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L’Ufficio studi della Cgia, lancia l’allarme; “a livello nazionale il rapporto pensionati-lavoratori è uno a uno, mentre, nel Mezzogiorno il sorpasso è già avvenuto”.

I pensionati ammontano a 22.772.000 mentre i lavoratori sono 23.099.000, nelle regioni del Sud e delle Isole le pensioni pagate ai cittadini sono 7.209.000, mentre gli addetti sono 6.115.000.Il risultato è preoccupante e dimostra, con tutta la sua evidenza, gli effetti provocati in questi ultimi decenni da tre fenomeni strettamente correlati fra di loro: la denatalità, l’invecchiamento della popolazione e la presenza dei lavoratori irregolari.

L’insieme di questi fattori sta riducendo progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, si ingrossa la fila dei percettori di welfare.

Nei prossimi 5 anni, quasi il 12% degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età, con sempre meno giovani destinati a entrare nel mercato del lavoro, “sostituire” chi scivolerà verso la quiescenza diventerà un grosso problema per tanti imprenditori.

L’Italia registra una popolazione sempre più anziana e nei prossimi decenni potrebbe accusare seri problemi a far quadrare i conti pubblici; soprattutto per l’aumento della spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e di assistenza alle persone.

Tra il 2023 e il 2027, il mercato del lavoro italiano richiede poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione.

Negli ultimi cinque anni la popolazione italiana in età lavorativa (15-64 anni) è scesa di oltre 755 mila unità e solo nel 2022 la contrazione è stata pari a 133 mila.

Serve;

  • un piano di emersione dei lavoratori “invisibili”, cioè di coloro che svolgono un’attività in nero che, da dati l’Istat, ammontano a circa tre milioni di persone che ogni giorno si recano nei campi, nelle fabbriche e nelle abitazioni degli italiani a svolgere la propria attività lavorativa irregolare,
  • incentivare, ulteriormente, l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, visto che siamo fanalino di coda in Europa per il tasso di occupazione femminile (pari al 50% circa).
  • rafforzare le politiche che incentivano la crescita demografica (aiuti alle giovani mamme, alle famiglie, ai minori eccetera) e allungare la vita lavorativa delle persone (almeno delle persone che svolgono un’attività impiegatizia o intellettuale).
  • innalzare il livello di istruzione della forza lavoro che in Italia è ancora tra i più bassi di tutta l’Ue.

Dalla lettura delle statistiche demografiche/occupazionali emergono tendenze molto preoccupanti, se non saranno prese iniziative in tempi brevi, fra qualche decennio la sanità e la previdenza rischiano di implodere.

Alfredo Magnifico