I fratelli Nicolò (n. Torino 1918), Sergio (n. Trieste 1922) e Antongiulio (n. Trieste
1921) Cobolli Gigli arrivavano a Capodistria nella stagione estiva, durante le vacanze, quando
erano liberi dagli impegni scolastici e la famiglia veniva a trascorrere un periodo di soggiorno
a Giusterna. Venivano da fuori perché tenuti lontano dalla città di origine dagli impegni del
padre, l’Ing. Giuseppe, che aveva coronato una brillante carriera a Roma quale Ministro del
dicastero dei lavori pubblici. Non per questo
erano degli estranei, che il sangue
capodistriano di vecchio ceppo, non si era
diluito nelle loro vene e vincoli di parentela e
d’amicizia erano mantenuti con molti dei
coetanei, specialmente con i cugini Cobolli.
Cordiali con tutti, anch’essi erano attratti dal
polo del Circolo Canottieri «Libertas» a Porta
Isolana, luogo di convegno ideale, dove si
vedevano spesso attorno alle barche a
organizzare uscite, escursioni o traversate sino
al Lido di San Nicolò d’Oltra.
Nicolò era nato a Torino, il 30 ottobre
1918, quando la prima guerra mondiale stava
per finire e a Capodistria erano già apparsi i
primi tricolori.
Il padre Giuseppe, che seguiva gli studi
al Politecnico, era stato sorpreso dagli eventi
del 1914 nel capoluogo piemontese e si era
arruolato volontario nell’Esercito italiano con
il cognome Gigli sposando poi una torinese,
Maria Azario. Sensibile alla tradizione patriottica di famiglia e ai doveri, ch’essa comportava,
Nicolò, appena diciottenne, partiva nell’ottobre del 1936 per l’Africa Orientale, terra che per i
giovani del tempo rappresentava un romantico e avventuroso richiamo di là dal momento
politico, dove egli si rendeva utile nello svolgimento d’incarichi civili.
Rimpatriato alla fine del 1937, aveva modo di coltivare la sua passione per il volo
conseguendo, nel periodo dal 7 febbraio al 22 agosto 1938, il brevetto di pilota civile, che gli
permetteva di coronare la vecchia aspirazione di entrare in servizio nella Regia Aeronautica.
Assegnato alla Scuola di volo di Castiglione del Lago, vi prestava il 22 settembre 1938
il giuramento di fedeltà e dopo aver superato severe prove psico fisiche, conseguiva il 10
luglio 1939 il Brevetto di pilota militare.
Con il grado di Sottotenente di Complemento prestava il prescritto servizio di prima
nomina nei bombardieri per passare presto nel 4° Stormo Caccia Terrestre, specialità che
richiamava il fior fiore dei piloti. Veniva collocato in congedo il 16 marzo 1940 e poco più di
due mesi dopo, avuto appena il tempo di conseguire la Laurea in Scienze Politiche presso
l’Università di Roma, con una brillante tesi sull’Albania, al precipitare degli eventi, nei quali
l’Italia veniva trascinata, Nicolò era richiamato in servizio.
Destinato al 51° Stormo Caccia Terrestre, prendeva pratica dei velivoli operativi di
prima linea passando dai vecchi C.R. 42 ai G. 50 Freccia (nella immagine).
Nel settembre dello stesso anno veniva assunto in forza dal 59° Stormo, inquadrato nel
24° Gruppo destinato alle forze aeree dell’Albania. Il giovane Nicolò Cobolli Gigli arrivava a
Tirana il 2 novembre 1940, trasferito all’Aeronautica dell’Albania e veniva ben presto
investito dal ciclone della guerra nel quale si lanciava senza risparmiarsi e senza far valere
amicizie e conoscenze altolocate, che avrebbero potuto metterlo al riparo dei pericoli.
Volatore appassionato e instancabile, gregario intelligente, generoso e fedelissimo
poneva nelle azioni di guerra, tutto l’eroico slancio della sua giovinezza. Dal novembre 1940
al marzo 1941, era impegnato quasi giornalmente in voli di scorta ai bombardieri, in pattuglia
di protezione ai campi, in azioni offensive, guadagnandosi la piena stima dei superiori e dei
compagni di volo, su di un fronte difficile per le caratteristiche del terreno e sanguinoso per
essere sostenuto da forze insufficienti rispetto alle inattese reazioni dell’avversario, che in un
primo tempo era riuscito a ricacciare le truppe italiane in territorio albanese.
Il 4 marzo 1941 si
sviluppava una vasta offensiva
aereo-navale al confine greco-
albanese.
La formazione di cui
faceva parte Cobolli è inviata a
fornire copertura aerea a una
flottiglia della Regia Marina
impegnata, dall’inizio del mese,
in una missione di
bombardamento navale contro
postazioni nemiche dislocate
sulla costa dell’Albania formata
dal Cacciatorpediniere Augusto
Riboty, dalla Torpediniera
Andromeda e da tre Siluranti
d’assalto Mas.
Avvisata del pericolo, fu dato l’allarme e l’ordine di decollo immediato alle unità della
britannica Royal Air Force dislocate in zona. La forza d’attacco era costituita da 15
bombardieri leggeri Bristol Blenheim, scortati da 10 caccia monoplani Hawker Hurricane e
17 caccia biplani Gloster Gladiator.
La formazione britannica intercettò la forza navale italiana 10 miglia a sud di Valona e
quando i Blenheim iniziarono a bombardare le unità navali, peraltro senza successo, la caccia
italiana iniziò il combattimento aereo in palesi condizioni di inferiorità.
Si accese un violento combattimento. Allo squilibrio numerico sopperì l’aggressività
dei piloti italiani e in particolare del Sottotenente Cobolli Gigli. Nicolò si lanciava in aiuto di
un gregario tagliato fuori e si trovava impegnato ben presto in un impari lotta fatta di
picchiate, di cabrate, di scivolate d’ala tra il grandinare di proiettili.
Alla fine gli aerei avversari si ritiravano; avevano perduto cinque aerei, ma anche due
dei nostri mancavano infine all’appello. Nel corso dello scontro vennero abbattuti cinque
velivoli britannici e trovò la morte il Sergente pilota Marcello De Salvia abbattuto mentre
combatteva a bordo del suo Macchi G 50, anch’esso decorato con Medaglia d’Oro al Valor
Militare alla memoria. Cobolli Gigli fu visto scendere, con il velivolo in fiamme, in
territorio nemico. Il Sergente De Salvia, abbattuto e rimasto ucciso nello scontro, veniva
rintracciato entro le nostre linee; di Nicolò Cobolli Gigli -al momento- nessuna notizia.
C’erano trepide le speranze, che si facesse vivo da qualche campo di prigionia; pertanto,
per tale azione e poichè ritenuto prigioniero, gli venne conferita la MEDAGLIA D’ARGENTO AL
VALOR MILITARE con la motivazione:
«Audace pilota da caccia, gregario generoso e fedelissimo, partecipava con grande
slancio a numerose crociere offensive, a scorte al bombardamento, compiute in territorio
nemico e spesso al limite dell’autonomia.
In combattimento contro caccia avversari contribuiva efficacemente all’abbattimento di
dieci apparecchi; in altro aspro combattimento contro forze nemiche da caccia, più che
doppie di numero, generosamente ed eroicamente accettava l’impari battaglia, finché colpito
fu costretto a scendere in territorio nemico». Cielo di Grecia, novembre 1940-marzo 1941
La verità veniva appresa dopo 16 mesi quando il Padre rintracciava e riconosceva la
salma del figlio, quando fu possibile interrogare i testimoni oculari, come il capo del villaggio
di Spilea, che rilasciava la seguente dichiarazione:
«Nelle prime ore del pomeriggio del 4 marzo 1941 mi trovavo a Spilea di Himara, da
dove segui il combattimento aereo navale di quel giorno. La mia attenzione venne attratta da
un aereo italiano, il quale, incurante del numero dei caccia nemici, li affrontava decisamente.
Ne seguì un serrato duello; italiano svolgeva brillanti evoluzioni da lasciare ammirati gli
stessi soldati greci, sia per la perizia che per l’indomito coraggio tanto che gli stessi abitanti
ne rimasero vivamente entusiasmati. Dopo poco, però, malgrado la aggressività e il
coraggio, l’aereo italiano veniva colpito dal nemico e l’aviatore perdeva la vita nel generoso
sforzo di volere tenacemente vincere. Questo aviatore viene qui ricordato come l’eroe del
cielo di Spilea.»
Conosciuta la fine coraggiosa del giovane pilota, la MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR
MILITARE veniva commutata nella MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE, ALLA MEMORIA, con la
motivazione che segue:
«Chiedeva e otteneva giovanissimo ancora, di essere assegnato ad un reparto di
aviazione da caccia.
Pilota di eccezionale valore, gregario sicuro e fedele, combattente tenace e aggressivo,
in pilı scontri aerei contribuiva ad infliggere al nemico la perdita di numerosi velivoli.
Durante un combattimento contro preponderanti forze nemiche, dopo aver
strenuamente ed eroicamente sostenuto la lotta asperrima, si lanciava in soccorso di un
gregario che, tagliato fuori della formazione, stava per essere sopraffatto.
Una raffica nemica, colpendolo in pieno, stroncava con la sua fiorente giovinezza,
l’ultimo suo gesto generoso degno della nobiltà d’animo e dell’ardimento, che aveva
caratterizzato la sua vita». Cielo d’Albania, novembre 1940-4 marzo 1941.
L’offensiva italiana riguadagnava il terreno perduto proprio in quei giorni, ma non è
stato dato a Nicolò di conoscere l’esito del sacrificio suo e dei molti suoi compagni d’arme.
La sua salma riposa nel Sacrario dell’Aeronautica Militare nel Cimitero monumentale
del Verano in Roma.
Cap. CC aus. Vincenzo Gaglione