Percepisco sul web una grande tensione. Tutti in attesa della grande e annunciata “Controffensiva” ucraina, che tutti speriamo possa essere decisiva e porre fine alla guerra, o perlomeno imprimerle una svolta tale da rendere impossibile un risultato in alcun modo lesivo dei diritti nazionali ucraini.
Osservo però anche una grande confusione fra gli osservatori, anche fra quelli competenti, e effettivamente la cosa è comprensibile, visto che non assistiamo dal vivo ad una situazione simile almeno dal 1991, quando l’Operazione “Desert Storm” mise fine alle ambizioni di potenza di Saddam Hussein e sbatté gli irakeni fuori dal Kuwait in poche ore.
Rispetto ad allora osservo anche con un filo di divertimento come le voci tradizionalmente ostili “sempre e comunque” alla posizione occidentale tendano a ripetere esattamente gli stessi cliché: “ma dove credono di andare, gli altri si sono trincerati benissimo per mesi”, “la contraerea degli altri è formidabile”, “i campi minati sono impenetrabili”, “è passato il tempo in cui l’Occidente faceva quello che voleva”, “gli occidentali torneranno tutti a casa in sacchi neri”…
Il repertorio è più o meno sempre lo stesso. Quale che sia l’analisi tesa a dimostrare le debolezze dei russi, la risposta è sempre: “e allora gli ucraini?”. Per fortuna siamo al punto: ora la controffensiva ci sarà, e sarà difficile continuare a ciurlare nel manico. Fu così anche nel 1991: all’epoca, bastarono poche ore, e tutte le illusioni dei nemici dell’Occidente si dissolsero rapidamente, lasciando spazio solo alle recriminazioni per i troppi morti irakeni a fronte dei pochissimi in campo alleato.
Questa volta sarà più difficile: gli ucraini, per quanto sostenuti dall’occidente, non possono contare sulla superiorità aerea americana, e per quanto messi male i russi sono sicuramente più capaci degli irakeni. Anche le analogie però non mancano: l’affidamento sulle fortificazioni campali fisse, l’inerzia incomprensibile dell’aviazione, le masse corazzate immobilizzate dai problemi logistici, la rilevanza dell’artiglieria e la scarsa motivazione al combattimento dei soldati di fanteria.
Di nuovo: vedremo come andrà, e lo vedremo presto.
Da precisare però: NON lo stiamo già vedendo adesso. Le operazioni cui stiamo assistendo sono attività preliminari, prodromi della manovra principale, ma non mostrano ancora segni di sforzo principale in atto. Quelli che vediamo sono movimenti per il contatto, azioni esplorative, puntate per acquisire posizioni migliori o per saggiare le difese avversarie, e probabilmente anche un deciso “fissaggio” in forze, ma la vera controffensiva ancora non è iniziata. Questo per un motivo semplicissimo: ha piovuto molto, e continuerà a piovere per almeno altri tre giorni; quando finalmente smetterà ci vorrà ancora qualche giorno perché il fango si asciughi. I mezzi corazzati sul fango di adesso non hanno problemi: non è il cuore della rasputitza, e i cingolati ce la fanno; però consumano più carburante, e se si spingono troppo avanti le autocisterne ruotate non ce la fanno a portare loro i rifornimenti.
Insomma, tocca aspettare per i movimenti più importanti, e nel frattempo si può cominciare a preparare l’apertura delle brecce, anche se per il momento non è possibile sfruttarle quando si aprono… È a questo che stiamo assistendo.
Un’ulteriore precisazione: una controffensiva NON è un contrattacco: si tratta di due cose diverse anche se spesso si tende a considerarli sinonimi. Un contrattacco è un’azione dipica della difesa, dove si sviluppa un movimento offensivo teso a ricatturare un elemento importante del terreno per migliorare la posizione difensiva, oppure rivolto a colpire forze nemiche vulnerabili e ridurre così il potenziale offensivo avversario.
Una controffensiva invece è una manovra offensiva intrapresa dopo una precedente fase difensiva che ha avuto un successo tale da ribaltare il rapporto di forze e consegnare l’iniziativa a chi prima si difendeva. Si tratta di un’operazione molto più vasta e complessa, con obiettivi molto più profondi e intrapresa da forze molto più vaste. Per intenderci, quelli di Kharkiv e di Kherson dell’anno scorso furono contrattacchi: molto ben condotti, e tali da costringere i russi a profondi ripiegamenti per evitare danni peggiori, ma non organizzati in modo da penetrare molto in profondità. Infatti si fermarono davanti a Svatove senza raggiungere la città sebbene questa fosse stata abbandonata dai russi, perché non c’era modo di proiettare abbastanza velocemente in avanti i rifornimenti.
La controffensiva che stiamo aspettando è stata ampiamente pubblicizzata come un’azione avente l’ambizione di risultare decisiva, è stata preparata per mesi con il supporto di tutto l’Occidente, e dispone di forze e risorse molto più consistenti. Rispetto all’anno scorso anche l’esercito russo è molto diverso: ha una consistenza molto maggiore, ma non è più l’esercito professionale di allora, avendo subito una vera metamorfosi ed essendosi ormai trasformato in un’armata di mobilitati, con molta massa e potenza di fuoco, ma con pochissima mobilità.
Una controffensiva per risultare decisiva deve aspirare o a recuperare tutto o quasi tutto il territorio precedentemente perduto, oppure deve infliggere al nemico una sconfitta tale da costringerlo ad arretrare e a rinunciare a qualsiasi ulteriore proposito aggressivo.
Data la permanente superiorità numerica russa, sebbene limitata, gli ucraini devono supplire sfruttando i loro vantaggi qualitativi: la motivazione del personale, il migliore addestramento dei reparti mobili e il materiale pesante occidentale ricevuto. Tutto questo si traduce nel cercare di imporre al nemico una battaglia di manovra invece che di attrito, tale da enfatizzare la capacità di movimento delle proprie forze meccanizzate e da minimizzare l’impatto dell’artiglieria russa (poco efficace sui bersagli in rapido movimento) e delle fortificazioni (difese da soldati appiedati).
Per valorizzare questi vantaggi e sfruttare gli svantaggi dei russi, gli ucraini dovranno affrontare un problema che rappresenta il loro tallone di Achille. L’addestramento alle tattiche e ai mezzi occidentali ricevuti è stato intenso, ma le tattiche e i mezzi in questione sono stati ideati e prodotti per essere utilizzati da soldati professionisti, mentre gli ucraini, per quanto induriti dalla lotta e fortemente motivati, sono comunque militari di leva con un’esperienza limitata. Probabilmente assisteremo a errori e a perdite dolorose a causa di questo fattore che non può in alcun modo essere rimosso. Si tratta comunque di un fattore umano, e come tutti gli aspetti umani si può evolvere in maniera inaspettata in base alla pura forza di volontà. Vedremo.
Diamo ora un’occhiata all’andamento del fronte.
Dalla Bielorussia a Odesa, gli ucraini hanno l’iniziativa. Il fatto stesso che questa sia la situazione dopo quasi un anno dalla mobilitazione russa e dopo sei mesi di ininterrotta offensiva la dice lunga sull’esito di quest’ultima; considerato quindi che adesso la seconda potenza militare del mondo è costretta sulla difensiva davanti all’esercito di una nazione di medie dimensioni con cui confina e che ha aggredito a tradimento, è indicativo di quale debba essere il morale delle forze contrapposte.
La Bielorussia è sempre più restia a lasciarsi coinvolgere direttamente, e la Russia non ha le forze per attivare offensivamente il tratto di confine con l’Ucraina attualmente inattivo; a Belgorod peraltro la situazione appare ancora estremamente tesa, con i reparti russi filo-ucraini in controllo di porzioni di territorio russo e pronti a riprendere le loro azioni di disturbo. Più oltre il fronte “nord” dal confine a Kremina appare tranquillo al momento, ma è anche l’unica parte dove il fango è già asciutto. Il solco del Siversky Donets è impraticabile, con le paludi allagate, e più a sud abbiamo il settore di Bakhmut dove invece i combattimenti continuano a infuriare fin dall’ottobre scorso: i russi controllano la quasi totalità dell’abitato (dove hanno ufficialmente proclamato una “vittoria” che non si capisce in cosa consista) mentre gli ucraini avanzano lentamente a nord e a sud dello stesso sulle colline; oltre Bakhmut non c’è niente di particolarmente importante, ma la città ha assunto un proprio valore politico se non militare.
Più a sud abbiamo la zona di Vuhledar, che ormai è una specie di cuneo ucraino dove il fronte russo che più a nord era su un tracciato nord-sud si piega per assumerne uno est-ovest; qui i combattimenti sono molto accesi, e gli ucraini appaiono aver effettuato una puntata verso sud che però appare per ora niente più che – appunto – una “puntata”. Vero è che la sua direzione punta dritto verso Mariupol, altra località dotata di un proprio enorme valore politico e che in più si trova sulla costa del mare di Azov: la sua liberazione, oltre che un colpo mediatico clamoroso, rappresenterebbe il taglio del corridoio terrestre per la Crimea e quindi un colpo mortale per le forze russe nel sud.
Proseguendo lungo il fronte, abbiamo il famoso settore di Melitopol, quello che i russi hanno fortificato più pesantemente e dove tutti si aspettano l’attacco ucraino più potente: Melitopol è uno dei centri urbani occupati più importanti, è il nodo ferroviario vitale per il rifornimento della Crimea e soprattutto è la chiave per accedere alla stessa penisola. Qui sono attualmente in corso i combattimenti più accaniti e la maggior parte degli analisti si aspettano lo sforzo principale.
Più oltre abbiamo il corso del Dnipro, praticamente inguadabile a causa della sua ampiezza, la diga danneggiata di Nova Kachovka, e l’ultimo tratto del fiume attualmente allagato e impraticabile. La costa infine rimane aperta ma non fornisce al momento appigli sicuri per operazioni anfibie ucraine…
Dove si svilupperà lo sforzo principale ucraino?
Difficile dirlo… E se lo sapessi per certo non lo scriverei qui proprio adesso. Osservo però che tanto la dottrina occidentale a cui gli ucraini si appoggiano in parte, quanto il modus operandi finora espresso dagli stessi ucraini mostrano una scarsa propensione tanto ad attaccare direttamente i centri urbani, quanto ad ingaggiare i punti più forti dello schieramento avversario, tendendo piuttosto a preferire la sorpresa e a privilegiare i punti deboli. Osservo anche che se l’ambizione ucraina è portare a termine un’azione che abbia carattere decisivo, non possono puntare alla semplice liberazione di una città o di un oblast, ma cercheranno di infliggere all’esercito russo una sconfitta tale da costringerlo ad abbandonare l’Ucraina.
Penso quindi che almeno parte degli attuali assalti su ampia fronte siano solo un fissaggio in forze, come lo fu a suo tempo quello su Kherson… E che lo sforzo principale avrà luogo altrove, più tardi.
Quando lo vedremo, lo riconosceremo sicuramente.
Orio Giorgio Stirpe