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Alla fine il “Moskva” è proprio affondato. Però non abbiamo la certezza che sia stato un missile ucraino: possiamo dire che sia probabile, ma non affermarlo con sicurezza.

Questa guerra, quanto e più di tutte quelle che l’hanno preceduta, è segnata da una propaganda urlata da entrambe le parti, impegnate in una lotta feroce per accaparrarsi la fiducia dell’opinione pubblica mondiale. Tutte le volte che uno dei contendenti la spara un po’ troppo grossa, tutti gli avversari gli danno addosso… E la tifoseria avversaria replica che la controparte le spara ancora più grosse. Di chi fidarsi?

Non è facile, anche perché gli argomenti sono per natura di difficile comprensione dalla vasta maggioranza del pubblico. Il punto fondamentale è che non ci si può fidare di nessuna delle due parti: perché la propaganda è un’arma. Un’arma il cui scopo non è colpire fisicamente il nemico, ma danneggiarlo nel reame della comunicazione.

Secondo la dottrina militare più recente, un conflitto si combatte non solo più a livello militare, ma in almeno altri cinque “reami” (“realms” in inglese): politico, economico, sociale, infrastrutturale e – appunto – informativo. E’ in questo senso che io continuo a ripetere che noi europei (e alleati atlantici) siamo in guerra: perché la stiamo combattendo fino in fondo in tutti e cinque i reami che non sono strettamente militari. Il reame militare è ristretto al territorio ucraino; non può neppure coinvolgere realmente quello russo, e non può riguardare altri eserciti che quelli russo e ucraino, perché essendo coinvolta una potenza nucleare si rischierebbe un’escalation che nessuno desidera. Ma negli altri ambienti – o reami – ci si può scontrare liberamente; ed è in questi ambienti che l’Occidente si può battere in prima persona per sostenere l’Ucraina e aiutarla a vincere una guerra nella quale avrebbe dovuto soccombere senza scampo.

Putin ha perfettamente ragione quando dichiara indignato che “le sanzioni economiche sono un atto di guerra contro la Russia”: è vero. Le sanzioni sono l’arma più potente con cui l’Occidente combatte nel reame economico, dove è di gran lunga più forte. Così come gli apparentemente inutili dibattiti alla Grande Assemblea dell’ONU, le dichiarazioni bellicose di Biden e i viaggi spettacolari di Macron e von der Leyen sono episodi del conflitto nel reame politico. La propaganda è l’arma tradizionale dei contendenti nel reame dell’Informazione.

In questo ambiente particolare e relativamente nuovo, reso improvvisamente importante dall’evoluzione del mass media e soprattutto dei social, i regimi autoritari godono di un vantaggio naturale grazie al controllo che esercitano sulla comunicazione nel proprio Paese; inoltre hanno la possibilità di pianificare e diffondere messaggi all’estero adoperando i propri stessi media nazionali. Ad amplificare ulteriormente il vantaggio del regime russo in questo reame, è intervenuto lo sviluppo della “cyber war”, da Mosca perseguita senza troppi limiti e con bersagli via via più significativi.

I bersagli del conflitto nel reame dell’Informazione sono molteplici, ma tutti rientrano in due campi ben precisi: il fronte interno e l’opinione pubblica internazionale. Nel primo campo, come detto, Putin ha un vantaggio sostanziale: il pubblico russo è quasi isolato rispetto all’informazione non gradita al regime, e infatti il sostegno di cui nutre l’autocrate in patria rimane sostanzialmente intatto a dispetto dei rovesci matiti. Nel secondo, la Russia opera con la sua propaganda pervasiva che tende a saturare non solo l’informazione pubblica, ma anche i social media internazionali.

Questa saturazione, in larga parte pianificata e originata in una struttura ben definita, sita a San Pietroburgo in via Savushkina 55. Partono da qui gran parte dei messaggi filo-russi che leggiamo così spesso nei commenti a latere degli articoli dei giornali nazionali e che ci colpiscono per i colorati errori di grammatica e l’assoluta uguaglianza di contenuti; spesso poi gli autori si identificano come italiani residenti in Russia o con “cugini” russi, e ci spiegano come l’informazione occidentale menta spudoratamente per dipingerci una Russia diversa da quella reale. A parte l’evidente mendacia dei messaggi diffusi, quello che colpisce è l’egocentrismo dei pianificatori, che sembrano credere loro stessi alla centralità della Russia per gli italiani. Ricordo anni fa addirittura uno di costoro che arrivava a suggerire come per l’Italia sarebbe stato più conveniente aderire alla Federazione Russa che non all’Unione Europea: questo apparentemente nella totale ignoranza di come il PIL russo fosse non solo infinitamente inferiore a quello dell’Unione, ma anche solo di quello italiano.

Questi messaggi, che in realtà potrebbero essere facilmente ignorati in quanto fondamentalmente infantili, hanno però una sorprendente presa sul pubblico in quanto sono compatibili e perfino appetibili per quella vasta fascia insofferente verso l’America, l’EU e il cosiddetto “globalismo”. Per queste persone, l’esistenza stessa di un settore della comunicazione che confermi le loro antipatie risulta di conforto e fa sì che facciano propri i messaggi ad esso associati. Poco importa che certi messaggi “esplodano” all’improvviso come se fossero sempre stati lì: per esempio la bufala sui “massacri nel Donbass”, che la Russia ha iniziato a diffondere all’inizio di quest’anno rimarcando però come andassero avanti da otto anni. Il messaggio è associato al Kosovo e al “pretesto” per l’intervento della NATO nel 1999: se intervenire per prevenire un genocidio andava bene per l’Occidente, deve valere anche per la Russia. Peccato che l’intervento della NATO ci fu quando metà della popolazione kosovara era stata costretta a fuggire in FYROM, e dopo un anno di febbrile diplomazia, mentre l’intervento russo è stato quasi immediato… E senza che nel Dombass (controllato dai russi fin dal 2014) ci sia stato alcun “genocidio”, come testimoniato dall’OSCE che vi ha tenuto osservatori per otto anni. Altro caso è quello della famosa “promessa a Gorbaciov” di non espandere la NATO: non ve n’è traccia in alcun documento ufficiale se non in discussioni fra politici più o meno aventi causa che mai ebbero seguito; però si ignora volutamente l’esistenza di un accordo reale, firmato e depositato (protocollo di Budapest) con cui la Russia si impegnava a rispettare l’integrità territoriale dell’Ucraina come era nel 1995.

Insomma: la Russia ha sempre avuto un ampio vantaggio in questo reame. Ma gli ucraini hanno imparato a giocare anch’essi. Ecco così le dichiarazioni con i numeri gonfiati sulle perdite russe, le richieste perentorie di armamenti occidentali con il ricatto morale del “stiamo combattendo anche per voi”, la brutale esposizione dei presunti crimini di guerra commessi dai russi nei territori occupati, il numero delle vittime civili sicuramente gonfiato, e così via.

Entrambe le parti mentono attraverso la propaganda. Occorre cercare di leggere fra le righe, e ascoltare i commenti degli esperti (quelli veri, non i “leoni da tastiera”), cercando di capire quali questi effettivamente siano, e poi cercare di vedere una logica credibile e non troppo fantasiosa dietro le storie che sentiamo sui media. Il fatto che l’Occidente sia meno organizzato per gestire la propaganda, a causa della sua natura fondamentalmente democratica e quindi di quella multipla delle fonti in esso reperibili, rende in realtà più difficile imporre un messaggio “unico” come invece avviene fra i belligeranti “classici”. Le lettura però richiede uno sguardo molto più attento e critico.