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Un osservatore particolarmente attento che ha letto il mio articolo di ieri ha puntualmente colto ciò che mancava al ragionamento esposto, precedendo ciò che intendevo presentare come conclusione oggi.

Giustamente ha osservato che se è vero che la Russia in realtà non ha alcuna ragione di temere l’Occidente e quindi di porsi in antagonismo con esso, lo stesso non si può dire per il suo Regime.

È verissimo.

 

Non esiste una ragione oggettiva per cui l’Occidente, e in particolare la EU, e la Russia debbano essere antagonisti. La superiorità economica occidentale sulla Russia è così assoluta da rendere la Russia stessa irrilevante in termini di minaccia strategica da parte dell’EU, mentre la potenza nucleare russa la rende militarmente inattaccabile, e questo significa che non esiste uno scenario per cui l’Europa possa voler attaccare la Russia.

Di contro, la superiorità militare convenzionale della EU e della NATO è talmente evidente – ora che la Russia si è dimostrata incapace di penetrare anche solo marginalmente nella sola Ucraina – che anche uno scenario in cui la Russia attacchi l’Europa appare molto improbabile e comunque destinato all’insuccesso (anche se l’evidente irrazionalità del regime obbliga a mantenere alta la guardia e quindi le spese militari).

Inoltre le due entità sono naturali partner economici per ovvie ragioni geografiche ed infrastrutturali.

 

L’ostilità del regime è legata quindi ad una postura irrazionale e ad una visione antiquata della sicurezza, di stampo ottocentesco e del primo novecento, secondo cui la sicurezza stessa sarebbe un quantitativo “a somma zero”: cioè, più il mio vicino si sente al sicuro, più io sono in pericolo. Si parte insomma dal punto di vista che i vicini siano automaticamente destinati ad aggredirsi alla prima occasione utile, come in effetti è stato per migliaia di anni.

 

La II Guerra Mondiale e soprattutto il primo dopoguerra hanno cambiato questo paradigma in Occidente: si è finalmente giunti alla conclusione che i conflitti convenzionali siano troppo costosi per essere convenienti, che la reciproca collaborazione frutti in misura maggiore, e che eventuali controversie possano essere risolte in altri modi; la competitività reciproca può essere sfogata a livello economico, e la supremazia si esprime in termini di GDP più che di carri armati… Anche se i carri armati continuano a rappresentare un’assicurazione di base contro le minacce esterne.

In quest’ottica la sicurezza non è più “a somma zero”, ma la fiducia del mio vicino rappresenta un fattore di sicurezza anche per me. Così Francia e Germania hanno smesso di sospettare una dell’altra e hanno imparato a collaborare garantendosi reciproco accesso, e questo si è esteso a tutte le Nazioni europee, le quali hanno unito le proprie forze per garantire la sicurezza reciproca.

 

Questo sistema non solo si è rivelato vincente in Europa occidentale, ma con il suo successo politico-militare, e conseguentemente economico, ha dimostrato una capacità di attrazione irresistibile anche per la parte orientale del continente precedentemente sottoposta al dominio sovietico, e questo ha portato alla famosa “espansione” di NATO e EU.

Il modello è stato offerto anche all’ex-URSS; tutte le altre Repubbliche nate da essa l’hanno accolto in un modo o nell’altro, compresa l’Ucraina… Ma Putin l’ha rifiutato per la Russia (dopo che Eltsin l’aveva inizialmente accettato almeno in parte), reclamando per essa un proprio “spazio”. Solo che per questo “spazio” lui pretende una zona di rispetto protetta da “colonie” proprie, che identifica nelle altre ex-Repubbliche sovietiche, come se su di esse la Russia esercitasse un qualche diritto di paternità.

Di qui, l’ostilità fra il Regime russo e l’Occidente: perché per l’Occidente accettare questo presunto “diritto” russo al controllo di Nazioni indipendenti è non solo economicamente, militarmente e politicamente intollerabile, ma soprattutto eticamente inaccettabile.

 

Questa conseguente ostilità però, non è razionale. Come abbiamo visto, non esistono ragioni reali per cui la Russia non possa accettare come Ucraina o Polonia una sicurezza condivisa e quindi uno sviluppo economico basato sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione. L’unica ragione è rappresentata dal rifiuto della condivisione di un sistema di valori che Putin (e molti nazionalisti) giudicano alieno alla tradizione russa.

In sostanza, si tratta di orgoglio nazionalista.

 

Anche la Francia e la Germania avevano un orgoglio nazionalista, ma hanno imparato a dominarlo. Per non parlare dell’Italia…

Questo vale per tutti: la cultura multinazionale in cui siamo immersi – il famoso “globalismo” – avvilisce le differenze nazionali, è vero. Però favorisce gli scambi, incoraggia lo sviluppo economico, e soprattutto previene i conflitti armati.

Quello che ci scordiamo sempre quando critichiamo il “globalismo”, è che l’Europa è in pace da ottanta anni e che gode di una stabilità mai vista prima nella sua storia dai tempi dei Augusto quando chiuse la Porta di Giano.

Forse ne vale la pena; se c’eravamo scordati di cosa significasse una guerra vera, gli eventi in Ucraina ci hanno richiamati alla realtà.

 

Non sono qui per difendere il “globalismo”. Quel che mi interessa è che il sistema in Occidente, piaccia o no, garantisce stabilità e soprattutto sicurezza NON “a somma zero”, e garantisce la coesistenza pacifica di Nazioni tradizionalmente sospettose una dell’altra. Si tratta di un sistema naturalmente portato ad espandersi a causa del suo successo nel migliorare le condizioni economiche delle popolazioni (Europa centrale docet), ma anche di un sistema naturalmente portato a rifuggire lo scontro, e quindi fondamentalmente pacifico dal punto di vista militare.

 

Questo significa, ancora una volta, che l’ostilità esistente fra Occidente e Russia non è dovuta ad una oggettiva contrapposizione di interessi, quanto ad un atteggiamento specifico del Regime russo, che vede minacciato il proprio equilibrio interno, piuttosto che la sicurezza della Russia in quanto tale.

Già, perché abbiamo detto che il sistema occidentale è naturalmente portato ad espandersi a causa del suo successo: non si espande militarmente, ma cattura il sostegno delle popolazioni limitrofe, che aspirano ad entrare a farne parte. È quanto è accaduto finora: l’ingresso della Polonia nella EU e nella NATO ha portato ad uno sviluppo che ha attratto prima i Baltici e poi l’Ucraina… E solo una repressione militare sostenuta dalla Russia ha impedito che lo stesso avvenisse già anche in Belarus.

L’ingresso dell’Ucraina (e quello potenziale della Bielorussia) fatalmente comincerebbe a contagiare anche la popolazione russa: ed è QUESTA la minaccia intollerabile per il Regime russo.

Per Putin non si tratta affatto di difendere la Russia. Lui difende il SUO Regime e la visione che LUI ha della Russia e del suo futuro. Una visione antiquata, legata a logiche di potere brutali e alla guerra come ad una condizione naturale nel rapporto fra Stati, dove esistono solo – come ha affermato lui stesso – le Nazioni indipendenti e le loro rispettive colonie.

 

Non esiste un’incompatibilità fra la Russia e l’Occidente: esiste un’incompatibilità fra l’Occidente e il Regime di Putin.

Combattere e vincere in Ucraina non significa distruggere la Russia, ma abbattere il suo Regime. E credere che il Regime e la Russia siano necessariamente una cosa sola, significa non conoscere la storia: identificare una Nazione con il suo padrone del momento è sempre un errore.

La vittoria in Ucraina passa attraverso la separazione della Russia dal suo attuale Regime e dalla distruzione di quest’ultimo.

 

Orio Giorgio STIRPE