Secondo la Cassazione la normativa anti usura si applica anche agli interessi di mora.
Uno degli argomenti maggiormente dibattuti nel diritto bancario è quello relativo alla possibilità/doverosità di calcolare gli interessi di mora per verificare se in un contratto vi sia superamento del c. d. “tasso soglia” e, per l’effetto violazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 II commac.c. In altre parole per anni la Giurisprudenza ha discusso se la disciplina antiusura di cui alla L. 108/1996 sia o meno applicabile agli interessi moratori.
Per la parte maggioritaria della Giurisprudenza di merito e soprattutto – come vedremo sotto – per la Cassazione, la disciplina risultava e risulta applicabile.
Ma per un’altra parte (questa pure molto ingente) della Giurisprudenza non lo era.
Purtroppo a commento di questa seconda posizione molti, anche Giudici, si limitavano a dire che “non si potevano sommare gli interessi moratori agli altri interessi”. Il fatto è che non vanno “sommati”: devono essere calcolati in modo diverso dalla semplice somma aritmetica, ma vanno pur sempre calcolati.
Ma vediamo che cosa dice la Sentenza Cass. Civ. Sez. III n. 27442 del 2018.
In primo luogo ribadisce che gli interessi moratori devono essere calcolati: “Poichè dunque gli interessi possono essere pattuiti sia a titolo di corrispettivo della cessione d’un capitale (art. 820 c.c., comma 3; art. 1282 c.c., art. 1499 c.c.); sia a titolo della remunerazione d’una prestazione a pagamento differito (arg. ex art. 1714 c.c.); sia a titolo di mora (art. 1224 c.c.), la previsione secondo cui il giudizio di usurarietà può riguardare gli interessi pattuiti “a qualunque titolo” rende palese che per la lettera della legge anche gli interessi di mora restano soggetti alle norme antiusura.
La conclusione appena raggiunta è confermata dai lavori preparatori della L. n. 24 del 2001 (che, come s’è detto, convertì in legge il D.L. n. 394 del 2000, che a sua volta interpretò autenticamente l’art. 644 c.p.): nella relazione che accompagnò, nella XIII legislatura, l’esame in aula del D.D.L. n. S-4941 si legge, infatti, al p. 4, che il decreto aveva lo scopo di chiarire come si dovesse valutare la usurarietà di qualunque tipo di tasso di interesse, “sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio”.
Appare dunque, impossibile negare che le norme antiusura si applichino agli interessi moratori convenzionali, se lo stesso legislatore, nell’interpretarle autenticamente, intese precisare che esse si dovessero applicare senza distinzioni. ”
In secondo luogo e lo dice esplicitamente, per prevenire ulteriori problemi, fornisce un’indicazione sul metodo di calcolo: “Al fine di prevenire ulteriore contenzioso, questo Collegio reputa opportuno soggiungere due notazioni finali.
La prima è che il riscontro dell’usurarietà degli interessi convenzionali moratori va compiuto confrontando puramente e semplicemente il saggio degli interessi pattuito nel contratto col tasso soglia calcolato con riferimento a quel tipo di contratto, senza alcuna maggiorazione od incremento: è infatti impossibile, in assenza di qualsiasi norma di legge in tal senso, pretendere che l’usurarietà degli interessi moratori vada accertata in base non al saggio rilevato ai sensi della L. n. 108 del 1996, art. 2, ma in base ad un fantomatico tasso talora definito nella prassi di “mora-soglia”, ottenuto incrementando arbitrariamente di qualche punto percentuale il tasso soglia omissis”.
Ma veniamo brevemente alla Cass. Sezioni Unite n. 19.597 del 2020 riportando direttamente la sintesi fatta dalla stessa Corte ex art. 384 cpc: “ Enunciazione dei principi di diritto. Si devono, a questo punto, enunciare i seguenti principi di diritto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1:
“La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso”.
“La mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del T.e.g.m. non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché “fuori mercato”, donde la formula: “T.e.g.m., più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplicato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dal predetto decreto”.
“Ove i decreti ministeriali non rechino neppure l’indicazione della maggiorazione media dei moratori, resta il termine di confronto del T.e.g.m. così come rilevato, con la maggiorazione ivi prevista”.
“Si applica l’art. 1815 c.c., comma 2, onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l’art. 1224 c.c., comma 1, con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti“.
“Anche in corso di rapporto sussiste l’interesse ad agire del finanziato per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell’accordo; una volta verificatosi l’inadempimento ed il presupposto per l’applicazione degli interessi di mora, la valutazione di usurarietà attiene all’interesse in concreto applicato dopo l’inadempimento”.
“Nei contratti conclusi con un consumatore, concorre la tutela prevista dall’art. 33, comma 2, lett. f) e art. 36, comma 1 codice del consumo, di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005, già artt. 1469-bis e 1469-quinquies c.c.“.”
E’ importante notare come l’ultimissima Ordinanza della Cassazione, la 145 del 4 gennaio 2023 non fa che richiamarsi esplicitamente alla succitata sentenza delle Sezioni Unite cassando con rinvio e riportando le stesse motivazioni del 2020.
In buona sostanza un consolidamento della precedente giurisprudenza della Suprema Corte.
Trieste, 22 marzo 2023
Avv. Augusto Truzzi