Le aspettative della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica occidentale per la proposta “di pace” di Trump sono incredibilmente vaste: forse è il caso di ridimensionarle un po’. Il motivo di tale esagerata fiducia ritengo risieda non solo nella propaganda russa che inquina pericolosamente l’informazione, ma anche dalla costante confusione fra speranze e obiettive possibilità, che tende a offuscare la ragione. Poiché la propaganda è studiata apposta per giocare con le speranze e i timori dell’opinione pubblica presa di mira, l’offuscamento risulta particolarmente efficace e arriva a confondere non solo il pubblico ma anche le dirigenze politiche.
La realtà sul campo ci mostra due eserciti esausti, privi di capacità di manovra e inestricabilmente impelagati in una guerra di attrito che nelle condizioni attuali non può determinare un vincitore, e che nello stesso tempo non può neppure proseguire in eterno a causa del consumo eccessivo di risorse umane e materiali imposto ad entrambi i contendenti. La realtà diplomatica ci mostra anche due posizioni negoziali del tutto inconciliabili, dove l’Ucraina ha come priorità la sovranità nazionale e l’integrità territoriale, mentre la Russia pretende la sottomissione politica e una serie di concessioni territoriali; nessuna delle due parti ha come priorità “la pace”, qualunque cosa si intenda con essa. Indipendentemente dai desideri dell’opinione pubblica occidentale, la guerra continua a causa di questa realtà ineluttabile.
A rimescolare le acque torbide del conflitto, è intervenuta la necessità da parte di Donald Trump di onorare la sua promessa elettorale di porre rapidamente fine al conflitto. Offrendosi come mediatore, questi deve necessariamente liberarsi dei panni di leader dell’Occidente, che è sostanzialmente parte attiva anche se non combattente nel conflitto, e assumere almeno formalmente una posizione equidistante in modo da essere accettato non solo dall’Ucraina ma anche dalla Russia. Di qui i comportamenti discutibili del governo americano negli ultimi due mesi: se non ci fossero stati, la missione americana a Mosca non avrebbe avuto altro significato che riabilitare Putin a livello internazionale (cosa che determinerà comunque).
Il primo punto da chiarire dunque è quale sia lo scopo dichiarato della missione: non si tratta di trattare “la Pace”, ma solo una TREGUA, per di più limitata a 30 giorni, e comunque non si sa a partire da quando. Molti diranno che è comunque un primo passo, e l’Amministrazione USA ha ragione a dire che non si può trattare “la pace” se non ci si siede a un tavolo. Se la tregua avesse successo, potrebbe evolvere in un ARMISTIZIO; nemmeno questo corrisponde a “la Pace”: è solo un’interruzione a tempo indeterminato del conflitto guerreggiato, ma non prevede una soluzione negoziata del conflitto stesso, che è resa impossibile dall’inconciliabilità delle posizioni di partenza, dalle quali nessuna delle due parti è disposta a recedere in quanto entrambe ritengono di aver già pagato un prezzo troppo elevato per potersi accontentare di una “vittoria mutilata”, e nel contempo entrambi ritengono ancora di poter vincere.
Chiarito di cosa si parla, vediamo a chi potrebbe convenire l’eventuale tregua. All’Ucraina consentirebbe di tirare il fiato, completare la ristrutturazione del proprio ordine di battaglia con la nuova catena di comando in via di costituzione, acquisire nuovo materiale dagli alleati e soprattutto dall’industria domestica (impiantata dai tedeschi), e soprattutto di scavare e costituire nuove linee difensive su cui incardinare la difesa e inchiodare il nemico alla ripresa dei combattimenti. Alla Russia la tregua potrebbe invece consentire non solo di riordinare le proprie forze in vista di una ripresa offensiva, ma soprattutto fornire l’opportunità per estorcere all’America un alleggerimento delle sanzioni o una sospensione degli aiuti all’Ucraina. Si tratta di vantaggi limitati e puramente eventuali, e comunque nessuno dei due contendenti è realmente interessato ad una reale cessazione delle ostilità.
Il fatto però è che la trattativa prosegue. Questo, perché Trump ha le sue carte in mano, per usare un’espressione che a lui piace: non è certo il poker che a lui piacerebbe avere, ma sono comunque carte considerevoli. Zelensky ha accettato – apparentemente su suggerimento britannico – per riavere accesso all’intelligence operativa americana e per mettere nei guai Putin, che adesso dovrà scoprire le sue, di carte; Putin accetta almeno di parlarne perché così esce dall’isolamento diplomatico e torna ad essere l’interlocutore di quella che lui considera “l’altra” superpotenza (oltre alla sua Russia). Insomma, uno ha ripristinato gli aiuti e l’altro ha riavuto il riconoscimento americano. Trump, per parte sua, può dimostrare di aver finalmente avviato un “processo di pace”, indipendentemente da come andrà a finire.
Già: come andrà a finire?
Il problema è che Trump NON HA alcun “piano di pace” in mente: la sua idea è semplicemente di far sedere Zelensky e Putin a un tavolo e farli discutere, convinto di poterli bullizzare entrambi in un accordo che a nessuno dei due interessa, in quanto lui è l’America ed è bravo a concludere accordi.
Abbiamo visto più sopra quale è la realtà sul campo; il problema di comprensione per l’opinione pubblica è che esiste anche la realtà virtuale della propaganda, che a causa della pessima informazione pubblica si sovrappone completamente alla realtà fattuale (per intenderci: “la Russia è invincibile”). A intorbidare ulteriormente le acque, ora è intervenuta una seconda realtà virtuale: a quella creata dalla guerra ibrida di Mosca si è andata ad aggiungere quella messa in scena da Trump e dalla sua Amministrazione (“Trump è il più grande “deal maker” e l’America è onnipotente”). Le due realtà virtuali apparentemente tenderebbero a coincidere, aumentando la sensazione di inevitabilità di un accordo “pace contro territori ucraini” e accrescendo a dismisura le aspettative dell’opinione pubblica.
Sia Trump che Putin sembrano veramente credere alle loro stesse auto-generate realtà virtuali. Trump non si capacita di come Canada ed Europa non si assoggettino ai suoi dazi non capendo di quanto l’America li sovrasti, o di come Zelensky non gli mostri il rispetto e la gratitudine dovuti all’unico fattore che avrebbe garantito la sua sopravvivenza (secondo Trump l’aiuto europeo non conterebbe nulla). Putin è convinto della potenza inesauribile della Russia e del suo “diritto” a controllare l’Europa orientale (Ucraina compresa) e non si capacita di come l’Ucraina possa essere ancora lì. Le due realtà virtuali però non corrispondono: è vero che entrambe dipingono America e Russia come gli unici due attori legittimi del Grande Gioco, ove tutti gli altri – Europa compresa – sarebbero comparse, ma in quella di Trump l’America non sovrasterebbe solo l’Europa, ma anche la Russia stessa, e sarebbe in grado di imporre la sua pace con la semplice pressione economica.
In queste condizioni, dove la realtà sul campo rende improbabile una tregua e impossibile un accordo di pace, e le realtà virtuali che guidano due dei tre protagonisti delle trattative non corrispondono nemmeno fra loro, un accordo appare quantomeno improbabile.
Vero è che se all’Ucraina è convenuto fingere di aderire per ottenere in cambio la ripresa del sostegno americano, alla Russia conviene fingere di aderire per evitare una rottura troppo evidente e sfruttare l’opportunità di ristabilire l’agognato dialogo con l’interlocutore americano. Potremmo quindi assistere a qualche limitato accordo di facciata, come ad un rilancio da parte russa con richieste di condizioni aggiuntive quali l’alleggerimento delle sanzioni almeno da parte americana. Potremmo perfino giungere ad una tregua momentanea – che, come abbiamo visto, potrebbe anche offrire qualche vantaggio temporaneo – ma sicuramente la parte russa provvederebbe a farla collassare in breve tempo cercando di attribuirne la responsabilità all’Ucraina secondo le tecniche collaudate nel Donbas dal 2014.
Insomma: abbassiamo il livello delle nostre aspettative.
La realtà delle cose è che Trump ha bisogno di una trattativa a prescindere; ma Zelensky vuole il massimo sostegno materiale possibile e Putin vuole la fine delle sanzioni, ed entrambi vogliono continuare a combattere per conseguire i propri obiettivi.
La guerra, purtroppo, continua…
ORIO GIORGIO STIRPE