Ultime notizie

Il consiglio dei ministri ha varato un ddl che introduce il reato di femminicidio, “Introduzione del delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime” (d.d.l. 1433), un disegno di legge nato monco, ovvero, senza un vero confronto con chi lavora quotidianamente su questi temi, ma alle donne che subiscono violenze, ben poco interessa a quale pena verrà sottoposto chi la opera.

La molestia sul posto di lavoro è un fenomeno in larga parte sommerso a causa dello stato di paura e soggezione in cui sono costrette a vivere molte vittime di molestie.

I comportamenti inappropriati a sfondo sessuale sul luogo di lavoro sono un problema vecchio che viene raccontato con alterne fortune e con narrazioni più o meno efficaci, troppe volte ho raccolto lacrime di donne vessate sul lavoro, che preferivano ingoiare amaro, piuttosto che denunciare.

La Convenzione 190 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ratificata dall’Italia nel 2021, introduce un approccio ampio, non limitandosi ai lavoratori subordinati, ma estendendo le tutele anche ad autonomi, tirocinanti, volontari e a chi cerca impiego, sarebbe il caso che la legislazione nazionale ne tenga conto.

La legge prevede diverse tutele per chi ha subito delle molestie sul lavoro, che possono essere fatte valere nelle sedi opportune, anche se non è con pene severe o più severe che si afferma il diritto delle donne di vivere una vita libera dalla violenza.

Alle donne che subiscono violenze, ben poco interessa a quale pena verrà sottoposto chi la opera, ancor meno se la violenza arriva alla morte, che, tra parentesi, è già punita con l’ergastolo.

Alle donne servirebbero; strumenti, risorse per lasciarsi la violenza alle spalle, tutela effettiva per impedire che la violenza venga esercitata.

Sotto il profilo tecnico il testo è scritto malissimo ed esporrà la difesa delle donne ad ogni possibile eccezione.

La legge chiarisce che le molestie sul luogo di lavoro sono dei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

Gli accordi o i provvedimenti riguardanti i lavoratori vittime di molestie sono nulli se sono stati adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione del dipendente, quindi, ad esempio, un Tribunale potrà accertare l’invalidità di un trasferimento di sede disposto da un datore di lavoro che aveva molestato una dipendente.

Il lavoratore-lavoratrice che agisce in giudizio per far riconoscere le molestie non può essere; sanzionato, demansionato, licenziato o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi sulle sue condizioni di lavoro, l’eventuale licenziamento o demansionamento sono nulli.

In breve un’azienda che licenzia una dipendente con cui ha un contenzioso riguardante delle molestie sul lavoro rischia di dover reintegrare la lavoratrice e di pagare tutte le retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento a quello della reintegra.

Sia la normativa italiana che quella internazionale spronano le imprese ad adottare politiche aziendali in grado di prevenire le molestie sul luogo di lavoro anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali.

In generale, la legge italiana impone alle aziende l’obbligo di garantire l’integrità fisica e morale dei dipendenti, adottando le misure di prevenzione necessarie, in questo solco si inseriscono gli strumenti di tutela previsti per le vittime di molestie sul luogo di lavoro.

Insomma, la legge dice chiaramente che tutti abbiamo il diritto di lavorare in un ambiente sicuro, rispettoso e libero da qualsiasi comportamento indesiderato posto in essere per ragioni connesse al sesso, tutti abbiamo diritto di lavorare senza essere molestati.

 

Alfredo Magnifico