Nell’ultimo post ho cercato di dimostrare come, a dispetto dei nomi esotici di villaggi mai sentiti prima che compaiono a tratti più sui social che sui media ufficiali, il fronte in Ucraina è saldamente bloccato e i movimenti minimi cui può capitare di fare riferimento sono ormai semplici aggiustamenti locali delle rispettive posizioni difensive.
Da parte russa può ancora esistere un’ambizione a livello politico di riprendere l’avanzata generale allo scopo di ridurre finalmente alla ragione il recalcitrante governo ucraino che ostinatamente rifiuta di piegarsi alla prepotenza, ma i militari sul campo sono i primi a non credere nella fattibilità di tali velleità, e lo dimostrano con la scarsa convinzione delle loro manovre sul campo e con il livello minimo (plotone/compagnia) degli atti tattici messi in opera.
Di contro, da parte ucraina esiste una dichiarata ambizione di sferrare una controffensiva decisiva volta a liberare i territori occupati e risolvere vittoriosamente il conflitto il prima possibile, ma la realtà dei rapporti di forze sul terreno è tale da rendere tale volontà quanto meno prematura, se non irrealistica: il potenziale militare ucraino a questo punto è ormai tale da annullare il margine di vantaggio russo a livello operativo, ma non tale da sovrastarlo e consentire una superiorità tale da permettere operazioni offensive. L’esercito ucraino è tuttora strutturato in modo tale da massimizzare le capacità difensive.
Per queste ragioni ho prestato relativamente poco credito alle numerose recenti notizie di avanzate russe nel Donbass o ucraine nella zona di Kherson. Di massima, basta una rapida ricerca dei nomi dei villaggi proposti in tali notizie su Google Maps per rendersi conto o della scarsa attendibilità della notizia (località in posizione troppo distante dalla linea accertata del fronte) o della sua irrilevanza (località troppo piccola o troppo vicina alla linea del fronte per apparire significativa).
Sappiamo anche del resto quanto sia importante per entrambe le parti fornire argomenti alla propria propaganda, che assume un valore crescente per il rispettivo sforzo bellico con l’aumentare della fatica per il conflitto: la Russia deve sostenere la retorica dell’”Operazione Militare Speciale” contro il “Nazismo”, mentre l’Ucraina deve sostenere il morale e lo spirito combattivo della popolazione. Di qui, l’enfasi esagerata posta da entrambi su eventi minori o addirittura inventati ad arte.
Nell’ambito di tali eventi potrebbe collocarsi la situazione di Kherson.
Insieme a Mariupol, si tratta dell’area urbana più grande catturata dai russi, e a differenza di Mariupol è anche una capitale di oblast (Regione): l’unico capoluogo effettivamente catturato dai russi nel corso dell’invasione. Costituisce anche l’unica sacca di territorio ucraino occupato ad ovest del fiume Dnipro, il che conferisce alla zona un valore strategico che Mariupol non ha: è in effetti l’unico possibile trampolino per una eventuale campagna in profondità nell’interno del Paese, e l’unica area occupata che consente di qualificare la guerra come qualcosa di più che non un conflitto di frontiera.
Insomma: a differenza di Severodonetsk, Kherson è effettivamente un obiettivo militare significativo e la sua occupazione all’inizio del conflitto è stata un colpo notevole al sistema difensivo ucraino oltre che al morale nazionale.
La riconquista di Kherson rappresenterebbe quindi un risultato significativo per Kyiv, e l’ambizione di conseguirla è assolutamente ragionevole.
D’altra parte, come ho già osservato in passato, le controffensive non si annunciano: si effettuano, possibilmente di sorpresa.
L’operazione ucraina a Kherson è talmente ovvia data la posizione della città e la sua importanza, che i russi ne sono almeno altrettanto consapevoli degli ucraini: la necessità di rinforzarla ha contribuito in maniera decisiva all’esaurimento dell’offensiva nel Donbass, e adesso nella testa di ponte a ovest del Dnipro ci sono due o tre delle migliori brigate russe.
Durante la battaglia di Severodonetsk avevo osservato come gli ucraini secondo me stessero sacrificando troppe forze proprie per logorare quelle russe difendendo un obiettivo di scarso valore militare, e che le riserve messe in campo laggiù avrebbero potuto essere meglio sfruttate cercando di riprendere Kherson.
Naturalmente non ho la stessa visibilità sulla situazione di dettaglio sul terreno che aveva in quel momento lo Stato Maggiore ucraino, e può darsi che le perdite inflitte ai russi nel Donbass giustificassero la decisione, ma sta di fatto che l’opportunità di riprendere Kherson ai primi di giugno è sfumata, e adesso i russi si sono rafforzati.
Non conosco lo stato di preparazione delle riserve ucraine mobilitate di recente, ma dubito siano pronte per un’azione offensiva. D’altra parte gli eventi degli ultimi giorni, e in particolare l’attacco ai ponti, sono segnali chiari di un attacco imminente, e i russi sembrano prendere la cosa seriamente.
Di nuovo: potrebbe essere un piano studiato ad arte per attirare le scarse riserve russe e prevenire un ulteriore sforzo nel Donbass, o potrebbe essere davvero l’inizio di un contrattacco localizzato ma importante.
Del resto, Kherson è virtualmente l’unico punto dove un contrattacco ucraino avrebbe speranze di successo in questo momento, a causa della sua particolare posizione.
Come già osservato in passato, la zona occupata di Kherson è collegata al resto delle forze russe unicamente attraverso il doppio ponte Antonovsky (stradale e ferroviario) e quello di Nova Khachovka, che è anche una diga; il fiume peraltro è troppo largo per risultare non solo guadabile, ma anche attraversabile con un ponte militare. Quindi in assenza di un numero sufficiente di elicotteri, l’unico modo per rifornire le forze a ovest del Dnipro sono i ponti, ed eventualmente le poche chiatte di fortuna disponibili.
Se le forze russe a ovest del fiume sono sottoposte a pressione, devono consumare carburante e munizioni per difendersi, e necessitano più che mai di rifornimenti. Se poi hanno ricevuto rinforzi, glie ne occorrono ancora di più.
Attaccare i ponti dopo l’arrivo dei rinforzi e prima di quello dei rifornimenti è il modo migliore per far esaurire in fretta le scorte dei russi che vengono “fissati” (sottoposti ad attacchi limitati lungo un fronte ampio allo scopo non di respingerli ma di logorarli).
Il ponte Antonovsky ora risulta impraticabile, e quindi il flusso di rifornimenti è più che dimezzato: dipende dal ponte di Nova Khachovka, che è molto più a nord, e dalle chiatte fluviali.
Il ponte a nord, essendo anche una diga, non può essere distrutto: Kherson sarebbe travolta da un’alluvione. Però può essere interdetto con il fuoco diretto delle forze ucraine ormai piuttosto vicine ad esso.
Insomma: la situazione delle forze russe a Kherson è precaria: sono in inferiorità numerica, parzialmente isolate e drammaticamente a corto di rifornimenti.
Si tratta però di forze fra le migliori di quelle a disposizione del Comando russo, e sicuramente si difenderebbero in maniera feroce, provocando perdite gravi alle truppe ucraine appena addestrate.
La domanda quindi è: vale la pena per gli ucraini sacrificare le proprie riserve faticosamente raccolte per distruggere le forze russe isolate a ovest del Dnipro, oppure è sufficiente mantenere queste ultime isolate e logorarle lentamente, rinunciando al colpo di scena della riconquista di Kherson, ma risparmiando le forze per meglio impiegarle più tardi?
Dal punto di vista militare io non avrei dubbi: le forze russe di Kherson sono già virtualmente neutralizzate, isolate come sono. Continuare ad interdire con successo i loro rifornimenti è più che sufficiente a mantenerle fuori gioco, mentre le riserve necessarie per eliminarle possono essere molto più utili per sgominare i nuovi possibili assalti che potrebbero essere imposti da Putin ai suoi riluttanti militari.
Dal punto di vista politico però la eventuale riconquista di Kherson sarebbe un successo innegabile per la propaganda e per il morale ucraino, e potrebbe valere la pena del sacrificio di qualche migliaio di giovani soldati…
Quello che è interessante, è che questa volta la decisione spetta a chi siede a Kyiv, non a chi siede a Mosca.
Il che significa che per la prima volta dall’inizio della guerra, l’iniziativa non spetta più all’orso Vladimiro. E QUESTA è la vera novità della situazione a Kherson.
Orio Giorgio Stirpe