre gli ucraini preferiscono consumare risorse materiali, facendo affidamento sul sostegno occidentale per rimpiazzarle.
Per i puristi dell’algebra occorrerà anche puntualizzare che (M+R) va visto come una sorta di formula chimica e non come una semplice somma: un po’ come il fuoco che per bruciare necessita sia del carburante che dell’ossigeno, e se anche una sola delle due componenti viene a mancare la fiamma si spegne…
Ora, considerando questo sostegno occidentale (la famosa variabile incognita) come costante, e senza cigni neri che facciano saltare i valori dei rispettivi V, l’esito del conflitto sembrerebbe dipendere dalla rapidità di esaurimento dell’M ucraino e dell’R russo.
Torniamo così al “Mille e non più Mille”: occorrerebbero informazioni altamente classificate per fare una stima precisa, e ovviamente un analista che lavora da casa affidandosi all’esperienza professionale e ai dati delle fonti aperte non vi ha accesso. Una stima approssimata è però possibile, e da tutta una serie di raffronti che richiederebbero molto più di un semplice articolo per dimostrarli, appare verosimile che all’attuale tasso di consumo entrambi i valori si annulleranno sostanzialmente entro il 2025.
Questo significa che in un modo o nell’altro approssimativamente entro l’anno prossimo si giungerà all’esaurimento militare del conflitto: o con il cedimento di uno dei due contendenti oppure – se l’esaurimento sarà contestuale – con il congelamento sulle posizioni del momento.
Si torna così alla famosa variabile incognita, che dipende non dalla gestione militare del conflitto ma dall’azione politica di un attore esterno: una riduzione del sostegno occidentale probabilmente farebbe collassare prima l’Ucraina, mentre un suo aumento costringerebbe la Russia a cedere per tempo.
Ovviamente, l’aumento del sostegno porta con sé rischi politici poco graditi ai governi occidentali, e di qui l’evidente tentativo di gestire il conflitto fornendo all’Ucraina lo stretto indispensabile per portarla a resistere un giorno più della Russia, minimizzando così i rischi politici al prezzo di prolungare le sofferenze degli ucraini.
Si tratta di una decisione politica di governi eletti, e come tale non la commenterò.
Nel quadro sopra delineato come si viene a collocare l’autorizzazione americana all’impiego dei cosiddetti “missili a lunga gittata” in territorio russo?
Indubbiamente costituisce un aumento del sostegno occidentale. Dal punto di vista militare non si tratta certo di un fattore decisivo (non esistono “proiettili d’argento” nella formula del Potenziale militare P), ma è comunque significativo. Il numero di missili disponibili è classificato, quindi anche qui è difficile fare una valutazione precisa, ma di fatto non si tratta di numeri molto elevati quindi l’effetto militare non risulterà certo decisivo. Però la possibilità di battere sistematicamente e non solo sporadicamente come con i droni-jet ucraini le retrovie russe colpendo basi aeree, postazioni contraeree, posti comando, depositi di munizioni e di carburante e soprattutto nodi e ponti ferroviari indebolirà in maniera sensibile il supporto al combattimento (soprattutto fuoco aereo e terrestre) e l’alimentazione logistica (carburante e munizioni) che sostengono l’offensiva russa, e questo proprio quando anche le condizioni meteorologiche andranno a rallentarla in maniera naturale.
Pertanto se questo passo da parte americana (ed europea, visto il contestuale via libera all’utilizzo di analoghi missili “di casa nostra” ma con componenti americane che ne impedivano uno sblocco autonomo) verrà non solo mantenuto ma anche sostenuto con un adeguato rifornimento di munizioni, sarà un passo importante verso un collasso anticipato del Potenziale russo per l’esaurimento del suo R e così salverà anche l’M ucraino (che ricordo rappresentare vite di soldati ucraini, e quindi europei).
Veniamo dunque all’aspetto politico-diplomatico della questione.
L’autorizzazione è giunta all’indomani del primo colloquio fra Biden e Trump, che risulta essersi svolto in maniera più cordiale del previsto. Ora, Biden finora è stato il campione della strategia del “minimo comune multiplo” (per restare all’analogia matematica): il minimo sostegno necessario a far arrivare l’Ucraina al traguardo correndo il minor rischio politico possibile. Dubito che sia stato il massiccio bombardamento di Kyiv a fargli cambiare idea proprio adesso che non potrà godere del ritorno positivo di questa decisione: ci sono stati altri episodi ben più dolorosi in passato che avrebbero meritato un simile sviluppo, e le pressioni europee erano costanti da tempo.
Trovo invece più probabile che lo stesso Trump abbia non solo approvato ma perfino caldeggiato questo passo, non tanto per evitare di doversene assumere lui la responsabilità, quanto per avere una carta in più da giocarsi successivamente in sede diplomatica: potrà sempre ritirare l’autorizzazione, o meglio regolare il flusso dei rifornimenti di missili come strumento di pressione su Putin.
Quando si tratta di interesse nazionale condiviso, gli americani trovano sempre un punto di accordo trasversale, anche fra avversari politici: Trump ha la sua agenda in politica estera, e questa guerra per lui è un ostacolo. È vero che il modo più rapido per concludere una guerra è perderla, ma è anche un modo per perdere prestigio in modo disastroso, e questo a Trump NON conviene; il secondo modo più rapido invece è vincerla, e porta come bonus ulteriore l’acquisizione di prestigio e di ritorni economici che invece a Trump fanno gola.
Se poi la vittoria arrivasse sostanzialmente “pagata” in termini politici dal suo predecessore, ancora meglio…
Sarebbe inconcepibile che un aspetto come l’autorizzazione all’uso dei missili non fosse stato toccato durante il colloquio, e Trump sarebbe giustamente inferocito se così fosse stato; invece ha lasciato le critiche ai suoi portavoce più scalmanati, rimanendo quasi indifferente. Le famose informazioni classificate gli verranno fornite a breve nel corso dei briefing previsti al Pentagono e alla CIA; la sua politica effettiva che ne deriverà la scopriremo in seguito…
Intanto l’Orso Vladimiro dorme un po’ più preoccupato.
ORIO GIORGIO STIRPE