L’ISTAT nel sondaggio sulle condizioni di vita e di reddito delle famiglie riporta che;“ Aumenta la povertà per il 57%, la rabbia sociale +10%,la fiducia -8%” si parla di un aumento del rischio povertà per le famiglie italiane cresciuto dal 22,8% al 23,1%, sottolinea che nel 2023 il reddito familiare è cresciuto del 4,2% in termini assoluti, anche se a causa dell’inflazione si è ridotto dell’1,6%.
Secondo altri numeri dell’Istituto di statistica, nel 2024 il reddito disponibile è cresciuto del 5% e il potere d’acquisto dell’1,3%, ma la vera percezione della gente è di una situazione personale che sta peggiorando giorno dopo giorno.
Diminuisce la fiducia della gente nel futuro, crolla la considerazione della realtà lavorativa e salariale personale, si allarga la forbice sociale e cresce la divaricazione tra un’Italia ricca, che diventa sempre più benestante, e una povera, che in prospettiva teme un peggioramento delle sue condizioni di vita.
Cresce la sensazione di incertezza nelle famiglie, dal 53 al 57% dal 2024 al 2025, sono solo emozioni ma un indicatore per capire se la gente sta meglio o peggio, per cui vediamo una crescita del 10% della rabbia sociale, aumentata dal 17 al 27%, così come del 13% del disgusto, che è passato dall’8 al 21%, e una crescita del 6% della paura, che accomuna il 13% delle persone e adesso riguarda il 19% degli italiani, sono in calo, la speranza per il futuro, che era al 39% e adesso è al 28%, e la fiducia, prima al 26% e ora al 18%, facendo segnare un meno 8%, infine la serenità: era al 24%, adesso è al 15%.
Il 55% degli italiani ritiene di vivere una realtà periferica, spenta o in decadenza, aumentato di 13 punti rispetto all’anno scorso, le persone che, invece, sentono di vivere in una realtà dinamica, al centro di grandi cambiamenti sono il 38%, rispetto all’anno scorso, sono calate di 16 punti.
Il 57% degli italiani denuncia l’aumento della povertà,il secondo fattore di insoddisfazione è il permanere della precarizzazione del lavoro, per il 45% degli italiani, o la mancanza di lavoro e di opportunità per i giovani, che è denunciato dal 44%.
Siamo nella fase in cui è particolarmente presente il senso di distacco, disaffezione, disaffiliazione dal lavoro, con un 38% di italiani che pensa il proprio lavoro come noioso, pesante, faticoso, conduttore di malessere, nei ceti popolari, sale al 58%.
Quando la propaganda dice che sono aumentati gli occupati, sono persone che guadagnano a tempo pieno, nel migliore dei casi 1.200-1.300 euro al mese, non si tratta di ricchi, ma persone che stanno sulla soglia della povertà.
Solo l’11% del ceto medio e lo 0,2% del ceto popolare: ritiene di essere in una situazione, in cui l’ascensore sociale funziona, ma solo per chi già sta bene, se invece consideriamo chi ritiene che la sua posizione sociale sia peggiorata, ci troviamo di fronte a un 51% nel ceto popolare e solo il 5% nel ceto medio.
Chi stava nel ceto medio, che si è ridotto in questi anni, continua a stare bene e ha prospettive di crescita; chi sta nei ceti medio-bassi o popolari vede come prospettiva il peggioramento della situazione.
I problemi che assillano le persone sono sempre le stesse da anni: al primo posto l’inflazione, al secondo la stabilità del lavoro o la quantità del reddito.
Nella classifica delle cose che rendono le persone felici, il lavoro è al terzo e ultimo posto. Se ci chiediamo in quali aree la gente vorrebbe aumentare la sua possibilità di felicità, troviamo in primo luogo la condizione economica e quindi lo stipendio per il 48%, il 22%, vorrebbe migliorare il proprio lavoro.
In ultima analisi la forbice tra i ceti più bassi e le persone abbienti sta crescendo.
Alfredo Magnifico
