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La guerra è destinata a durare ancora diversi mesi, come minimo.

Il buon senso suggerirebbe di farla finita in fretta, ma purtroppo i contendenti continuano a manifestare propositi tali da rendere un armistizio ragionevole del tutto impossibile. Se da un lato la richiesta ucraina di ritornare sulle posizioni prebelliche appare tanto ragionevole quanto ottimistica, quella russa di “accettare le richieste equilibrate” di Mosca appare almeno altrettanto ottimistica, ma del tutto irragionevole.

Allo stato attuale delle cose le probabilità ucraine di riuscire a respingere i russi sulle linee prebelliche appaiono abbastanza modeste, almeno nel breve periodo indicato da Zelensky: è possibile, e forse anche probabile, che a fine estate l’entrata in linea di nuove Brigate possa consentire una serie di contrattacchi limitati che potrebbero ripristinare il controllo di Kyiv su alcune porzioni anche importanti del suo territorio, ma è difficile che a meno di un collasso improvviso l’esercito russo si faccia ricacciare sulle posizioni del 24 febbraio.

D’altra parte è ancora meno probabile che i russi riescano a conseguire ulteriori guadagni significativi rispetto a quanto attualmente controllato, sicuramente non in misura tale da convincere il governo ucraino ad accettare anche solo parte delle loro assurde condizioni: è possibile che le nuove Brigate ucraine non siano in grado di riconquistare i territori occupati, ma sicuramente basteranno a stabilizzare definitivamente il fronte, che è già praticamente fermo adesso: la costante progressione nel settore di Severodonetsk non solo ha un costo insostenibile, ma ha anche un valore esclusivamente tattico e non apre alcuna possibilità di azione risolutiva.

Esaminata singolarmente, la situazione ucraina appare tragica: le distruzioni in termini di infrastrutture, le perdite di personale e mezzi militari, l’occupazione di 20% del proprio territorio e l’economia al collasso che sopravvive sulla base degli aiuti occidentali, tracciano un quadro drammatico.

Quando però raffrontiamo la situazione ucraina a quella russa, ci rendiamo conto non solo che se Sparta piange Atene non ride, ma addirittura che le prospettive di Mosca appaiono ancora peggiori. L’Ucraina infatti può contare su due cose che alla Russia mancano: un ricambio di personale, assicurato dalla mobilitazione generale (che in un Paese di oltre 40 milioni di abitanti è in grado di garantire i rimpiazzi ad un esercito di trecentomila uomini), e il sostegno economico e industriale oltre che militare di tutto l’Occidente. Di contro, la Russia è disperatamente a corto di personale – cosa mai accaduta prima nella sua storia – e non può contare sul sostegno di nessuno al di fuori dei propri confini resi angusti dalle sanzioni.

James Mattis, universalmente rispettato generale dei Marines, ha tracciato ieri un quadro spietato della situazione russa. Alla domanda su quali lezioni militari potrebbero essere tratte finora dalla guerra, l’ex Ministro della Difesa americano ha risposto: “la prima è non mettere generali incompetenti a gestire le operazioni”. Ha anche definito “patetiche” le prestazioni militari della Russia e ha denunciato “lo sforzo immorale, tatticamente incompetente, operativamente stupido e strategicamente sciocco” della campagna in Ucraina.

Chi legge i miei post da un po’ noterà una certa somiglianza fra le sue opinioni e le mie… Anche se forse lui è un po’ più drastico. È la prima volta che si esprime pubblicamente in merito alla guerra in corso, a differenza di molti altri generali in congedo, e personalmente valuto la sua opinione estremamente importante in quanto lo considero uno dei militari professionisti più capaci e credibili attualmente in vita.

Ma se la situazione russa è così priva di sbocchi, perché Putin si ostina ad andare avanti?

Non si capisce. Naturalmente possiamo fare delle ipotesi: potrebbe essere la sua salute apparentemente ormai compromessa ad alterare il suo giudizio, oppure il prolungato isolamento da COVID e l’aver estromesso dalla sua cerchia tutti coloro che la pensavano in maniera differente da lui lo hanno portato a vedere il mondo in maniera dissociata rispetto alla realtà.

Quale che sia la ragione, è un fatto che i russi continuano ad intraprendere azioni che sortiscono un risultato completamente diverso da quanto apparentemente si aspettano.

Il primo errore clamoroso, più volte rimarcato nei nostri post, è stato quello di dare per scontato che gli ucraini non avrebbero combattuto, e che anzi una parte consistente della popolazione avrebbe accolto gli invasori come liberatori. Da questa errata supposizione come abbiamo visto è derivata una pianificazione operativa completamente sbagliata, che ha condotto a perdite esiziali e alla sconfitta nella battaglia per Kyiv.

Il secondo errore è stato supporre che l’Occidente avrebbe reagito in maniera scoordinata, esitante ed inefficace, in linea con l’immagine di decadenza che ha Putin di noi (e che i minions adorano ribadire quotidianamente). L’Occidente ha invece reagito in maniera unitaria ed energica, mettendo gli ucraini in condizione di resistere almeno quanto i russi pur disponendo oggettivamente di meno risorse.

Il terzo errore ovviamente è stato sovrastimare le capacità dell’esercito russo: come rilevato da Mattis, i generali si sono rivelati sostanzialmente incompetenti, i soldati poco motivati a rischiare la pelle, e l’equipaggiamento assai meno performante di quanto decantato dalla propaganda. Come risultato la supposta schiacciante superiorità sugli ucraini si è rivelata illusoria, e adesso la Russia è infognata in una guerra che non riesce a vincere e dalla quale non riesce a districarsi.

Ma gli errori continuano.

Ieri abbiamo parlato del fallimento del targeting russo, ormai manifestatosi in innumerevoli casi dall’inizio del conflitto, con missili teoricamente precisi ma in realtà obsoleti che cadono su condomini residenziali invece che su obiettivi militarmente significativi.

Il beneficio del dubbio è imperativo: odio pensare che dei colleghi – ancorché avversari – possano scegliere scientemente di colpire obiettivi civili a scopo terroristico. Quindi continuo a ritenere che si tratti di errori, e in questo caso si tratta di un ulteriore indice significativo di incompetenza, nel solco di quanto affermato dal generale Mattis.

Ma purtroppo si comincia ad intravedere una tendenza perversa nel numero sproporzionato di scuole e di ospedali colpiti dall’inizio del conflitto. Una tendenza purtroppo confermata dal precedente siriano: anche ad Aleppo gli ospedali sono stati colpiti sistematicamente allo scopo di indebolire il morale dei difensori.

Il sospetto a questo punto è che il concetto d’azione possa essere lo stesso.

Ma in questo caso l’errore sarebbe davvero madornale: lungi dall’abbattersi, gli ucraini si irrigidiscono sempre di più di fronte a questo tipo di attacchi, e anche l’opinione pubblica occidentale si indigna sempre di più, aumentando il supporto alla politica di sostegno all’Ucraina da parte dei Governi.

Psicologicamente e culturalmente, gli ucraini non sono molto diversi dai russi, ed è difficile pensare che gli analisti militari del Cremlino possano aver preso un abbaglio così grande da cercare di applicare in Ucraina gli stessi principi di guerra terroristica che hanno funzionato in Siria contro una popolazione disperata e priva di qualsiasi reale sostegno internazionale.

Eppure il dubbio non può non venire: i bombardamenti russi hanno un evidente scopo psicologico: con l’offensiva terrestre che langue sempre più ed è ormai limitata ad una piccola zona del Donbass, esiste la necessità di proiettare un’immagine di potenza e di persistente progressione offensiva almeno in termini di offensiva aerea. Questo, in un momento in cui i missili cominciano a scarseggiare sempre di più e tocca andare a ripescare dai depositi materiale dismesso in quanto obsoleto.

Ma proprio nel momento in cui occorre mantenere la pressione dal cielo pur con risorse ormai limitate, occorrerebbe analizzare con cura i bersagli in modo da selezionare quelli più significativi dal punto di vista militare e massimizzare i risultati.

Se questo non avviene e vengono invece colpiti i condomini, i casi sono due: o i russi mancano della capacità di intelligence e di Targeting per selezionare e colpire gli obiettivi più significativi, oppure sono intenti a condurre deliberatamente una campagna terroristica che – oltre ad essere criminale – è assolutamente controproducente.

Riaffermo la mia preferenza per la prima ipotesi, che è in linea con quanto abbiamo osservato in precedenza e con l’opinione del generale Mattis. Ma la concomitanza pressocché esatta fra gli ultimi attacchi a bersagli civili a Kremanchuck e Odesa e le conferenze occidentali del G7 e della NATO appare sinistramente sospetta.

Difficile dire cosa sia peggio per l’orso Vladimiro.

 

Orio Giorgio Stirpe