A Roma si direbbe famose na risata: “da lotta dura senza paura a lotta normale senza farsi troppo male”
Giorgia Meloni nella storia politica è il presidente del consiglio idealmente più lontano dalla platea che ha avuto di fronte al congresso della CGIL” ma anche la prima presidente del consiglio ad intervenire in questa veste da 27 anni, lo ha fatto nel giorno dell’unità nazionale, 17 marzo, ribadendo il concetto: “l’unità non è annullare la contrapposizione, ma riconoscere da una parte e dall’altra l’interesse superiore” (per fortuna, non ha detto “interesse superiore della nazione”, altrimenti avrebbe citato la formula della legislazione italiana di quel ventennio là.
La presidente del consiglio, nera, ha privilegiato l’interlocuzione con la confederazione rossa e lo ha fatto ribadendo che il suo governo è “il più lontano” dal mondo della Cgil e presentando delle linee di azione che sono una porta in faccia a tutte le richieste sindacali.
Landini? Dopo che si è sentito rispondere no a tutto, dal fisco al salario al reddito di cittadinanza, ha urlato ai quattro venti, forse per sedare l’eventuale contestazione interna; “SCIOPERO GENERALE”
Basterà a Landini che la Cgil abbia lo status di avversario riconosciuto del governo, mentre gli altri due sono semplici ammenicoli insignificanti? Nel Pensiero della Meloni è con la Cgil che si litiga.
Gli altri sindacati possono solo scegliere fra la strategia dello scontro che li appiattirà sulla leadership (confusa ma sindacale) di Landini, o accodarsi al governo “più lontano”. E se ci sarà da concludere qualche armistizio, la firma decisiva sarà di certo quella di Landini.
La minaccia di Landini dello sciopero generale si è rivelato nel dialogo tra Cgil, Cisl e Uil un semplice procedere per gradi con una mobilitazione che sarà unitaria con incontri e manifestazioni sul territorio,, magari alla fine tutto si ridurrà ad una stornellata con fava e pecorino nel pratone di San Giovanni il Primo Maggio.
Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, al termine di un confronto, nella sede della Cgil,durato ben più di due ore per fare il punto su come strutturare la protesta contro il governo, dopo la rottura sulla delega fiscale comunicata solo due giorni prima di essere approvata in Consiglio dei ministri, così dopo tanto travaglio l’elefante partorì il topolino.
La parola sciopero, urlata da Landini al congresso di Rimini, che l’ha riconfermato alla segreteria, non viene neanche evocata nelle comunicazioni al termine del confronto.
I tre segretari generali dopo tanta discussione, hanno deciso di procedere per gradi con incontri, mobilitazioni, manifestazioni sul territorio, i Francesi insegnano poco la parola sciopero in quel di via Po da tempo è stata bandita.
Le orecchie dei tre sono foderate di ……questo sarebbe il momento di scendere in piazza per recuperare dignità, diritti, lavoro, salario e riforma fiscale.
Nelle ovattate stanze delle regie sindacali non arrivano le urla di sofferenze dei lavoratori che hanno salari fermi da decenni, contratti non rinnovati e condizioni lavorative da morte sicura, 1090 morti e circa settecentomila infortuni sul lavoro nel 2022.
Il governo va avanti come un rullo compressore i tre vorrebbero essere coinvolti, in arrivo il decreto lavoro della ministra Calderone con ulteriori, importanti, allentamenti sui contratti a termine, come se oggi il mercato del lavoro avesse qualche rigidità.
Intanto la Cisl è immobile o occhieggia un giorno all’Ugl e un giorno all’unità con Cgil e Uil, un giorno al governo ed uno all’opposizione, e così viene scavalcata dalla CGIL nei rapporti con Palazzo Chigi dopo essere stata scavalcata anche nei rapporti con il Vaticano.
Alfredo Magnifico