Dopo aver cercato di inquadrare l’offensiva ucraina nel Kursk in una prospettiva più ampia, cerchiamo adesso – mentre la nebbia di guerra si dirada almeno un po’ – di mettere a fuoco la situazione sul terreno a distanza un po’ più ravvicinata, facendo magari anche qualche considerazione tattica.
Cominciamo dalle forze impiegate da parte ucraina. Molti si preoccupano che sottrarre Brigate alla difesa del Donbas possa essere pericoloso… Diciamo subito che nessuna strategia puramente difensiva ha mai funzionato in una guerra totale; se l’Ucraina vuole recuperare la sua integrità territoriale, non le basta evitare la sconfitta: deve VINCERE. Vincere sul campo. Per questa ragione la propaganda russa insiste sul tema secondo cui l’Ucraina semplicemente “non potrebbe” vincere: perché se questa idea dovesse davvero passare, per la Russia sarebbe fatta.
Il punto è che l’Ucraina PUO’ vincere, e con questa offensiva l’ha dimostrato.
Per vincere occorre assumersi dei rischi; a meno di disporre di una superiorità schiacciante, è impossibile evitare perdite e anche delusioni: nel conflitto in Ucraina nessuno dispone di una superiorità schiacciante (e questo è l’equivoco in cui è caduto Putin fin dall’inizio), si tratta di un conflitto molto più simmetrico di quanto ancora oggi si voglia credere, e le delusioni sono inevitabili da entrambe le parti. Chi osa non sempre vince, ma chi NON osa sicuramente NON vince.
Detto questo, numericamente parlando le forze ucraine non sono molto numerose, almeno rispetto a quelle impegnate nel Donbas (si parla di cinque-otto Brigate, metà delle quali di élite). Sono però qualitativamente fra le migliori: quelle equipaggiate e addestrate all’occidentale e con la maggiore esperienza, e quindi quelle che normalmente lo Stato Maggiore tiene in riserva per risolvere le situazioni più difficili. Situazioni che includono tanto reagire agli attacchi nemici più pericolosi, quanto effettuare gli attacchi più importanti (come in questo caso). In entrambe le situazioni, si cerca di preservarne al meglio le capacità operative in modo da poterle reimpiegare nuovamente al più presto.
Questo è esattamente quanto accaduto finora: le perdite sono state minime, e le Brigate di punta sono ancora del tutto operative, pronte a proseguire l’azione oppure ad essere ritirate per essere reimpiegate altrove mentre altre Brigate meno mobili si assumeranno il compito di difendere quanto conquistato.
Circa le forze russe, va detto che anche le LORO perdite sono state minime finora, almeno in termini di sangue versato: per lo più si tratta di prigionieri. Le unità russe attaccate erano fondamentalmente reparti di frontiera (dipendenti dall’FSB e non dall’esercito), irregolari ceceni pronti ad affrontare la “Legione Russia Libera” e non l’esercito regolare ucraino (infatti si sono squagliati subito), e reclute male armate di guarnigione: tutta gente priva di mobilità o di sostegno tattico o logistico, niente che potesse resistere a reparti meccanizzati veterani. Solo alcuni sono stati attaccati direttamente: per lo più sono stati aggirati, isolati e catturati in seguito dalle unità ucraine di seconda schiera mentre quelle di testa continuavano ad avanzare. Di queste forze eterogenee in zona ce ne sono ancora molte, raccolte a caposaldo in alcune aree urbane che i russi stanno cercando di rinforzare per costituire se non un fronte almeno una rete di capisaldi tale da rallentare e imbrigliare l’offensiva ucraina.
Ovviamente, a Putin non basta arrestare l’offensiva ucraina: per lui è politicamente esiziale ricacciare gli invasori. Politicamente è inaccettabile che Zelensky si rechi in visita nei territori russi occupati (appena accaduto), e l’affronto fatto alla Russia imperiale va assolutamente lavato. Nel contempo però per lui è anche inaccettabile interrompere l’offensiva in atto nel Donbas – per quanto sostanzialmente sterile – e quindi non disponendo di una riserva strategica (da tempo consumata nello stesso Donbas) deve trarre le forze dal fronte difensivo più a sud. Si tratta delle forze che avevano bloccato la famosa controffensiva ucraina dell’estate scorsa: reparti di fanteria leggera trincerati frammezzati da unità VDV più mobili ma comunque “leggere” atte ai contrattacchi locali. Forze prive di mobilità strategica propria, che devono essere trasportate per treno oppure su camion, senza quasi equipaggiamento pesante. Le colonne che la stessa TV russa ci ha mostrato sono costituite di camion per lo più vetusti e di modelli disparati, più mezzi civili requisiti e qualche cannone controcarri (modelli anni ’50) al seguito.
Guardiamo una carta geografica: per spostarsi dal fronte di Zaporizhzhya all’Oblast di Kursk occorre muovere “per linee esterne” lungo più di mille chilometri di strada, con itinerari prevedibilissimi quasi completamente a tiro dell’artiglieria a lungo raggio (di origine occidentale) ucraina, in gran parte in aree con fitta presenza di partigiani e di forze speciali ucraine in grado di rilevare in tempo reale il movimento delle singole colonne. Insomma, una manovra non solo difficoltosa e lentissima, ma anche estremamente pericolosa: queste colonne sono completamente prive di protezione, e la loro interdizione è ovviamente stata pianificata con cura. Sono almeno tre finora le colonne distrutte dagli attacchi missilistici ucraini, e quindi altrettanti i battaglioni neutralizzati in pieno movimento logistico.
Alla fine i russi riusciranno sicuramente ad ammassare sufficienti capacità da contenere, arrestare e infine contrattaccare gli ucraini nel Kursk. A quel punto le Brigate ucraine di punta saranno già state sganciate, e altre meno mobili e più adatte alla difesa si assumeranno l’onere di difendere il terreno conquistato. A differenza del Donbas, dove occorre difendere Kramatorsk ad ogni costo, nel Kursk il terreno può essere difeso in maniera più dinamica per massimizzare le perdite avversarie e minimizzare le propriecedendo in cambio terreno in maniera controllata. Inoltre le ferrovie che trasportano il munizionamento sono di meno che nel Donbas, e i depositi sono più lontani: per i russi sarà più difficile organizzare una campagna di attrito basata su fuoco di distruzione e assalti frontali appiedati, quindi per ottenere risultati occorreranno più tempo e risorse. Nel frattempo sarà anche arrivato il Grande Fango…
Intanto che aspettiamo la controffensiva russa (come visto, ci vorrà un po’), bisogna vedere prima come gli ucraini sfrutteranno la situazione favorevole che hanno creato. A parte l’acquisizione del controllo della centrale di scambio dei gasdotti e la minaccia (probabilmente nulla più che tale) alla centrale nucleare che ne ha forzato la parziale disattivazione – entrambe azioni che hanno arrecato un enorme danno economico alla Russia, per quanto temporaneo – gli ucraini hanno ancora la possibilità di ottenere vantaggi ulteriori sul campo che eccedono il semplice controllo territoriale.
Innanzitutto occorre capire che è raro che una puntata meccanizzata come quella che abbiamo visto sia un evento isolato: normalmente queste offensive prevedono quantomeno un duplice attacco. Ci sono Brigate ancora non impegnate, ed è probabile che proprio mentre i russi sono sbilanciati a rispondere a quello in corso, se ne verifichi un altro.
Questo potrebbe avvenire poco più a nord, in modo da cadere alle spalle dei capisaldi che ancora resistono a Korelevo e Rylsk, portando alla completa occupazione del distretto, che per ragioni topografiche sarebbe poi facilmente difendibile. Oppure potrebbe avvenire più a sud, al confine fra gli Oblast di Kursk e Belgorod: in questa zona esiste un obiettivo tattico-operativo di grande valore, rappresentato dalla strada E105, che collega appunto i due capoluoghi di Oblast, e dalla parallela ferrovia che rappresenta il principale corridoio di alimentazione del terminale logistico di Belgorod, il quale a sua volta alimenta tutto lo sforzo militare russo nel nord e la minaccia a Kharkiv. Tagliare, o anche solo poter interdire tale corridoio con azioni di sabotaggio e fuoco d’artiglieria neutralizzerebbe le capacità offensive russe a nord di Luhansk, obbligando l’intero flusso logistico russo a passare per il solo nodo di Voronezh, che è già sovraccarico; con il sistema ferroviario russo già al limite, questo potrebbe drasticamente ridurre le capacità russe di rifornimento per l’esercito impantanato nel Donbas.
A parte le opzioni tattiche convenzionali, gli ucraini hanno un’altra carta ancora da giocare: benché operino in territorio russo, non hanno ancora immesso in combattimento la “Legione Russia Libera”, che è l’elemento – di natura asimmetrica – maggiormente idoneo ad operare in profondità e per periodi prolungati alle spalle delle linee russe, che peraltro al momento non esistono. È altamente probabile che in realtà questa forza sia già presente in zona, e stia semplicemente infiltrandosi in profondità a partire dalla breccia aperta al confine dalle forze regolari ucraine: come abbiamo visto (e Prigozhin ha ampiamente dimostrato) al suo interno la Russia è “nuda” e vulnerabilissima. L’inserimento in profondità e l’eventuale insediamento di un’agguerrita formazione insurrezionale autoctona nelle retrovie russe potrebbe avere effetti devastanti sul Regime e distrarre ulteriori forze dalla campagna nel Donbas.
Insomma: i fattori in gioco sul campo sono moltissimi. La capacità ucraina di sfruttare tutte o anche solo parte di queste opzioni dipenderà dal volume del sostegno logistico accumulato allo scopo e che sarà possibile immettere nel territorio occupato; e questo volume è chiaramente classificato e non verificabile da osservatori esterni come noi.
Mentre aspettiamo di assistere a nuovi sviluppi, mi preme mettere in luce un ultimo aspetto poco evidenziato da tutti gli osservatori: il comportamento dei soldati ucraini in territorio occupato.
Ricordiamo tutti le scene truculente dei soldati (anche professionisti) russi impegnati nel saccheggio di lavatrici e perfino di gabinetti… Per non parlare delle scene lunari delle devastazioni urbane nelle località conquistate dagli invasori.
Perfino nelle immagini di esultanza, con bandiere ucraine installate ovunque, vediamo l’assenza totale di saccheggio o di violenza inutile, e anche la propaganda russa non è stata in grado di mostrare alcunché di riprovevole nel comportamento verso la popolazione civile: al contrario dei predoni dell’Orda d’Oro, i soldati ucraini si stanno comportando come militari europei moderni, rispecchiando quello che dovrebbe essere un altro standard per accedere alla NATO; ulteriore esempio di disciplina, professionalità e sicurezza in sé stessi.
Orio Giorgio Stirpe