Con l’ordinanza n. 8857 del 03.04.2025, la Cassazione viene sancito il principio che il licenziamento di un dipendente motivato per la testimonianza, ritenuta dal datore falsa in quanto contrastante con i propri assunti difensivi, non può essere ritenuto legittimo solo perché motivato dalla sua testimonianza favorevole al collega.
La Suprema Corte ha confermato che il recesso è ritorsivo quando il motivo illecito risulta unico, esclusivo e determinante.
Il fatto riguarda un lavoratore licenziato perché, nell’ambito di un giudizio intentato da un collega, aveva reso una testimonianza che l’azienda ha ritenuto falsa.
In realtà, la testimonianza contrastava con la linea difensiva adottata dal datore di lavoro, la circostanza è stata valutata dalla Corte d’Appello, che aveva già accolto la domanda del lavoratore, riconoscendo la natura ritorsiva del licenziamento.
La Cassazione, confermando la pronuncia di merito, precisa che il licenziamento risulta inammissibile quando viene accertato il carattere univoco e determinante del motivo illecito.
Secondo i Giudici di cassazione, la sentenza presuppone un attento accertamento dell’insussistenza della causale proposta a fondamento del licenziamento.
Il principio –fondamentale- ribadito è che il licenziamento ritorsivo non può essere applicato a un dipendente che ha agito per effetto della propria coscienza, testimoniando a favore di un collega.
La sentenza ribadisce che l’ordinamento giuridico tutela chi intraprende questa strada e ribadisce il divieto di utilizzare il licenziamento come strumento di punizione per chi collabora con la giustizia.
Questa sentenza assume un’importanza cruciale sul piano della tutela dei lavoratori, poiché in molte realtà aziendali, i dipendenti temono ripercussioni o azioni ritorsive nel momento in cui decidono di testimoniare a favore di colleghi coinvolti in contenziosi legali contro l’azienda, questo timore, può compromettere la volontà dei lavoratori di collaborare con la giustizia.
La “Sentenza” richiama il principio della tutela del diritto alla verità e alla giustizia e rappresenta un segnale importante: il sistema giuridico non consente che il diritto di testimoniare sia strumentalizzato per fini ritorsivi.
L’ordinanza chiarisce nel merito la condizione in cui un licenziamento, basato esclusivamente sul comportamento del dipendente durante una deposizione, diventa illegittimo.
La Cassazione evidenzia che l’intento di reagire all’esito favorevole del giudizio, in cui il dipendente ha agito in contrasto agli interessi difensivi dell’azienda, determina la natura ritorsiva del provvedimento, rafforza la protezione del lavoratore, garantisce che il coraggio di testimoniare a favore di un collega non può essere punito con misure punitive sul posto di lavoro.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società, confermando la nullità dell’impugnato recesso.
Alfredo Magnifico