Sono rimasto disconnesso da internet e quindi dal mondo per 48 ore (il tempo di risalire un paio di fiordi e di scalare un ghiacciaio: se rimango sempre fermo davanti al PC mi friggo il cervello), e ora che ho ritrovato una connessione scopro che non è successo niente di nuovo nella guerra che insanguina l’Ucraina.
Intendo dire: niente di significativo dal punto di vista militare. Certo, gli ucraini hanno issato la loro bandiera sull’Isola dei Serpenti e i russi sulle rovine di Lyshyansk, ed entrambi questi eventi hanno una rilevanza mediatica e propagandistica… Ma militarmente non significano niente.
L’Isola dei Serpenti è uno scoglio che non è possibile tenere per nessuno dei due contendenti, se non in maniera puramente simbolica, in quanto troppo esposto e troppo piccolo per poterci nascondere qualche unità con sufficienti rifornimenti: cercare di mantenere una guarnigione sull’isola significa sprecare soldati ed equipaggiamenti ed offrire al nemico un bersaglio facile. Il fatto che la stupidità umana abbia dato a quello scoglio un’importanza di immagine sproporzionata al suo valore militare ha portato la Russia a sacrificare centinaia di marinai e di aviatori, tonnellate di materiale bellico e di rifornimenti, sistemi contraerei sofisticati e naviglio significativo incluso la nave ammiraglia della Flotta del Mar Nero. Se l’Ucraina cercasse a sua volta di tenere una guarnigione significativa sull’isola il risultato sarebbe lo stesso quindi spero si limitino ad issare una bandiera e a lasciare sull’isola una squadra di guardie di frontiera con molto cibo e un buon riparo, senza cercare di farne un inutile “bastione” contro la Marina Russa.
Lyshyansk è un discorso simile. Militarmente è solo un sobborgo di Severodonetsk, il cui abbandono era stato deciso già quindici giorni fa per evitare che la guarnigione vi rimanesse intrappolata. Il ripiegamento per fasi è stato effettuato regolarmente senza che i russi neppure questa volta riuscissero ad insaccare i difensori, e il fronte nel Donbass è stato accorciato a vantaggio dei difensori, imponendo in cambio agli attaccanti un tasso di attrito significativo. Ma se dal punto di vista militare Lyshyansk è priva di valore, di nuovo la propaganda e le dichiarazioni sopra le righe di entrambi i contendenti l’hanno caricata di una valenza politica che non le spetta: siccome era l’ultimo comune della regione amministrativa del Luhansk ancora in mano ucraina, la sua conquista dava alla Russia l’opportunità di esaltare la “liberazione” dell’Oblast, mentre difenderla dava agli ucraini quella di negare tale soddisfazione ai russi. Una soddisfazione che in entrambi i casi non avvicina in alcun modo la fine del conflitto.
Detto questo, torniamo alla mia considerazione iniziale: in quarantott’re non è successo niente di nuovo. Non che nelle ultime settimane sia successo molto di più dal punto di vista militare: il G7 e la Conferenza della NATO hanno un’elevata valenza politica ed economica e influenzano la situazione strategica con le loro delibere, ma non hanno cambiato di molto l’andamento della campagna.
La sostanza delle cose, quindi, è molto semplice: da settimane ormai la situazione militare è sostanzialmente ferma. La Russia mantiene un limitato vantaggio tattico in una porzione ristrettissima del fronte dove riesce a mantenere a caro prezzo una pressione militare che procura unicamente vantaggi propagandistici ma non avvicina in alcun modo il raggiungimento dell’obiettivo annunciato della battaglia per il Donbass: la conquista di entrambi gli oblast del Donbass e quindi in sostanza della città di Kramatorsk.
Il punto fondamentale è che questo non è un conflitto limitato da qualche parte in Africa o nel Medio Oriente fra potenze regionali: è una guerra ad alta intensità condotta dal secondo esercito del mondo contro una Nazione europea di medio rango sostenuta dall’intero Occidente. Una guerra cominciata incendiando d’un colpo un fronte lungo oltre mille e cinquecento chilometri, con un diluvio di missili (centinaia al giorno), lanci di paracadutisti, incursioni in profondità di Forze Speciali, annunci di avvolgimenti strategici, assalti dal mare e tentativi di decapitazione del Governo nemico… Quella stessa guerra ora è ridotta ad una serie di caute azioni tattiche in un settore di fronte lungo meno di un centinaio di chilometri, pochi missili imprecisi al giorno sparati quasi a caso contro obiettivi per lo più civili, nessuna azione manovrata in profondità di alcun tipo e nessun segno di azioni decisive imminenti né da una parte né dall’altra.
Non è così che dovrebbe andare un conflitto di questo livello, che brucia tutti i giorni quantitativi enormi di materiale militare e consuma letteralmente le economie delle Nazioni partecipanti. Le leadership politiche di Mosca (e di conseguenza anche quelle di Kyiv) continuano a lasciarsi andare a dichiarazioni di intenti bellicose, roboanti e assolutamente irrealistiche che rendono di fatto impossibile anche solo avviare una trattativa diplomatica, ma i loro strumenti militari appaiono assolutamente incapaci di realizzare tali aspirazioni.
La Russia ha perduto la capacità militare ci conquistare l’Ucraina, o anche solo di costringerla militarmente alla resa: può solo mantenere una pressione offensiva tale da alimentare la narrativa propagandistica di un’invasione che continua a progredire inesorabilmente, metro per metro… E in cambio subisce quotidianamente un attrito che qualunque altra Nazione giudicherebbe insostenibile a causa dell’incapacità demografica e industriale di ripristinare le forze perdute.
D’altra parte l’Ucraina ha le capacità di assorbire le perdite che subisce nel contenere l’aggressione, e grazie al sostegno occidentale può ripristinare almeno in parte l’equipaggiamento perduto in combattimento, ma difficilmente potrà accumulare un potenziale controffensivo capace di recuperare entro l’anno tutti i territori occupati come richiesto da Zelensky: per un tale obiettivo occorreranno almeno un’altra ventina di mesi al ritmo attuale degli eventi, e per allora l’economia ucraina sarà azzerata e sopravvivrà esclusivamente con il sostegno europeo.
Quella che avrebbe dovuto essere una rapida campagna di movimento, dinamica e innovativa, è regredita ignominiosamente ad una guerra di posizione che assomiglia tragicamente alla I Guerra Mondiale: alle sue trincee lunghe centinaia di chilometri, ai suoi bombardamenti di distruzione lunghi settimane, ai suoi assalti sanguinosi ed inutili, ed alle sua avanzate esasperatamente lente e prive di significato. La conquista dell’Isola dei Serpenti e quella di Severodonetsk ricordano sinistramente delle di Pelagosa e di Gorizia: sanguinosissime, esaltate dalla propaganda, ed assolutamente inutili ai fini della risoluzione del conflitto.
Sono rimasto disconnesso da internet e dal mondo per 48 ore, e quando mi ricollego scopro che non è successo niente.
Niente di nuovo sul Fronte Occidentale…
Orio Giorgio Stirpe