La conseguenza economica della guerra in Ucraina rischia di pesare in modo particolare sui lavoratori, infatti, le sanzioni finanziarie e commerciali attivate nei confronti della Russia avranno riflessi negativi sull’economia Italiana, di certo vanno calibrate una volta presa consapevolezza delle effettive proporzioni e della specifica caratterizzazione dell’economia russa.
Il Pil russo vale quanto quello italiano, d’altronde la Russia è un Paese ragguardevole per ricchezza prodotta, anche se non è un gigante come gli Stati Uniti e la Cina.
La gran parte della ricchezza russa dipende dall’estrazione e dall’esportazione di risorse naturali come il petrolio e il gas naturale e il tradizionale legame commerciale fra Mosca e Roma, ha portato l’Italia ad importare dalla Russia tanto gas metano da coprire il 45% del proprio fabbisogno.
L’import russo garantisce materie prime ed energia, allo stesso tempo, la Russia ha anche costituito un consistente mercato di sbocco per i prodotti dell’industria e dell’artigianato; il comparto moda e lusso e lifestyle (calzaturiero, legno e arredo…) meritano di essere richiamati.
La parte del leone spetta al segmento ad alto valore aggiunto dei macchinari e delle apparecchiature industriali, fiore all’occhiello della metalmeccanica Italiana.
L’export di beni di consumo e di lusso, di beni strumentali alla manifattura, ha consentito il raggiungimento del saldo commerciale positivo (in contrazione dalla crisi di Crimea del 2013 e 2014).
Le sanzioni europee, soprattutto l’esclusione di importanti banche russe dal sistema Swift delle transazioni finanziarie, hanno impresso una formidabile impennata al trend di aumento dei prezzi di petrolio e gas metano.
Il prezzo del gas faceva registrare un aumento fin dalla metà del 2021, oggi, a seguito dell’operazione militare il suo prezzo di scambio ha raggiunto la quota di 290 euro per megawattora (contro i 18 euro dei tempi di pace, questa situazione causa allarme, non solo per la povertà energetica ma anche per gli effetti negativi prodotti sulla sostenibilità dei costi delle imprese italiane, e aumento dei costi con l’incremento dei prezzi energetici eroderanno i margini di profitto conseguibili sul mercato, con ricadute negative prima sulla redditività e sul tasso di crescita delle imprese, poi sulle possibilità di redistribuzione liberate dalla contrattazione collettiva.
La situazione di grave incertezza, provocata dalla campagna militare di Putin in Ucraina, frenerà nuovi investimenti e progetti d’impresa, freno all’export, aumento dei costi delle gestioni aziendali, congelamento di nuovi investimenti saranno la logica conseguenza di fattori negativi per i quali, non si intravedono possibilità di risoluzione.
I tempi della crisi ucraina, con il suo carico insopportabile di vittime civili, si spera non si protraggano troppo ,non è certo fattore positivo che l’unica performance finanziaria in forte controtendenza sia quella dell’eccellenza manifatturiera italiana nella produzione di armi, il cui titolo è stato sospeso alla Borsa di Milano per eccesso di rialzo.
Il rischio maggiore potrebbe essere quello che a rimetterci l’osso del collo siano lavoratrici e lavoratori, la cui protezione è diventata complicata, Istat rileva che; le famiglie stanno facendo i conti con un’accelerazione inflattiva, sostenuta dall’aumento del prezzo dei beni energetici, che mette in crisi il potere d’acquisto. La minore redditività delle imprese impedisce, nel breve termine, la possibilità di rivendicazioni salariali incentrati sull’aumento dei trattamenti economici e i rinnovi contrattuali possono uscire ostacolati, messi sotto pressione, e irrimediabilmente compromessi, per cui diventano chimere i rinnovi contrattuali bloccati da anni, con l’aggravante della preoccupazione per le potenziali conseguenze sull’occupazione dovuto al calo di commesse dalla Russia.
Nelle aziende più strutturate e di grandi dimensioni, il calo di commesse potrebbe mettere a repentaglio la stabilizzazione dei lavoratori assunti con tipologia contrattuale flessibile, quei lavoratori,la cui assunzione è stata giustificata dalle esigenze di gestione della ripresa post-pandemica.
Nelle micro e piccole imprese più esposte verso il mercato russo, si dovrà monitorare se il calo della domanda con l’aumento dei costi energetici, potrà determinare problemi seri ai bilanci, e quindi alla continuità di impresa.
Alfredo Magnifico