Mentre dura la stasi operativa sul fronte ucraino, proviamo a dare un’occhiata allo scenario geopolitico globale, e vediamo cos’è cambiato.
Scorrendo le notizie del giorno, e in particolare i filmati proposti in rete, una scena che salta all’occhio è l’incontro a Teheran fra Putin ed Erdogan.
Non salta all’occhio tanto per i contenuti del colloquio, largamente prevedibili visto che erano legati allo sblocco del commercio del grano (sblocco che ad entrambi conviene per motivi propagandistici e sulla sostanza umanitaria del quale entrambi sono abbastanza indifferenti), quanto per la forma che questo ha assunto.
Occorre qui una piccola digressione storica: Russia e Turchia sono nemici storici fin dalla fondazione delle rispettive Nazioni. La Russia è nata quale “Terza Roma”, come un germoglio greco-ortodosso in terra slava, auto-proclamata erede dell’impero bizantino che dai turchi era infine stato soppiantato, ed è cresciuta come baluardo cristiano contro le successive ondate islamiche in arrivo dall’Asia centrale e dal Mar Nero.
La Turchia di contro ha patito la sua decadenza sotto i colpi costanti della Russia zarista che premendo dal nord (da quello stesso Donbass dove si combatte oggi) è arrivata di vittoria in vittoria fino alle porte di Costantinopoli, oggi Istambul.
Oltre ad un antagonismo storico, questo passato porta con sé una serie di complessi di inferiorità reciproci e di rancori appena sopiti che rendono ogni supposta “alleanza” fra le due Nazioni una chimera: tutt’al più potremo assistere – come adesso – a momenti di comunanza di interessi. Ma la rivalità per il controllo del Mar Nero e del Caucaso è una realtà geopolitica ineludibile, come lo è l’ostilità reciproca fra le rispettive popolazioni ed élite.
Putin ed Erdogan in realtà presentano personalità abbastanza simili: sono entrambi autocrati ostili alla democrazia liberale di stampo occidentale, nazionalisti, misogini, e dotati di una personalità narcisistica che li porta ad escludere i critici. Apparentemente congeniali uno all’altro, ma in realtà impossibilitati ad andare d’accordo se non temporaneamente e a distanza in quanto entrambi si considerano “maschi Alfa”.
Quando due sedicenti “Alfa” si incontrano, non possono fare a meno di misurarsi a vicenda e di marcare le rispettive posizioni, ed è quello che hanno fatto a Teheran. La scena di Putin lasciato a fare anticamera davanti al divanetto con dietro la bandiera turca in attesa che Erdogan si degnasse di raggiungerlo è di quelle che in Occidente possono passare quasi inosservate, ma che fra autocrati rivestono un’importanza enorme.
Ricordate la scena organizzata proprio da Erdogan con la von der Leyen per rimarcare il suo fastidio a dover considerare una donna quale sua pari? Queste sceneggiate non sono mai casuali quando coinvolgono personaggi come il Presidente turco.
La rivalità fra Russia e Turchia travalica i pur numerosi ed evidenti punti di contatto che in Occidente potrebbero sembrare tali da giustificare un’alleanza di fatto, e concerne obiettivi che nessuna delle due Nazioni è disposta a condividere con l’altra. Il contrasto potrà rimanere sotto traccia per un po’, ma non cesserà mai di esistere, e la tensione è sempre alta. Ricordate l’incidente aereo di qualche anno fa, al culmine della crisi siriana? Gli aerei russi in azione contro i ribelli sostenuti dalla Turchia violarono lo spazio aereo turco in più occasioni, suscitando le proteste di Erdogan, che però non si limitò a protestare: organizzò un “incidente” in cui un Su-24 russo superò di neanche due chilometri il confine e fu abbattuto senza troppi complimenti dagli F-16 turchi.
Il mondo trattenne il fiato, ma i media si sorpresero per la moderatezza della risposta di Putin: nessuna rappresaglia, anzi da quel punto le relazioni fra i due si fecero meno tese… Il fatto è che i due “maschi Alfa” avevano un’idea più chiara rispetto all’opinione pubblica sui loro effettivi rapporti di forza: l’aviazione turca è superiore a quella russa per qualità e per numero, almeno nella regione mediorientale; e la Marina turca è molto superiore alla flotta russa del Mar Nero… Per non parlare dell’esercito turco che nella zona sovrasta quello russo nella misura di due a uno.
La Russia con il suo fallimento militare in Ucraina ha chiaramente dimostrato di non rappresentare una minaccia seria per la Turchia, che dell’Ucraina è notevolmente più forte, dispone di un territorio più facilmente difendibile, e fra l’altro fa ancora parte della NATO.
Peggio ancora: la Russia ha bisogno della Turchia come interlocutore, mentre la Turchia non ha nessun bisogno della Russia.
Quindi è Putin che deve aspettare i comodi di Erdogan, e non il contrario.
I minions del Cremlino, tutti gli apologeti della Russia e gli odiatori in generale dell’Occidente a questo punto insorgeranno scagliandosi contro Erdogan il massacratore dei Curdi e nemico dell’Europa come se in seguito a questo post io mi fossi eretto a suo ammiratore.
Non è così: Erdogan come persona mi piace ancor meno di Putin, anche se rispetto a lui non ha (ancora) aggredito nessuna Nazione vicina con un conflitto ad alta intensità capace di mettere a rischio il mondo intero. Erdogan pur restando nella NATO si è eretto a giocatore in proprio, separandosi dall’Occidente di cui è ancora formalmente alleato e cercando di ricavare il massimo dal conflitto in Ucraina senza rischiare praticamente niente: un gioco cinico in cui è quasi sicuramente un vincitore annunciato.
Quello che intendo puntualizzare è che gli equilibri di potere mondiali sono drasticamente cambiati anche se in pochi per ora se ne rendono conto, e il peso specifico della Russia sulla scena internazionale si è drasticamente ridimensionato.
Così come Erdogan è consapevole che la capacità di proiezione di potenza da parte della Russia ormai non è più tale da incutere soggezione, allo stesso modo lo sono gli altri principali leader mondiali. Perché una Nazione che pretende di comportarsi con arroganza da Superpotenza ma poi non riesce a ridurre militarmente alla ragione un proprio vicino già in difficoltà per conto proprio, può essere affrontata senza troppo timore reverenziale.
Ora, questo per la Russia di Putin è un grosso problema: perché si tratta di una Nazione la cui filosofia diplomatica è sempre stata quella di conquistarsi il rispetto grazie alla sua immagine di forza militare. Una Nazione che aspira ad essere più temuta che amata, ma che non è capace di imporsi in un conflitto da essa stessa scatenato per imporre ad un vicino la propria volontà, rischia l’irrilevanza. In un mondo in cui la Russia non sia più percepita come una potenza militare con cui occorra fare i conti, Mosca rischia di essere vista solo come un fornitore a buon mercato di materie prime, armamenti di seconda scelta e – a richiesta – di ombrello nucleare (a scadenza) in funzione anti-americana.
Una Nazione con pochi clienti, e nessun amico.
Chissà se Putin stava pensando a questo, mentre aspettava nervosamente che Erdogan si degnasse di raggiungerlo…
Sicuramente l’orso Vladimiro non ha reso un buon servizio alla “sua” Russia.
Orio Giorgio Stirpe