Gli ultimi giorni hanno visto una serie di eventi importanti sulla scena mondiale, soprattutto in campo diplomatico ma non solo.
Questi eventi hanno ricevuto una copertura mediatica decente, ma spesso la professionalità dei commenti mi ha lasciato decisamente perplesso: sembra ancora una volta che la mancanza di senso delle proporzioni impedisca agli osservatori di presentare tali eventi al pubblico nella giusta prospettiva.
In Italia il provincialismo domina sovrano, e la quasi totalità dei commenti sono rivolti alla dimensione politica interna, dove l’intento pare essere solo quello di esaltare o denigrare la figura del Presidente del Consiglio a seconda che se ne sia sostenitori o avversari; in entrambi i casi sullo sfondo rimane la generale convinzione di totale irrilevanza da parte nostra (di volta in volta saremmo irrilevanti in quanto italiani, europei o “occidentali) che fa sentire i commentatori saggi e illuminati per la loro modestia.
Anche all’estero però noto una sorta di distacco dalla realtà e una tendenza a concentrarsi sui dettagli perdendo di vista la visione complessiva.
Cominciamo dal G7.
Piaccia o meno il suo formato, questo vertice rappresenta quanto di più simile esista ad un “governo occidentale”, dove i dirigenti dei poteri esecutivi in carica delle democrazie mature si riuniscono in presenza per ratificare decisioni sostanzialmente già prese in precedenza attraverso le riunioni in remoto e i lavori di coordinamento dei loro collaboratori.
Moltissimi in Italia amano definire questo formato “ormai irrilevante” in quanto non include potenze economiche quali India e Cina, ma evidentemente non afferrano il ruolo del G7: se includesse India e Cina, non sarebbe più quel “vertice dell’Occidente” dove è possibile assumere decisioni operative. I partecipanti al G7 non sono semplicemente le massime potenze economiche mondiali: sono le massime potenze POLITICHE oltre che economiche FRA LE DEMOCRAZIE AD ECONOMIA LIBERALE. Dispongono di un’omogeneità e di un’affinità di valori e di procedure che consente loro di operare più o meno di comune accordo, decidendo anche a nome dei loro alleati non direttamente rappresentati ma che condividono tali valori e procedure. Le decisioni assunte quindi non vanno immaginate come “decisioni mondiali”, ma appunto come “decisioni dell’Occidente”.
Volessimo parlare di “decisioni mondiali”, dovremmo rivolgerci al G20, che è altra cosa e che infatti include India e Cina, oltre ad altri paesi particolarmente rilevanti per potenza economica o demografica… Ma proprio a causa della sua universalità, questo tipo di vertice accomuna Paesi dotati di valori e procedure così diversi fra loro che è quasi impossibile per essi assumere decisioni politiche comuni che non siano solo di principio.
Questi vertici naturalmente sono resi necessari dalla totale impotenza dell’ONU, determinata a sua volta dal meccanismo perverso dei veti incrociati al Consiglio di Sicurezza che impedisce qualsiasi decisione operativa sgradita ad un solo suo membro permanente.
Data la natura del G7 dunque, è infantile focalizzarsi sulle singole personalità presenti: si tratti di leaders più o meno brillanti o di “anatre zoppe” per via dei processi elettorali domestici, è l’interesse nazionale di ciascuna a dover essere armonizzato con gli altri, non l’agenda politica interna. Ci fosse stato ancora Draghi al posto della Meloni, il contributo italiano sarebbe stato assai poco differente nella sostanza, anche se probabilmente l’ex direttore della BCE non avrebbe ballato la Pizzica o indossato un tailleur. Anche il “Conte 2” probabilmente alla fine avrebbe detto cose molto simili, perché una cosa è parlare dall’opposizione e un’altra è fare i conti con la realtà (come la Meloni stessa ci dimostra ogni giorno).
Questo fatto non vale certo solo per l’Italia: la Merkel si sarebbe comportata esattamente come Scholz, e scommetto che anche una Presidente Le Pen avrebbe una politica estera ben poco diversa se non sui migranti (che ben scarso peso hanno avuto al vertice).
Forse solo nel caso americano – e comunque solo per via del “fattore Trump” – le cose potrebbero variare in caso di avvicendamento del POTUS, ma rimarrebbero la solidarietà atlantica (cui neppure Trump ha il potere di sfuggire), la difesa del Diritto Internazionale e dell’economia di mercato, e l’opposizione alle autocrazie espansioniste.
Detto questo, i risultati del G7 erano ampiamente previsti, per via del lavoro diplomatico precedente al vertice stesso, e fra essi spicca il consolidamento del supporto all’Ucraina, sia sotto il profilo economico con l’accordo sull’impiego dei beni russi sotto sequestro, sia sotto quello militare con i nuovi stanziamenti e gli invii di materiale (non tutto ufficializzato e in parte ancora del tutto secretato).
Non sottostimerei però quello che il nostro governo ama definire “piano Mattei”, relativo all’approccio occidentale all’Africa, e che coincide in maniera interessante a quanto l’America si accinge a fare nel proprio emisfero meridionale. In particolare in questo caso si tratta di un’esigenza europea, dove anche gli altri governi del continente (e i Paesi alleati che sostengono) hanno un duplice interesse a contenere e governare i flussi migratori da un lato e garantire le importazioni di materie prime dall’altro, il tutto con uno sguardo alla stabilità politica interna (contenimento delle opposizioni populiste). In questo caso forse è effettivamente rilevante per gli equilibri interni alla EU il fatto che l’iniziativa sia italiana e non francese – il che potrebbe anche spiegare il vero problema che Macron ha con Roma.
Nel complesso si tratta di risultati rilevanti, non certo scaturiti dal meeting in Puglia quanto dalle convergenze ottenute in precedenza e semplicemente formalizzati nel corso dell’evento in parola. Stigmatizzare il vertice come irrilevante solo perché si ha in antipatia alcuni suoi rappresentanti nazionali è indice di scarsa serietà.
Passando alla Conferenza per la Pace in Svizzera sulla crisi ucraina, la mia impressione è che – forse a causa del nome dato all’evento – la maggior parte degli osservatori, inclusi giornalisti esperti, hanno più o meno volutamente equivocato sui suoi obiettivi.
Come l’assenza della Russia avrebbe dovuto rendere ovvio, NON si è mai trattato di un vertice destinato a risolvere il conflitto; si trattava piuttosto di un forum dove chiarire gli scopi di guerra della fazione favorevole alla sovranità ucraina, e definire formalmente le condizioni di pace ricercate da tale fronte; fronte che coincide più o meno con lo stesso Occidente rappresentato al G7.
Come il Regime di Putin tende a ricordarci sovente, la guerra non è ormai da tempo solo fra Russia e Ucraina, bensì fra Russia e l’intero campo occidentale, di cui l’Ucraina fa ormai materialmente parte (anche se ancora non formalmente/legalmente per la sua non appartenenza a NATO o EU). Quindi, mentre per fissare gli scopi bellici russi basta un discorso televisivo di Putin, per fissare quelli ucraino/occidentali in maniera chiara e formale, occorreva un vertice dei governi interessati.
Si trattava fra l’altro di un peana ripetuto da tempo da molte voci politiche e dallo stesso fronte “pacifista”: per cosa stiamo combattendo?
Bene: adesso esiste un documento che formalizza gli obiettivi politici dell’alleanza che si oppone al Regime russo: sappiamo per cosa stiamo combattendo.
Almeno in teoria, ADESSO potrebbe avere senso una trattativa diplomatica che cercasse di avvicinare le richieste ucraine a quelle russe… Ammesso che si possa trovare qualcuno disposto a mediare fra posizioni così radicalmente differenti.
Ovviamente, la conferenza ha ribadito quanto già noto: l’Ucraina e i suoi alleati intendono ristabilire la piena sovranità ucraina sui confini internazionalmente riconosciuti… Cosa che la Russia non intende neppure prendere in considerazione per via dei famosi referendum con cui si sarebbe annessa quattro oblast ucraini oltre alla Crimea.
Intanto però ben ottanta Nazioni hanno posto la propria firma sul documento occidentale, impegnandosi ufficialmente e formalizzando la loro appartenenza al campo occidentale nel conflitto.
I soliti gufi si sono impegnati a rimarcare come ancora una volta India e Cina manchino all’elenco… Sembra che per loro l’assenza di tali attori appaia decisiva a invalidare qualsiasi evento. Eppure ancora una volta qui si parla di Occidente: un insieme di cui India e Cina NON fanno parte, in quanto la prima è “neutrale” e la seconda è contrapposta e la sua partecipazione snaturerebbe la posizione occidentale rendendola neutra (e sostanzialmente inefficace) quanto una riunione della Grande Assemblea ONU.
Quello che invece è interessante, è che Nazioni come Ungheria, Slovacchia e Turchia non solo erano rappresentate, ma hanno firmato: schierandosi formalmente con l’Occidente. Non solo: hanno firmato anche Nazioni spesso viste come estranee al campo occidentale, quali Serbia, Iraq e Somalia, che quindi hanno ritenuto di prendere posizione CONTRO la Russia.
Altre grandi Nazioni come Brasile, India e Sudafrica, aderenti ai BRICS assieme a Russia e Cina, NON hanno firmato; ma piuttosto che rimarcare la loro mancata firma, occorrerebbe piuttosto focalizzare sul fatto che – a differenza della Cina che ha respinto l’invito – hanno partecipato. Avevano anche partecipato al G7: indice di vicinanza all’Occidente, se non di comunanza di intenti, e quindi di indipendenza non solo dalla Russia, ma anche dalla Cina.
Del resto tali Paesi sono dichiaratamente neutrali, e una loro adesione al campo occidentale non solo li porrebbe in campo “ucraino” contro la Russia, ma distruggerebbe anche le loro opzioni quali possibili mediatori… E l’India in particolare è forse l’unico attore con una posizione e un peso tali da potersi proporre (se lo volesse) come tale. Del resto anche il Vaticano ha evitato di ratificare per la stessa ragione: firmando in pratica si dichiarava ostilità alla Russia.
Già: e la Russia, cosa dice?
Putin ha risolto in fretta la questione: lui non ha bisogno di mettersi d’accordo con nessuno, visto che è un autocrate e guida la Russia come una sua proprietà privata. Ha ribadito in un comunicato ufficiale quello che ha sempre detto, e che fra l’altro corrisponde agli obblighi derivanti dalla “costituzione” russa che lui stesso ha recentemente modificato: la Crimea e gli oblast ucraini annessi unilateralmente sono territorio russo irrinunciabile, quindi sono gli ucraini a doverli sgombrare… E naturalmente l’Ucraina deve rinunciare ufficialmente ad entrare nella NATO. Sul “come” giungere a questi punti irrinunciabili e sulle garanzie post-belliche, secondo lui si può trattare… E questi sono i limiti in cui si dovrebbe svolgere la trattativa che lui propone.
Nessuna meraviglia che nessuno si senta di mediare fra queste due posizioni diplomatiche.
Intanto sul campo, come avevamo detto settimane fa, l’offensiva russa volta a massimizzare le difficoltà ucraine si è ormai del tutto esaurita; e l’attrito prosegue…
Orio Giorgio Stirpe