Negli ultimi 20 anni, il mondo del lavoro ha subito grossi cambiamenti; l’occupazione è cresciuta molto meno che nel resto della Ue (+0,9% tra il 2007 e il 2022 a fronte del +7,3%), tanto che il tasso di occupazione attuale supera di poco il 60% a fronte di una media Ue di circa il 70%, ad aumentare è stata, soprattutto, l’occupazione femminile (+7,5% nel periodo), quella dei laureati (+5,2%) e degli stranieri (+1,6%) mentre per i giovani il dato è fortemente negativo (-26,2%).
Prima del Covid la difficoltà, per le imprese, di reperire, nel mercato del lavoro, le figure professionali ricercate riguardava poco di più di un quarto delle possibili assunzioni, il fenomeno è cresciuto in maniera dirompente a partire dalla fase di ripresa del post pandemia arrivando oggi a interessare circa la metà dei profili lavorativi richiesti.
Il disequilibrio, (mismatch) tra domanda e offerta di lavoro nella sua attuale dimensione, è un fenomeno preoccupante, ci sono diversi elementi che stanno modificando il senso del lavoro, soprattutto tra i giovani, tra questi, la volontà di raggiungere un migliore equilibrio tra vita privata e impegno professionale, tante imprese stanno cambiando politica nei riguardi del personale, agevolando modelli organizzativi più flessibili e favorendo la crescita professionale dei propri dipendenti».
Dalle ricerche, “sul senso del lavoro oggi”, viene fuori che dal lavoro si cerca: solidità economica, giusto equilibrio tra vita e impegno professionale.
L’87% degli occupati in Italia è certo di dedicare troppo tempo al lavoro, il 64,4% ritiene che il lavoro serva solo ad avere le risorse economiche necessarie a vivere (la quota sale al 69,7% nel caso dei giovani), a livello globale, il 62% dei Millennial (i nati nel periodo 1981-1996), afferma che il lavoro è centrale per la propria identità, tra i giovani (Generazione Z, composta dai nati tra il 1997 e il 2012), solo il 49% ha la medesima opinione.
La grande sfida di questa epoca è rimettere la persona al centro dell’impresa e dell’economia, per farlo occorre ridare valore al lavoro, rispondere ai bisogni e ai problemi che emergono dalla vita, occorre contrastare sia la teoria neo-liberista che subordina il lavoro al profitto, (troppo spesso speculativo), sia l’assistenzialismo che ne umilia il valore.
I principali obiettivi da raggiungere nelle politiche a sostegno del lavoro sono:
· l’incremento delle opportunità di lavoro, perché la prospettiva non riguarda l’alternativa tra sviluppo senza lavoro e lavoro senza sviluppo, ma quella di un declino senza lavoro.
· una maggiore accessibilità alle offerte di lavoro esistenti.
· il sostegno a chi è senza occupazione, soprattutto con la formazione.
· una distribuzione più equa ed efficiente del reddito.
Le principali motivazioni che spingono a dare le dimissioni e cambiare posto di lavoro sono; spinta a ottenere un salario più elevato (45%), migliore conciliazione vita-lavoro (35%), maggiori opportunità di carriera e di sviluppo delle competenze (34%), flessibilità negli orari di lavoro e accesso allo smart working (30%), un fenomeno che negli ultimi anni ha assunto una portata considerevole tanto da venire definito come “le grandi dimissioni”.
Questa dinamica ha interessato anche il nostro paese dove le dimissioni richieste dai lavoratori sono aumentate del 13,9% nel 2022 rispetto al 2021 (+269mila), sebbene a inizio 2023 si stia assistendo a un certo rallentamento (-3,7%, pari a -19.307 dimissioni nel primo trimestre 2023 rispetto al primo trimestre 2022).
Per rallentare questo esodo, le imprese sono scese in campo, il 66% delle imprese adotta pratiche per trattenere i talenti in azienda: il 63% punta sugli incentivi economici; il 50% su un miglior equilibrio vita-lavoro; il 45% sulla valorizzazione del ruolo e l’aumento di autonomia del lavoratore; il 15% sullo sviluppo del capitale umano attraverso attività di formazione.
Nel lavoro oggi si cerca; solidità economica (il 44,2% degli occupati considera la retribuzione non adeguata alle proprie esigenze, un giusto equilibrio tra vita e lavoro, la condivisione dei valori dell’azienda); la sicurezza.
Forme nuove di dialettica lavoratore-azienda stanno producendo risultati: Il 24% delle imprese che adottano più iniziative per trattenere i talenti prevede un aumento della produttività nel 2024, contro il 14% del resto delle altre imprese.
Il lavoro sta cambiando, in tutto il mondo, la tecnologia è tra i motori di questa trasformazione, la tecnologia modifica l’organizzazione del lavoro (i 570 mila lavoratori italiani in smart working nel pre-Covid, sono diventati 5,3 milioni nel post-Covid); modifica e amplia le forme di lavoro (in Italia circa 700mila persone lavorano attraverso piattaforme digitali); incide sulle competenze richieste agli occupati (entro il 2025, nel mondo, per il 73% dei lavoratori saranno necessarie attività di aggiornamento professionale).
Un problema che per l’Italia si traduce nella difficoltà di incontro tra domanda e offerta di occupazione. Un fenomeno peraltro diffuso tra i Paesi avanzati (l’Italia è al 69esimo posto, su 133 Paesi mondiali, per facilità delle imprese nel trovare le figure professionali con le competenze richieste), ma che negli ultimi anni è in forte aumento: dal 2019 a settembre 2023 la difficoltà di reperimento di figure professionali è passata dal 26% al 48% delle opportunità offerte dal sistema produttivo.
Le aziende riscontrano parecchie difficoltà a trovare candidati anche perché il lavoro manuale viene spesso considerato poco interessante, nonostante consenta una crescita professionale ed economica importante.
Alfredo Magnifico